Senso di Perdita (2)

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Dopo aver chiuso con malgrazia la porta dell'ufficio notarile, Iram iniziò a correre per le strade di Tokyo, mettendo sempre più forza nei muscoli delle gambe, così che al suo cervello affluisse meno ossigeno.
I pensieri gli si confusero in un'oscura nebulosa e l'unica sensazione della quale rimase conscio fu il vento, il vento che gli scompigliava i capelli e gli gettava addosso una tempesta di foglie autunnali... Spazzatura come lui.
<<Ah! Fa' attenzione, ragazzo!>>
Iram si bloccò, ansante, percependo in ritardo la sensazione di pericolo che pure doveva aver registrato: l'uomo, un adulto sui quarant'anni, lo stava guardando stizzito, seccato per l'urto che gli aveva fatto mollare la presa su una valigetta...
"Colomba", pensò Iram.
"Scappa", gli venne in mente subito dopo.
Facendosi violenza, si inchinò all'uomo, balbettando una richiesta di perdono a fior di labbra e guardandolo con l'aria più addolorata che riuscì a simulare... Funzionò.
<<Va bene, va bene, va' a casa e sta' più attento...>>, gli ingiunse l'investigatore raccogliendo il quinque e proseguendo per la sua strada, ignaro.

Le chiavi dell'appartamento erano sotto lo zerbino: che nascondiglio ovvio, no?
D'altra parte, qualsiasi ladro si fosse intrufolato in casa loro pensando di aver avuto un colpo di fortuna si sarebbe ben presto ritenuto l'essere più sfortunato del pianeta...
<<Iram? Sembra sia arrivata la pizza...>>, diceva sempre suo padre alle prime avvisaglie di uno scasso.
Iram guardava il genitore mentre fingeva di essere un povero umano disarmato e solo, un'anima innocua al colmo del terrore: suo padre l'aveva istruito a chiamare la polizia mentre la recita procedeva, ma soltanto nel caso in cui il ladro si fosse mostrato titubante. Se l'intruso chiedeva del denaro per mantenere la famiglia, per esempio, il signor Kuroyuuki si mostrava disposto a cedergli parte dei suoi guadagni; se invece il nuovo venuto estraeva una pistola o un coltello a serramanico, allora Iram doveva lasciare da parte il telefono e sparire in camera sua, stando bene attento a chiudersi la porta alle spalle.
<<L'ho tagliata a fette, Iram. Adesso la possiamo mangiare!>>, gli annunciava allegramente suo padre dopo appena una decina di minuti.
Poi, toccava pulire.
I furti non erano così frequenti, nel diciannovesimo distretto: quando accadeva che qualcuno si intrufolasse di soppiatto a casa loro, tuttavia, quello era il modus operandi della famiglia, sempre invariato, "perché la routine è d'oro", diceva suo padre.
Niente era cambiato, lì dentro: un impermeabile appeso dietro alla porta, un portaombrelli appena più oltre, uno specchio con la cornice verniciata in modo da sembrare d'oro, un mobile, un tappeto nero che copriva il parquet di legno scuro, le porte del soggiorno, della cucina e dell'annessa sala da pranzo, delle due camere che comunicavano con il bagno.
Sotto il letto, dei contenitori frigoriferi che nascondevano la carne avanzata, provviste di cibo che Iram avrebbe dovuto farsi bastare...Per sempre?
"Io ho già ucciso...", ricordò.

Storia di un GhoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora