L'Ultima Battaglia (2)

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"Non si muove... Non si muove... Perché non si muove?!"

<<Ahhhhhhh!!>>

Raccolta la spada abbandonata dalla ragazza, il kagune inutilizzabile, Iram si scagliò contro la donna, menando fendenti senza criterio e riuscendo tuttavia a ferirla con la pura forza della disperazione, sentendosi di nuovo solo e inutile, continuando a ripetere il nome di Airashi: perché chiunque avesse intorno... la gente per cui provava affetto... Moriva?

Un pugnale s'infisse nel cranio della donna.

L'elsa le emerse dalla fronte come la spada nella roccia, mentre una fontanella di sangue iniziò a sprizzare sul viso di Iram, che bevve quelle gocce sentendo che finalmente l'effetto dell'inibitore iniziava a svanire. Era arrivata la cavalleria.

<< Si chiamano "scorpion", ghoul di classe A >>

Masayoshi ne lanciò altri cinque, che s'infissero con precisione nel torace, nell'addome e nelle cosce della ghoul, che provò a scattare verso la colomba, riuscendo a malapena a camminargli incontro con andatura barcollante:

<< Alleato... di un... traditore! Traditore! >>

Altri pugnali la colpirono ancora al ventre, in pieno viso, centrando le braccia e i fianchi, perforando la corazza con facilità:

<< Sono imbevuti di inibitori e neurotossine, per tua informazione. Per questo fatichi a reagire, mostro >>.

Iram, approfittando dell'occasione datagli dall'arrivo dell'investigatore, strisciò verso Airashi, ma si bloccò a mezza via, presentendo che l'investigatore l'avrebbe inteso come segnale di pericolo per la figlia... Guardandolo, tuttavia, Iram si accorse che ancora non aveva registrato la presenza di Aira.

<< Tu non sai... chi è... Waru Jaaku! >>

La ghoul si scagliò contro l'uomo, ma un ennesimo pugnale le si conficcò nel collo.

Emise un suono strozzato, per poi accasciarsi a terra e proseguire a rantolare, protesa verso la colomba nonostante non le fosse ormai più possibile combattere...

Il pugnale aveva delle bellissime striature azzurre.

<< Signor Masayoshi, lasci a me Waru. Sua figlia... >>
Indicandola, Iram si morse le labbra.

Doveva lasciarla a suo padre.

L'uomo annuì, come se la figlia fosse in realtà un collega caduto sul campo: se davvero era morta, quell'uomo aveva il cuore più duro del...

<< Ah... >>

<< Airashi! >>

"Non posso. Io non posso tenderle la mano, non appartiene al mio mondo, non..."

Capì.

Forse la verità era più semplice di quanto avesse pensato: gli umani erano troppo fragili, troppo delicati per un ghoul.

"Io e te ci somigliamo, Iram. Siamo due gocce d'acqua, abbiamo gli stessi gusti!"

Gusti alimentari, certo, ma non soltanto: gli abiti di Kuroyuuki calzavano a pennello anche a Iram, padre e figlio trascorrevano il tempo libero nella stessa maniera, amavano curare il fisico praticando degli sport molto semplici, a casa, e si rilassavano con i videogame quando capitava che si annoiassero. S'innamoravano di persone con caratteristiche simili.

"Tua madre era bella e fragile come un cristallo, un fiore raro..."

"Due oggetti posti vicini sullo stesso ripiano, una porcellana e un bronzo, se fatti cadere, avranno un diverso destino"

<< Airashi. >>

Sapeva cosa doveva fare: doveva farglielo capire, ed allontanarla definitivamente da sé.

Quand'era entrata nell'appartamento, non l'aveva visto mangiare: ormai il pasto era terminato, rimanevano solo sangue e resti di ossa accuratamente ripulite, a testimonianza di quanto avvenuto.

Addentò il corpo di Waru, sentendo la carne cadergli nello stomaco vuoto e affamato come un dolce peso, un fardello desiderato e agognato fino a quel momento: le ferite, lentamente, si rimarginarono, una ad una, e il kagune riprese forma, irrigidendosi mano a mano che cresceva, mano a mano che si rinforzava.

<< Guardami, ti prego... >>

La ragazza stava già obbedendo, senza farsi distrarre dalla bellezza di quelle incongrue ali di farfalla: guardava, mentre Waru scompariva.

<< ...Capisci, Aira? Che è giusto che tuo padre... Ci cacci? >>

La ragazza non si mosse.

Masayoshi, invece, raccolse la spada koukaku, mettendosi in guardia e ordinandole di farsi indietro: Iram, tuttavia, voleva ancora provare una cosa... E riuscire a farla significava poter scappare, e poi... Vivere, malgrado tutto. Oppure cercare la morte inseguendo ghoul pazzi quanto Waru, veri mostri che avrebbe potuto combattere... Come forse aveva fatto suo padre, in fin dei conti.

Sollevò lo sguardo al cielo, lasciando il futuro al futuro: avrebbe deciso cosa fare non appena ne avesse avuta la possibilità, mentre in quel momento doveva afferrare il presente, fino a che gli era concesso di scegliere.

Le ali, ancora più larghe e robuste dopo la fine del pasto, si spalancarono tendendosi al massimo: erano minacciose, perché ora i riflessi cristallini sembravano muoversi lungo la superficie alare, dando l'impressione di avere vita propria.

Prese la rincorsa, puntando Airashi.

E quando ormai la punta della spada si trovava ad un centimetro dal suo petto...

Un battito.

E fu nel cielo.

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