14- STRANI SOGNI E UN GATTINO BIANCO

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Passeggio lungo un freddo e grigio marciapiede: lo sguardo segue percorsi illusori disegnati dai sassolini di catrame.

Regna la calma e mi sento tranquilla.
I capelli castani ricadono sulla felpa bordeaux formando delle onde delicate e i fili delle cuffie si aggrovigliano tra essi; mentre li osservo sono immersa tra le note della canzone 'Bullet train' di Stephen Swartz. Non è la mia canzone preferita, ma in questo periodo è il sottofondo della mia vita.
Al terminare della musica la luce del sole è completamente svanita. Tolgo le cuffie, giro l'angolo e continuo a camminare, senza raggiungere mai la fine della via. Ho la sensazione di restare ferma nello stesso punto.

D'un tratto vedo un piccolo gattino saltare il muretto alla mia destra e atterrare a distanza di qualche mentro di fronte a me: mi osserva, miagola e si avvicina con sicurezza; decido di fare lo stesso e al momento giusto mi fermo, mettendomi in ginocchio per guardarlo bene: sembra avere il pelo bianco, i suoi occhi sono rotondissimi e bicolore, azzurri e verdi. Deve essere albino...

"Ci sei solo tu a tenermi compagnia. Non c'è anima viva oltre a noi due.", gli dico accarezzando la sua pelliccia morbidissima.

"Mew", risponde sdraiandosi a terra per ricevere meglio le coccole.
Solo adesso noto il piccolo ciondolo che porta al collo.

"E questo dove lo hai preso? Lo sai che è mio? Anzi no, puoi tenerlo, te lo regalo", concludo con un lieve sorriso,

"Peccato. Ha fatto molta strada per riportartelo lo sai?"

Mi alzo di scatto e vedo una figura alta, con un look alla sherlock holmes. Il buio che avvolge tutti e tre non mi permette di scrutare il suo volto.

"Chi sei tu?", domando con un tono di voce piu acuto e spaventato di quanto voglia lasciar intendere.

"Non volevo spaventarti. Quel gatto ti seguirà finché non riprenderai la collana. Se non fosse stato per lui non saresti su un letto d'ospedale, bensì in una tomba.", continua con un accenno di arroganza,

"Ospedale?"

***

Apro gli occhi e una luce bianca li annebbia con violenza.
Non impiego molto tempo a capire di essere in un ospedale:
La mia gamba è completamente ingessata, il letto sul quale sono sdraiata ha le lenzuola bianche, il cuscino è bianco, le pareti dei muri sono bianche, come anche il pavimento.
Se non fosse per le tende verdi alla finestra e il comodino azzurro alla mia sinistra, questo posto sarebbe ancora più deprimente oltre che inquietante.

Anche se non ricordo quasi nulla della mia vecchia vita, mi manca moltissimo, perché quella di adesso è caratterizzata da una somma di sfighe che mi perseguitano.

Sono lucida o forse leggermente intontita per tutte le medicine che mi avranno sicuramente iniettato, ma almeno non avverto dolore.

Conto i secondi che diventano infiniti, poi osservo nuovamente tutto ciò che mi circonda, con la speranza di trovare qualcosa di nuovo che possa distogliermi dalla noia.

L'odore che avvolge la stanza sa semplicemente di pulito, un profumo rilassante che mi vieta di pensare a quello che è successo; non so cosa sia accaduto alla gamba e non ho intenzione di saperlo. Vorrei guarire e vivere nel modo più normale possibile, magari cambiare scuola e costruirmi nuove amicizie.

MAKE a WISH and GO TO SLEEP #wattys2017 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora