Capitolo 18

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Sophie's pov

Mi svegliai da un ennesimo conato di vomito.

Corsi al cestino ma non lo trovai, così dovetti vomitare tutto sul pavimento.

"Tutto bene?"

Quella voce. Era diversa. Strinsi forte gli occhi convincendomi che avevo solo sentito male.

Mi girai e li riaprii lentamente. C'era Dylan.

"Sì, sì tutto bene." Sorrisi forzatamente per coricarmi di nuovo sotto le coperte.

"Sarebbe ora di colazione."

Mi sorrise mentre mi raggiunse sul letto.

"Ma se vuoi rimanere qui... non ho nessun problema." Sorride maliziosamente e mi abbracciò da dietro.

Sentii il cuore accelerare e la saliva farsi più densa. Dovevo dirglielo.

Mi spostai per alzarmi ricevendomi una sua occhiata stranita.

"Dylan... sono... sono incinta."

Spalancò gli occhi e la bocca.

"Wo...wow..."

Si incupì subito dopo come Lorenzo.

"Chi... si insomma, chi è il padre?"

Rimasi a guardarlo cercando di dire Lorenzo il più calma possibile, ma il non sapere di chi era il bambino era troppo per rispondere con sicurezza.

"Lorenzo."

Ce la fai dopo alcuni secondi. Non mi pentii di aver detto quel nome. Anzi, se fossi sicura al cento per cento che il bambino è di Lore, sarei ancora più felice.

"Oh... quindi..."

Si sedette sul letto, senza forze.
Guardava a terra, con lo sguardo spento, quello di chi ha perso la battaglia della vita.

"Io voglio tenere il bambino, voglio crescerlo con lui. Mi dispiace Dylan ma... sapevi anche te che Lorenzo sarà sempre il mio amore."

"Tranquilla, lo sapevo." Sbuffò amaramente.

"Dove stai andando?" Si era lazato dal letto e si diresse verso la porta a testa bassa.

Mi alzai dal letto per seguirlo ma lui tese il braccio, facendo segno di voler stare da solo. Lo capivo. Lui mi amava, mi amava davvero.

Mi sdraiai sul letto di nuovo e chiusi gli occhi.

Quando li riaprii era ormai ora di pranzo.

Dylan non c'era, quindi andai a pranzo da sola. Mi faceva male lo stomaco dalla fame, ora dovevo mangiare per due.

Finito di mangiare corsi in camera, sentivo la nausea aumentare sempre di più. Mi girava la testa talmente tanto da non riuscire a stare in piedi.

Mi acasciai sul letto in preda ai dolori lancinanti allo stomaco.

Emisi alcuni gemiti di dolore. Poco dopo entrò Dylan.

"Dobbiamo andare in infermeria, non riesco a vederti così."

Non aveva tutti i torti, ma avevo paura che mi facessero abortire.

Qua non c'era Mr White a salvarmi, non c'erano i dottori che mi conoscevano ormai da quattro anni.

C'era solo un ammasso di gente che fa finta di essere utile.

Mi fidavo solo di poche infermiere, tra cui Chiara, la più fedele con me.

"Portami solo se c'è Chiara. Non voglio che mi costringano ad abortire..."

Mi guardò dolcemente, annuì e scomparve dietro alla porta, diretto verso l'infermeria.

Vomitai nel cestino tutto il pranzo. Iniziavo ad odiarla questa gravidanza.

Rimasi distesa sul letto pensando a qualcos'altro oltre al dolore e alla puzza di vomito che si diffondeva nella stanza.

Fortunatamente Dylan ritornò con buone notizie. Chiara mi stava aspettando con l'attrezzatura pronta.

Quando arrivai mi salutò cordialmente, come a solito, e mi fece stendere su un lettino.

"Come ti senti?" Si sedette sul bordo del letto, mentre Dylan si accomodò su una poltroncina poco distante.

"Male, la testa mi gira, ho la nausea e dolori allo stomaco. Ma penso sia normale se valutiamo che sono incinta."

Sbuffò una piccola risata prima di mettermi una borraccia di acqua calda sopra alla pancia.

Il dolore si alleviò velocemente e la ringraziai per aver fatto fermato la mia sofferenza.

Se al primo mese è così, non immagino il nono, o addirittura il parto stesso.

Mi addormentai coccolata dal calore. Era una sensazione bellissima.

Sognai di essere libera. Sognai di passeggiare tra le vie di Milano mano nella mano con mio figlio, mentre la brezza di fine aprile scompigliava i miei capelli neri.

Gli occhi cerulei del bambino guizzavano da un suono all'altro, cercando la figura alta e magra del padre.

Stavamo andando alla stazione centrale di Milano, per andare a prendere il padre del piccolo.

"Mamma, quando arriva papà?"

Le piccole sfere lucide e vivaci si insediarono nelle mie. Faceva tenerezza con il labbro inferiore in fuori e gli occhi poco più aperti del solito.

"Tra poco sarà qui."
Gli sorrisi amorevolmente, spettinando il suo ciuffo castano.

Lui rise cercando di scacciare la mia mano dai suoi capelli.

Il rumore delle ruote del treno che stridevano sulle rotaie catturò la nostra attenzione.

"Eccolo!"

Presi per mano il bambino mentre indicai il treno.

Quando il treno fu definitivamente fermo le persone iniziarono a scendere. Subito una folla immensa si ammassò davanti di noi.

Cercai con lo sguardo il mio ragazzo, ma mio figlio lo vide prima.

"Papà!"

Corse ad abbracciarlo.

Sorrisi alla scena tenera, finché il padre del bambino non si raddrizzò per guardare me.

Non poteva essere vero, Dylan era il padre del bambino?

Scusatemi.
Scusate se non ho pubblicato per quasi due settimane, ma non avevo e non ho idee. E si vede...

Abbiamo superato le 4k views e su Psycho DICIASSETTEMILA.

Io non ci credo. Siamo aumentati di 2k in tre giorni. Ma siamo seri? Io... boh... wow.

Riesco solo a dire questo.

Scusate ancora se è passato troppo tempo dallo scorso capitolo ma, come ho già detto,  non ho più molte idee.

Speri che questo blocco dello scrittore sia il più momentaneo possibile.

E mi scuso in anticipo se non esce presto il prossimo.

Grazie ancora per i traguardi.

Bye bye!

Psycho 2//LorenzoOstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora