BUIO

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"Spostati che non vedo!".
Vero sgomitava per guardarsi allo specchio del bagno.
Eravamo in ritardo e dovevamo andare a scuola.
All'improvviso provai una profonda tristezza.
"Io non ci vado oggi a scuola." Dissi dura a mia sorella.
"Ci devi andare per forza quindi è inutile che ti lamenti."
Mia sorella, che si metteva il mascara, si girò verso di me con fare minaccioso.
Aprii la porta del bagno e andai in cucina da mia madre.
"Io oggi non ci vado a scuola." Dissi sicura.
"No invece tu ci vai eccome, anzi sbrigati che è tardi." Rispose lei con fermezza.
"Non ci voglio andare mamma, mi viene il mal di pancia al solo pensiero di entrare la dentro. Ti prego non farmi andare oggi."
Cominciai a piangere disperata.
Non so cosa mi stava succedendo, di solito io non piangevo mai.
Mia madre si girò di scatto verso di me.
"Perché stai piangendo? Ci devi andare a scuola."
Continuava a guardarmi mentre le lacrime scendevano sul mio viso come un fiume in piena.
"Sei una stronza. Ci fai apposta, ci fate tutti apposta."
Continuai singhiozzando:
"Non capite niente, io a scuola non ci voglio andare." Mi girai e tornai di corsa in bagno sbattendo la porta.
Mi madre mi corse dietro e cercò di entrare.
Tentai con tutta la mia forza di richiudere la porta.
"Mi hai stancato Kim! Credi che non lo sappia che torni a casa sempre ubriaca?
Credi che non me ne sia accorta che c'è qualcosa che non va e che non ci vuoi dire?"
Mia madre urlava mentre cercava di aprire la porta.
"I problemi non si risolvono con l'alcool, ricordatelo. E sbrigati perché a scuola oggi ci vai." Disse furiosa e se ne tornò di la in cucina.
Vero mi guardava in silenzio.
Continuavo a singhiozzare mentre mi guardavo allo specchio.
Mi facevo pena.
"Facciamo così, adesso usciamo e andiamo a fare un giro in macchina così ti riprendi.
Non diciamo nulla a mamma ed entriamo alla seconda ora, ti faccio io la firma."
Mia sorella mi capiva al volo.
Mi sciacquai il viso, presi lo zaino e uscii di casa.
Quella mattina in macchina io e mia sorella
girammo per la città mute senza dire una parola.
Vero mi conosceva e sapeva bene che se non mi andava di parlare doveva lasciarmi in pace.
Un silenzio rispettoso e complice tra sorelle.
Arrivammo davanti a scuola, controllai dallo  specchietto dell'auto in che condizioni fossi.
Avevo ancora gli occhi rossi e gonfi.
"Si vede che ho pianto?" Mi girai verso mia sorella.
"No non si vede nulla, sbrigati." Rispose.
Firmò il mio libretto delle giustificazioni e scese dalla macchina.
"Ci vediamo dopo." Mi salutò e corse via.
"Vero!" La chiamai.
Le corsi incontro.
"Grazie."
Mia sorella mi guardò e fece una smorfia di rimprovero e amore allo stesso tempo.
Suonò la campanella ed entrai in classe con la testa bassa per non essere scoperta.
Non volevo che gli altri si accorgessero che avevo pianto.
I miei compagni di classe mi guardavano e mi sentivo osservata.
"Che ti è successo Kim? Hai gli occhi gonfi."
Claudia si affacciò dal suo banco.
Sospiro.
"Niente tranquilla." Sorrisi.
La prof di inglese entrò in classe e cominciò la lezione.
Finita la scuola corsi a casa e mentre ero in camera mia cercando di studiare senza risultati, scoppiai di nuovo a piangere.
Non sapevo neanche io il motivo.
Mi lasciai andare a un pianto disperato e liberatorio di chi aveva sopportato per troppo tempo.
Mi sentivo uno schifo e non sapevo cosa fare.
Presi un quaderno e cominciai a scrivere tutto quello che avevo in testa.

23 novembre
Non riesco a studiare.
Non riesco a concentrarmi.
Ho la testa talmente piena che non ci entra più nulla.
Sto male e non so il motivo.
Sto male e me lo merito.
Sono un disastro.
Julia sta cercando di mettermi tutti contro.
Luca non mi vuole ed io mi sono umiliata fin troppo per lui.
Oggi c'era la verifica di matematica e non sapevo nulla.
Mi sono trovata davanti quel foglio e non sapevo neanche cosa fosse.
L'ho lasciato in bianco.
Sono arrabbiata e me la prendo con tutti.
A casa è un casino, nessuno mi capisce, voglio stare sola e ho l'impressione che lo facciano apposta.
Mi vedo grassa, lo sapevo che non avrei dovuto starli a sentire i miei, non dovevo ricominciare a mangiare tutta quella roba.
L'altra sera siamo andati in discoteca e ho bevuto troppo.
Una, due, tre bevute.
Mi girava la testa e non riuscivo a stare in piedi.
Sono andata al bagno, ho spinto forte le dita sulla bocca dello stomaco e ho vomitato, ho vomitato tanto.
Sono tornata in sala e dopo poco mi sono ritrovata insieme a un ragazzo.
Abbiamo cominciato a baciarci e sentivo le sue mani scivolare sul mio corpo.
Quella sera ho rischiato grosso.
Mi sento una brutta persona.
Nessuno mi capisce e ce l'ho a morte con me stessa.

Quella sera in discoteca, mi ritrovai a baciarmi con un ragazzo che faceva parte dello staff, lavorava lì.
Mi disse che saremmo andati in una stanza per stare un po' soli senza che nessuno ci potesse disturbare.
Mi prese la mano ed entrammo.
Mi girava la testa, guardai in giro e mi accorsi di essere in una stanza con delle mattonelle bianche sui muri.
Per terra era sporco.
Lì vicino c'era un bagno stretto e puzzolente.
Si spensero le luci e non vidi più nulla.
Mi ritrovai al buio insieme a un ragazzo che neanche conoscevo.
Mi prese un braccio e mi trascinò in bagno.
Appoggiata al muro sentivo il freddo delle mattonelle sulla schiena.
Sentivo le sue mani ovunque sul mio corpo.
"Voglio uscire."
Dissi lentamente per colpa dell'alcool.
Due mani continuavano a toccarmi e sentivo la foga e i sospiri che provenivano dalla sua bocca.
Poi si slacciò i jeans, abbassò le mutande, mi prese la mano e la fece scivolare tra le sue parti intime.
Sentivo il suo calore.
Tolsi subito la mano e cercai di aprire la porta sulla quale era appoggiato il mio carnefice.
Con una spalla richiuse la porta che cercavo disperatamente di aprire con tutta la mia forza.
Le sue mani intanto continuavano a toccare il mio corpo.
Sentivo il suo respiro sul mio collo.
Mi sentii morire.
Volevo fuggire.
Avrei voluto urlare ma non mi avrebbe sentito nessuno.
Avevo voglia di piangere.
Presi coraggio e con forza riaprii la porta del bagno e scappai velocemente.
Avevo rischiato grosso.
Mi ero spinta troppo in là questa volta.
Mi ero lasciata trasportare senza neppure pensare a cosa sarebbe potuto accadere.
Non avevo mai fatto sesso e di sicuro non avrei
mai voluto che succedesse così la prima volta.
Per fortuna, quella sera, il peggio non accadde.
Mentre scrivevo ripensai a quella sera e provai schifo per me e per quello che era successo.
Non raccontai mai a nessuno di quella sera, la tenni dentro di me come un segreto inconfessabile.
Chiusi il quaderno e lo nascosi sotto al materasso.

DIETRO LE QUINTE DI UN MONDO PERFETTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora