"Julia dice da quando frequenti Laura sei diventata una poco di buono!"
Francesco si girò verso di me e senza mezzi termini mi spiattellò in faccia quello che aveva sentito dai discorsi che la mia ex migliore amica faceva alle altre compagne di classe.
Mi girai di scatto verso di lui.
"Che cavolo ha detto quella????" Risposi infuriata.
"Raccontava alle altre che ha sentito queste voci in giro.
Dice che il sabato sera sei sempre ubriaca, che ti droghi e vai con tutti."
Fece una pausa.
"Ah dice anche che sei una sfigata che se la tira."
Provai una rabbia enorme, le guance erano bollenti.
Desiderai di andare la e darle uno schiaffo.
La mia ex migliore amica.
Io a differenza sua, da quando non ci parlavamo più, non avevo mai detto nulla a nessuno sul suo conto lei invece lo aveva fatto più di una volta.
Forse voleva schierare le persone dalla sua parte e metterle contro di me.
Che ne sapeva lei di quello che avevo passato io da quando non eravamo più amiche?
Che ne sapeva lei dei mie problemi?
Che ne sapeva lei ora della mia vita?
Negli ultimi periodi la situazione mi era di nuovo sfuggita di mano.
Ultimamente uscivo, mi ubriacavo, mi baciavo con gli sconosciuti.
Mi ubriacavo per non pensare alle cose che mi facevano male.
Mi baciavo con gli sconosciuti per cercare, sbagliando, l'affetto che mi mancava.
Negli ultimi periodi mi sembrava che il mondo mi stesse crollando addosso.
Anche se avevo degli amici, in realtà mi sentivo sola, sentivo che nessuno riusciva a capirmi veramente perché non mi capivo neanche io.
Non riuscivo a dimenticare Luca.
Cercavo in tutti i modi di non pensarci e per un po' avevo l'impressione di riuscirci.
Poi quando lo incontravo in giro ero punto e a capo. Di nuovo.
Più era stronzo con me e più io ero attratta da lui.
Era ambiguo.
Quando credevo di non interessargli più si faceva risentire.
Mi facevo sentire io e tornava nuovamente lo stronzo di sempre.
A volte succedeva che la sera quando tornavo a casa ubriaca prendevo il cellulare e gli inviavo messaggi, umilianti e disperate dichiarazioni d'amore alle quali non ricevevo risposta.
E mi sentivo in colpa per non essere riuscita ancora una volta a lasciarmi alle spalle la nostra breve storia.
A non essere riuscita a trattenermi dal mandargli ancora messaggi sapendo che non mi avrebbe risposto.
A volte mi facevo pena da sola.
E ce l'avevo a morte con me stessa.
Tutti i giorni ero obbligata ad andare a scuola ed ero obbligata a vedere Julia.
Al contrario di come poteva sembrare, io ci avevo sofferto molto per come erano andate le cose tra me e lei perché l'avevo sempre considerata una sorella.
Perché sapevo che era una delle poche persone che mi conosceva veramente.
Perché eravamo cresciute insieme.
Perché ne avevamo passate tante e perché spesso mi mancava parlare con lei.
Ma allo stesso tempo la odiavo.
A scuola era un casino.
Non riuscivo a impegnarmi, non riuscivo a studiare.
Non riuscivo a stare dietro a tutto.
Ogni giorno per me era un incubo entrare in quella classe.
Contavo le ore, i minuti, i secondi.
I professori non perdevano occasione per farmi sentire inutile, stupida e scansafatiche.
Era umiliante e snervante.
Più loro mi trattavano così più io facevo peggio.
Un giorno, avevo sentito dire, che la madre di Julia era andata a parlare con i professori e gli aveva detto che se la figlia negli ultimi periodi non andava bene a scuola era perché frequentava me, che la portavo sulla cattiva strada.
Ho sempre fatto finta di nulla, incassato e continuato dritta per la mia strada.
Ma prima o poi, a forza di accumulare la bomba esplode.
Ed io ero esplosa, non ne potevo più.
Ultimamente mi ero rifissata di nuovo, mi vedevo ingrassata e mi facevo schifo.
Avevo ricominciato a vomitare qualche volta.
Mi sembrava che le persone che avevo intorno se ne fregassero di me.
Se ne fregavano se stavo male, se ero cambiata.
Mi sentivo trasparente.
Nessuno capiva e a nessuno importava di me.
Spesso mi domandavo a chi sarei mancata un giorno se non ci fossi stata più.
Non avevo voglia di fare nulla, non mi entusiasmava più niente.
Quando uscivo combinavo casini.
Sentivo i discorsi della gente ma non li ascoltavo e non mi interessavano.
Avevo l'impressione di trovarmi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, sempre.
Quando tornavo a casa dopo una serata in discoteca mi sentivo uno schifo.
Non accusavo gli altri di essere la causa dei miei malesseri, ce l'avevo sempre solo ed esclusivamente con me stessa.
E in qualche modo dovevo punirmi per zittire tutti i sensi di colpa che avevo.
Ero arrivata a un punto della mia vita che non mi importava più di niente e di nessuno.
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DIETRO LE QUINTE DI UN MONDO PERFETTO
RomansaKIM. La vita è il dono più prezioso che si possa ricevere. A volte però ci mette a dura prova, ci presenta infiniti ostacoli e solo chi è veramente coraggioso riuscirà ad abbatterli e a vivere felice. Lo sa bene Kim, adolescente ribelle in continua...