Finalmente era finita anche quella giornata di scuola, anche se era appena un mese che avevo iniziato il mio primo anno di liceo.
Era il grande giorno che aspettavo da settimane, ma meglio cominciare a raccontare dal principio.
Vicino casa mia c'era una piccola galleria d'arte che visitavo quasi ogni giorno, era diventata la mia isola segreta dove trovavo pace e potevo essere me stessa. La proprietaria, con la quale avevo stretto un'amicizia, mi aveva avvertita quasi tre mesi prima che ci sarebbe stata una nuova mostra, con opere di noi giovani. Sapendo che mi dilettavo a disegnare mi ha consigliata di portare qualcuno dei miei disegni, dicendo che ci avrebbe potuto essere anche qualcosa di mio tra le tante persone che avrebbero partecipato.
Tutta contenta accettai la sua offerta di provare. Dopo che raccontai tutto a casa, erano tutti contenti per me, reputandola una bella opportunità. A parte mia mamma che con poche parole riusci a demoralizzarmi, dicendo che non ero all'altezza e non avevo alcuna probabilità di successo e che sarebbe stata soltanto una perdita di tempo. Così scoraggiata rinunciai pensando che non meritavo di provare e avesse ragione lei. Vedendomi cosi afflitta e triste cercarono di convincermi, tentando lo stesso, perché era davvero un' opportunità. Se sarei riuscita a far parte della mostra avrei potuto alimentare la mia fiducia in me stessa, altrimenti sarebbe stato un bene ugualmente perché avrei potuto capire dove sbagliavo dandomi una nuova spinta. Così alla fine mi lasciai convincere e portai i miei disegni dalla signora. Dopo più o meno un mese e mezzo mi contatto', avvisandomi che avevano scelto due dei miei disegni con i quali avrei partecipato alla mostra. Tutta elettrizzata raccontai a casa l'accaduto e gli invitai a partecipare con me.
Mio padre a causa del lavoro mi disse che non sarebbe potuto essere presente all'inaugurazione, ma la sarebbe andata a vedere nel fine settimana. Mia nonna mi promise che avrebbe portato anche una sua amica e che era fiera della sua nipotina. Mio fratello invece si rifiutò a prescindere, dichiarando che fosse stata una cosa noiosa e che preferiva vedermi disegnare, tutta sporca di carboncino, mentre facevo buffe facce senza accorgermene. Sono arrivata a lei: mia madre, che con una smorfia di disappunto sulla faccia dichiarò che sarebbe venuta solamente perché era convinta che sarebbe stato un fiasco totale. In quel momento mi sentivo bene ma avevo anche paura e sentivo un dispiacere immenso crescere dentro di me.
Dopo le parole di mia madre, sentivo la tristezza crescere sempre di più. Non capivo perché non riusciva almeno una volta ad essere contenta per me, perché non poteva una volta, nella vita, dirmi che ero stata brava e che fosse fiera di me. Mi faceva stare male la consapevolezza che per lei non sarei stata mai abbastanza . Più cercavo di accontentarla più fallivo, e tale senso di fallimento cresceva sempre di più, portandomi una voglia irrefrenabile di lasciare perdere tutto e andare via, il più lontano possibile. Era un pensiero strano per una ragazzina di tredici anni, ma veramente avevo una voglia matta di scappare, di dimenticare tutto.
Arrivò il giorno che tanto aspettavo. Mi sentivo al settimo cielo, ma avevo anche una paura pazzesca. Paura che lei avesse potuto fare qualcosa, qualche commento poco opportuno, e le mie paure si avverarono.
Si dice che più hai paura di una cosa più sono le possibilità che succedano.
E bene, arrivata a casa trovai mia madre che mi aspettava già pronta, ma con un'aria che non prometteva niente di buono. Lei aveva bevuto, anche se poco, sapevo che sarebbe stato un vero disastro. Con un groppo in gola per la paura, ci dirigemmo verso la galleria, mentre pregavo tutti i santi che sarebbe finito tutto bene.
Dopo il discorso della proprietaria della galleria fu offerto un rinfresco per i presenti mentre nel frattempo avremmo potuto ammirare le nostre opere. Mia madre girò tutta la galleria guardando i disegni e le sculture esposte. Io già le conoscevo cosi cercai di concentrarmi su mia madre sperando che avesse cambiato opinione . Venni fermata da un amico di mio padre che insegnava in una scuola d'arte, per farmi gli auguri e dirmi che se mi fosse interessato avrei potuto contattarlo con mio padre per far crescere il mio talento. Non saprei descrivere esattamente la reazione di mia madre ma era stampata sulla sua faccia, era un profondo disgusto e odio che mi spaventovano a morte.
-Non credo che sia il caso che riempi la testa di tali cose. Di arte non si può vivere. Voi artisti siete tutti morti di fame, pazzi, senza speranza! - disse lei con un disprezzo talmente grande da far impallidire anche un santo. Io volevo morire in quell'istante. - Lei deve studiare e trovare un buon lavoro con il quale può mantenersi, non disegnare.
Il signore mi ha guardato con comprensione poi con un saluto cordiale se ne andò via. Dalla vergogna che sentivo non vedevo l'ora di andarmene. Così dissi a mia madre che sarei andata a salutare la proprietaria e saremmo potute andare via .
- Ciao Anna! - la salutai con un sorriso triste.
- Ciao Isa!- rispose lei con un sorriso raggiante sul viso.
- Grazie per l'opportunità che mi hai dato, ma adesso dobbiamo andare. - la mia voce era triste e imbarazzata.
- Di già? - sembrava sorpresa sinceramente -perché non rimanete ancora un pochino? Potresti conoscere nuove persone - cercava di convincermi mentre guardava mia madre. - Lei dev'essere la madre di Isa. Piacere di conoscerla, sono sicura che è orgogliosa di sua figlia e spero che le è stata di suo gradimento la mostra.
- Si sono io. Devo dire che c'è anche qualche bel pezzo, e per tale motivo non capisco cosa ci fanno i disegni di mia figlia qui. Lei dovrebbe vergognarsi per illudere una bambina. - disse poi mi prese dalle braccia trascinandomi fuori.
Non avevamo neanche finiti di uscire che con grande voce mi disse che si vergognava per averla messa in quella situazione imbarazzante e mi consigliò vivamente di dimenticare la mia passione per il disegno, perché non avevo neanche un briciolo di talento.
Mi sentivo morire. Cercavo di trattenermi, di non scoppiare a piangere davanti a lei, di non risponderle, di non dirle come mi sentivo, perché sapevo che se avessi aperto la bocca non sarei più riuscita a fermarmi, fino a che non gli avrei detto tutto ciò che sentivo e che tenevo dentro da troppo tempo. Sapevo anche che se avessi risposto non avrebbe finito più di rimproverarmi.
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Sognando un futuro diverso
General FictionIsabella Weiss, ad un età fragile, decide di lasciare la casa dove era cresciuta . La sua decisione, un po' per scappare e un po' per realizzare il suo sogno ,la porterà lontano . Dovrà affrontare tante difficoltà, sperando che il suo futuro sarà di...