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Con il cuore che mi batteva forte per la paura di non ricevere le risposte che cercavo, per il senso di colpa che sentivo, per la mia rabbia e per non riuscire ad accettare semplicemente le cose cosi come erano decisi di cercare di parlargli. Respirai profondamente per cercare di calmarmi.

- Papà, posso chiederti una cosa? - chiesi io con la testa bassa e il cuore in gola.

- Certo Isa! Cosa vuoi sapere?

Guardai mio fratello mentre giocava con il martello e i chiodi, intento a mettere insieme due pezzi di legno in modo da ottenere una spada, come sua abitudine. Mi disegnai un piccolo sorriso sul volto, ricordando tutte le ore percorse nella rimessa lontano dalla furia di mia madre. Noi che giocando mettevamo tutto soqquadro, e le ramanzine ricevute dopo da mio padre.

Ricordi dolci l'amaro che ci legavano a quel posto che dava sempre un po' di pace e un rifugio da tutti e tutto. Ore intere percorse giocando e imparando tante cose anche se insolite. Come si usasse un trapano o un martello, come si aggiustasse una ruota della macchina, come si costruisse una cornice per poi fissarla sopra correttamente alla tela, come si usasse lo scalpello, rimanendo dentro al disegno, senza rovinare il legno e cosi via.

- Isa!? - la voce di mio padre mi svegliò dai miei ricordi – Dimmi cosa vuoi sapere.

- Papà, perché? - lo guardai negli occhi respirando profondamente prima di continuare. L'espressione di mio padre cambiò immediatamente, come se avesse intuito ciò che volevo chiedergli, diventò più triste e grave. Ma sapevo che tutto quel cambiamento non era verso di me, che io non avevo niente da temere.

- Voglio sapere perché si comporta cosi la mamma. Cosa abbiamo fatto di male noi?

- Oh, principessa non è colpa vostra, voi non centrate in tutto questo.

Come puoi dirlo che non centriamo, quando siamo noi sempre con lei... - la mia voce era tremante e accusatoria.

- Vieni siediti accanto a me. - sospira mio padre indicandomi una sedia - Così possiamo parlare comodamente. Vedi tua madre è così da tanto tempo. I nostri genitori si conoscevano da tanto tempo. Sai che tua nonna ha cresciuto tua madre da sola perché tuo nonno fu portato via dai tedeschi e non tornò più. - io mi limitai a muovere la testa per affermare, non volendo interromperlo - è bene tua madre non ha avuto una vita facile, puoi capirla anche tu.

- Si papà questo lo so, capisco e mi dispiace tantissimo per questo, ma proprio per questa non capisco perché si comporta cosi - mio padre alzò una mano per farmi fermare e poi continuare.

- Al liceo aveva la sua cerchia di amici come anche io, a parte che le nostre famiglie si conoscevano così, anche noi abbiamo avuto i nostri amici in comune. Io da giovane ero interessato ad altre ragazze più mature di tua madre, non mi interessavo a lei e neanche lei, eravamo semplici amici. Intanto tua madre con i suoi amici già aveva incominciato a bere di tanto in tanto, poi più avanti quando cominciò a lavorare entrò in un altro mondo e cambiò tanto, ma per spiegarti e capire queste cose dovrai essere più grande.

- Guarda che ho quasi quattordici anni, non sono poi così piccola – esclamai indignata.

- Dai non prendertela mia piccola principessa, sono cose che non puoi capire adesso fino in fondo, ma dove eravamo ah, si dicevo che quando cominciò a lavorare cambiò tanto e abbastanza in male. Intanto i nostri genitori volevano a tutti i costi che cominciassi a frequentarla. Un po' per tenerla sulla strada buona un po' per interesse, devi sapere che erano tempi diversi, i tuoi nonni pensavano in un modo più antiquato.

- Allora non ti piaceva la mamma per niente, non capisco perché siete sposati allora?

- No, non fraintendermi non è che non mi piaceva, era bella e intelligente, ma volevo altre cose e poi non volevo sposarmi in quel momento. Tanto dopo anni alle fine comunque ci sposammo accontentando i nostri.

- Ma allora vi siete sposati senza amarvi solo per obbligo? - chiesi meravigliata.

- Non esattamente, nel corso degli anni ci frequentavamo e nacque un sentimento più profondo dell'amicizia ma non era un amore travolgente. Ci capivamo, potevamo parlare, insomma credevamo che fosse abbastanza. Ma abbiamo sbagliato. Pensavo che dopo il matrimonio piano piano si sarebbe messo apposto tutto, che si sarebbe calmato ma non succedette. Tua madre perse la sua prima gravidanza e dopo non si rimise in sesto. Cercavamo di portarla dal dottore, ma si rifiutò e purtroppo la legge non permetteva che io la obbligassi a ricoverarsi per curarsi fin quando non fosse stata violenta. - continuò lui con amarezza.

- Ma se lo sapevi che aveva problemi perché l'hai sposata? Perché lasci che si comporti cosi?

- Isa sono stanco, ho provato in tutti i modi a convincerla e tentare di cambiarla. Ma lei non lo vuole, mi accusa che la ho ferita, che la ho abbandonata non volendo aiutarla ma non so più cosa fare con lei.

- Papà perché non l'hai lasciata? Non era meglio divorziare e rifare una vita?

- Isa so a cosa stai pensando, che io me ne frego di tutto, che non tornando a casa è più facile, che non vi amo abbastanza e vi lascio soli.

- Non esattamente, ma quasi... - dissi vergognandomi della mia ammissione. Sospirando mio padre mi abbracciò forte sussurrando che gli dispiaceva.

- Mi dispiace tesoro, tantissimo che la pensi così e hai anche ragione. Ma io non c'è la faccio più. Quando la vedo ubriaca io perdo il controllo, non ho più la pazienza di una volta e ho paura che una volta per tutta, per il casino che fa, io perdessi il controllo e gli facessi male... - la sua confessione mi portò a riflettere e capivo benissimo cosa intendesse.

- Allora lasciala e chiedi il divorzio! Capisco cosa intendi e che è difficile per te, ma non sei solo tu papà anche noi ci soffriamo. Noi rimaniamo a casa a sentirla sempre e se a lei sembra che non abbiamo risposto come voleva lei, quelli che vengono picchiati siamo noi, io più spesso. Io non c'è la faccio più cosi. Voglio una vita come tutti gli altri, voglio che mia madre mi abbracciasse, che potessi parlargli tranquillamente. Voglio tornare a casa dalla scuola senza avere paura di quello che potrei trovare. Sono così arrabbiata con lei e mi vergogno di me stessa per tutto questo che sento. Papà ti giuro che se adesso avrei dove andare me ne andrei in questo instante... - dissi mentre il pianto mi soffocava. Lui mi abbracciò forte dicendo - Mi dispiace così tanto Isa per tutto. Ti prometto che cercherò di mettere tutto apposto, ma devi capire che non è una soluzione lasciarla, cosa le faccio la butto sulla strada? Cosa sarà di lei, questo non lo vuoi neanche tu, vero? E io, solo con voi due, cosa faccio? Devo lavorare tutto il giorno, con chi vi lascio? Chi vi cucinerà, laverà e pulirà la casa? Devi avere coraggio e fiducia e vedrai che tutto si risolverà piano. - mi disse .

Avere fiducia, ma in che cosa? Poi amaramente, mi limitai ad annuire tra le lacrime. Mi sentivo così male, mi vergognavo di me stessa, mi sentivo tremendamente colpevole per tutto ciò che avevo detto a mio padre e non mi sono soffermata a pensare veramente.

- Dai ragazzi si e fatto tardi andiamo in casa, credo che vostra madre dovrebbe già dormire. Voi avete ancora i compiti da fare e dovete anche mangiare qualcosa. -ci alzammo annuendo per poi andare tutti in casa.

Il resto della serata lo trascorremmo tranquilli. Dopo la cena facemmo i compiti per il giorno successivo e andammo a letto sperando che il nuovo giorno sarebbe stato più tranquillo di quello di oggi.

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