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La sacrestia era una stanza ampia, piena di giovani. Erano una ventina di ragazze e ragazzi, impegnati a parlare e rimettere tutto in ordine. Dopo un breve saluto noi stavamo fermi in disparte non sapendo cosa fare, mentre suor Agata parlava con il prete. Da parte nostra volevamo solo andare via. Ci sentivamo in disagio, non eravamo abituati a fare amicizia con gli altri, non sapevamo come comportarci, di cosa parlare. Mentre noi ci limitavamo solo a osservare cosa accadeva intorno a noi, subendo gli sguardi incuriositi degli altri. Dopo qualche minuto suor Agata finì di parlare con il prete e ci chiamo per avvicinarci a loro.

- Sia lodato Gesù Cristo, padre.- salutammo noi arrivati di fronte a loro.

- Sempre sia lodato -risposero loro all' unisono.

- Padre Stefano, loro sono Isabella e Norbert. -ci presentò suor Agata – Vorrei che venissero accolti anche loro, e che siano aiutati.
   Sentendo le parole di suor Agata arrossii come un pomodoro dalla vergogna e abbassai la testa a disagio.  "Perché non riuscivano a lasciarci stare e ci mettevano in mezzo a questa situazione? Perché non si preoccupavano tutti degli affari loro?" - Pensavo in me, mentre desideravo di scomparire. Osservai mio fratello che aveva la testa bassa e gli occhi pieni di lacrime. Sapevo che si sentiva anche lui male come me, cercai di infondergli un po' di coraggio stringendo la sua mano.

- Ciao ragazzi, benvenuti. - ci salutò padre Stefano con un sorriso caloroso, capendo il nostro disagio. - Stia tranquilla sorella, staranno bene con noi.
  - Va bene ragazzi io vi lascio devo andare! Mi raccomando però! Andate a fare conoscenza con gli altri e vedrete che vi troverete tanti amici. Sono tutti bravi ragazzi. - ci disse mentre mi spingeva verso un gruppo di ragazze.
  - Ma nonna è fuori ci sta aspettando! -cercai io una scusa per riuscire ad andare via.
- Vostra nonna verrà con me che dobbiamo parlare di alcune cose importanti. Non preoccupatevi, voi starete qui fino a che lei torna. - mi disse lei con un tono autoritario.
- Va bene. - dissi io sconfitta. Cominciai a dirigermi di nuovo verso i ragazzi tirando con me mio fratello. Ma lui si inchiodò fermandomi.
- Cosa c'è? - sbuffai nervosa girandomi verso di lui.
- Io non vengo. Vado da nonna. Tu fai amicizia e tutto ciò che vuoi, io passo.- mi comunicò lui liberandosi dalla mia stretta.
- Non puoi lasciarmi sola adesso. - sibilai spaventata - Non puoi! Se te ne vai dirò a tuo padre che hai rotto tu la finestra della rimessa.- sussurrai io minacciosa guardandolo dritto negli occhi.
- Già lo sa! - rispose con un sorriso vittorioso - Ha trovato il sasso prima lui... così mi dispiace sorellina, hai perso! - mi prendeva in giro lui con un ghigno malefico.
- Va bene!- risposi io sapendo che non era finita ancora - Allora domani non ti paro la tua spalla quando dovrai andare in giro con i tuoi amici... Sai che mamma non ti lascerà mai andare con loro! - sorrisi adesso io vittoriosa sapendo che non poteva dirmi di no.
- Ok hai vinto, ma sappi che ti odio Isabella!- mi sussurro lui con rabbia - Sarai in debito fino alla
fine dei tuoi giorni!
- Si si, tranquillo lo so!- risposi con un sorriso felice e vittorioso. -Dai andiamo così possiamo andare prima .
Così ci avvicinavamo al primo gruppo di ragazzi e li salutammo timidamente. Ciò mi sorprese dal primo momento era che loro non si preoccupavano di chi eravamo o perché eravamo ansati o perché eravamo in disagio. Loro ci hanno accolto senza giudicarci, cercando di metterci a nostro agio.
Dopo le presentazioni ci hanno spiegato di cosa si occupavano. Chi suonava la chitarra, chi il flauto o chi l'organo, chi semplicemente cantava o andava per essere presente. Tutti cercavano di intervenire e parlare senza metterci più in imbarazzo.
Dopo una mezz'ora, quando tutti erano andati via dalla chiesa insieme si sedevano tranquillamente intorno alla tavola, chi cominciava a giocare a carte, chi provava ad insegnare agli altri di suonare la chitarra o semplicemente raccontavano scherzi e parlavano tra di loro.
Io rimasi spiazzata, non mi aspettavo una cosa così. Sinceramente mi aspettavo che il prete parlasse di cose religiose, come dovevamo comportarci da buoni cristiani... non di certo assistere a una partita di carte.
Padre Stefano, vedendo la nostra faccia sbigottita si sedette accanto a noi con un sorriso sulle labbra, come se avesse capito tutto ciò che ci passava per la mente.
- Ragazzi cosa sono queste facce incredule? - ci chiese padre Stefano continuando a sorriderci - Vedete qui siamo tra amici. Quando rimaniamo solo noi tutti mi chiamano Stefano senza usare i soliti convenevoli. Capisco che vi aspettavate altro, ma da noi è diverso. Siamo una famiglia, scherziamo, ridiamo insieme. Ci aiutiamo a vicenda. Siamo come fratelli, tutti uguali, non esiste il prete e il giovane... -cercava di spiegarci lui.
Ascoltando tutto ciò che ci diceva mi sembrava una cosa bella, ma anche strana, un po' fuori dal comune.
- Così Isa e Norbi quando siete qui mi potete dare anche voi del "tu" come gli altri. E se volete parlare di qualsiasi cosa potete farlo senza problemi. - disse mentre ci dava una pacca sulla spalla.
- Va bene padre, grazie. -dissi io mentre mio fratello si limitava a muovere la testa.
- Dai ragazzi lasciatevi andare, non vi mangerà nessuno qui. - disse alzandoci dalla sedia- andate a parlare e giocare con gli altri poi ci sediamo tutti a decidere dove andremo insieme prima di Natale a festeggiare le feste.- ci comunicò, poi andò via.
Mi girai verso mio fratello curiosa di sapere cosa pensasse di tutto questo.
- Isa sai una cosa a qui mi piace e anche tanto! - esclamò lui tutto felice mentre guardava i ragazzi che giocavano a carte - Sai io vado da loro a vedere se posso giocare anch'io, oppure no!- mi liquidò mio fratello lasciandomi incredula sulla sedia.
" Ecco come appena capisce che può giocare con qualcuno si dimentica di tutto! E lui che voleva andare via e lasciarmi sola..."- pensai con un pizzico di rabbia in me. Ma in fin dei conti ero contenta per lui, e speravo che si sarebbe trovato bene.
Rimasi seduta in disparte per un po' osservando che cosa facevano, vedevo mio fratello ridere con due ragazzi i cui nomi mi ero già dimenticata. Sembrava così tranquillo e contento! E io sentivo un po' di invidia verso di lui. Mi sembrava che si fosse dimenticato di me, come se non ci fossi neanche con lui ora. Sentivo che il disagio ancora non mi era passato e non riuscivo a lasciarmi andare così facilmente come mio fratello.
- Hey, Isa vero!- sentii qualcuno che mi chiamava. Mi girai vedendo un ragazzo con la chitarra in mano. -Dai non stare sola qui, vieni da noi. Hai voglia di imparare a suonare la chitarra? Sono bravo ad insegnare!- disse lui con un sorriso enorme.
- Grazie, ma non credo di esserne capace. Anche se canto lo sento come sono stonata... mi dicono tutti che la musica e io siamo due cose che non vanno bene insieme.- dissi io sentendo che le mie guance prendevano fuoco, un po' per la vergogna un po' perché era veramente carino.
- Non essere timida Isa, nessuno è nato imparato. Tutti possono imparare! Poi se dici che senti che sei stonata significa che hai le orecchie per la musica! - mi disse rassicurante, e io mi sentivo sempre più persa anche se non sapevo il perché .
- Vieni che non mi piace vederti sola e triste - disse infine mentre mi prendeva la mano tirandomi su' piano, non perdendo per un attimo quel sorriso che gli illuminava i suoi tratti.
Mi alzai con il cuore che mi batteva all' impazzata, con una totale confusione in testa.
Da una parte volevo stare con loro, con lui... Dall'altra volevo scappare lontano. Mi rimproverai che solo io potevo essere così...
- Scusa potresti ridirmi come ti chiami non me lo ricordo più... purtroppo oggi ho sentito così tanti nomi che non ne ricordo neanche uno e poi non sono brava con i nomi... - blaterai io nervosa maledicendomi per non essere capace a tenere in mente qualche nome, e perché essendo nervosa parlavo troppo per niente. Sentivo che arrossivo ancora di più e cominciavo anche a tremare. Volevo solo scomparire! Ero sicura che una volta uscita da quella sacrestia non avrei rimesso più i piede di nuovo e in più non mi sarei più avvicinata neanche a quella chiesa, sperando di non incontrarmi con nessuno di loro. Che figura da sfigata, solo io sono capace di cose così!
E se tutto questo non mi bastava lui non si fermò senza mai lasciarmi la mano scrutandomi con quegli occhi marroni, e mi sembrava di essere una bambina di cinque anni. Mi squadrava con tenerezza, ma anche con divertimento e questo mi metteva ancora di più in disagio.
-  Tranquilla Isa, e capitato anche a me. - disse lui sorridendomi - Sono Victor, e ho 19 anni. Fra quattro mesi sarà il mio compleanno e spero che verrai anche tu alla mia festa. Verranno tutti quelli che vedi, non spaventarti! -mi disse lui.
Io non sapevo cosa pensare più o dire. Mi limitai solo a muovere la testa per acconsentire non riuscendo più a parlare.
Dopo che ci sedemmo lui ricominciò a spiegare per gli altri cosa è come si facevano alcuni accordi, io lanciavo solo occhiate furtive verso di lui e mi persi tra i mille pensieri che mi frullavano nella mente.
Parlai con gli altri poco e niente, se mi chiedevano rispondevo se no mi limitavo ad osservare e pensare. Poi arrivò mia nonna che ci portò a casa, ma prima di uscire Victor mi raggiunse per salutarmi e chiedermi se fossi ritornata il giorno seguente. Risposi solo se avrei potuto, il suo sorriso contento mi sorprese talmente che tutto il tempo fino a casa restai chiusa in un silenzio pensando agli eventi di quei giorni e a Victor.

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Vi chiedo scusa per l'attesa, finalmente sono riuscita a scrivere. Spero che vi piaccia!
Buona lettura a tutti!

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