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Tornata in cucina mi accasciai sullo sgabello con lo sguardo perso e le guance che mi bruciavano, grazie agli schiaffi ricevuti prima. Mia nonna con un' espressione dispiaciuta e triste mi porgeva un bicchiere contenente dell'acqua, sperando di riuscire a calmarmi.

- Bevi Isa! - mi sollecitò lei con la voce piena di compressione – vedrai che si risolverà tutto. Non abbatterti, sì forte. Non è colpa tua e non è colpa di tua madre. - Mi accarezzava amorevolmente la testa cercando di consolarmi- Non è colpa di nessuno. - sussurrò lei.

- Allora se non è colpa di nessuno, perché nonna. - chiesi io disperata mentre le lacrime mi bagnavano il viso – Dimmi perché nonna! Perché? -singhiozzavo io.

- Oh, piccolina mia! Mi dispiace così tanto per tutto! - mi abbracciò lei forte – Questo abbiamo scritto come destino. Dio ci mette alla prova, ci da una lezione. Ma non dimenticare che la croce che dobbiamo portare non e mai più grande di quella che possiamo sopportare. - Le sue parole di conforto non mi tranquillizzavano per niente.

I miei pensieri avevano preso un' altra direzione. Se esiste veramente Dio, perché lascia che succeda tutto questo? Perché non fa qualcosa? Se veramente è onnipotente, come ci insegnano, perché non non fa niente e lascia che soffriamo.

- Si nonna! -risposi io decidendo solamente che era meglio non condividere con lei i miei pensieri.

La nostra famiglia non era mai stata religiosa, anche mia nonna in questi ultimi anni ha cominciato a frequentare la chiesa, cercando di coinvolgere anche noi. Io da una parte ci credevo e da un'altra no. Mi piaceva la tranquillità che provavo quando ero seduta in chiesa, come se tutto rimanesse fuori.

La nostra attenzione venne attirata dall'arrivo di mio fratello, che cominciò a trafficare nel frigo, alla ricerca di qualcosa per fare un panino. Dopo che tirò fuori tutto ciò di cui aveva bisogno si mise  all'opera. Quando finì lo porto sopra un piatto a mia madre, poi, dopo qualche minuto, apparse di nuovo in cucina, sedendosi al suo posto.

- Mi dispiace Isa. - Mi disse lui dopo un po' mentre osservava le mie guance ancora arrossate. Queste poche parole dette da lui mi facevano sentire malissimo. Avvertivo ancora di più il mio sbaglio. In fondo lui mi aveva aiutato. Amavo mio fratello, era tutto per me. Potevamo sempre contare uno sull'altro. Ma era più forte di me, e per questo me ne vergognavo.

- Non è colpa tua. - Dissi io mentre abbassavo la testa per la vergogna.

- Dai ragazzi cominciate a mangiare prima che si raffreddi del tutto, - Intervenne nostra nonna sedendosi anche lei a tavola – Dopo si esce. Già avete dimenticato o cosa?

- No, non l'abbiamo dimenticato, ma non ho fame... - Cominciai a dire, ma venni interrotta prontamente da lei.

- Devi mangiare Isa, e questo non si discute. - Disse lei severa.

- Va bene. - Risposi dopo aver cominciato a mangiare con fatica per il groppo che mi stringeva ancora la gola.

Terminammo il pranzo  senza spiccare una parola o alzare la testa. Ognuno di noi aveva la testa altrove. Dopo che riordinammo la cucina, in silenzio, altrettanto opprimente, andammo a prepararci per uscire.

Presi i miei vestiti e andai nel bagno, senza dover litigare con mio fratello, come al nostro solito. Mi lavai la faccia con l'acqua fredda, sperando di calmare il rossore sulle mie guance . Guardai il mio riflesso nello specchio sperando di capire cosa fosse sbagliato in me. Osservai i miei occhi, erano di un marrone scuro, i capelli di un colore miele scuro,in disordine, e le guance ancora arrossate con dei segni visibili delle dita sopra di esse. Tutto ciò che vedevo mi disgustava. Mi vestii in fretta e legai di nuovo i miei capelli, poi uscii dal bagno già pronta, aspettando che anche gli altri lo fossero stati. Ero seduta sulla panchina davanti a casa nostra, persa tra i miei pensieri, quando arrivarono gli altri. Prima di uscire mio fratello corse indietro a salutare mia madre. Sentivo che gli diceva di stare attento, e questo mi riempiva di amarezza. Anche se non saprei  spiegarmi il motivo. Forse perché lei pensava che avremmo potuto farle del male o solo per l' affetto che dava a mio fratello e a me no. Decisi che era meglio lasciar stare.

Eravamo già in strada quando arrivò mio fratello di corsa, dicendo che saremmo potuti andare. Incamminandoci tutti e tre verso la fermata del tram.
Mia nonna tirò fuori dalla sua borsetta due abbonamenti per il teatro, porgendoceli ad ognuno di noi.

- Ragazzi questi sono per voi! - esclama lei tutta contenta – Da parte mia e mia amica. È l'abbonamento di teatro per tutto l'anno che volevate tanto.

- Ma nonna come!? - esclamavamo insieme noi sorpresi.

- Ma la mamma ha detto che quest'anno no possiamo andare. - Dissi io già spaventata – Se lo scopre farà casino.

- Non preoccuparti Isa mi vedo io con lei per questo, poi e una cosa che vi farà bene. - Cercò di tranquillizzarmi – Poi so che vi piace andare agli spettacoli. Era proprio vero, ci piaceva andare.  Rimanevamo rapiti per tutto il tempo della durata dello spettacolo. Per la storia, per gli attori, per la musica, per la luce, insomma tutto, era come se entrassimo in un altro mondo.

- Grazie nonna! - Eclamammo tutti felici. – Grazie mille, a te e anche alla signora Lucia.

- Va bene ragazzi, adesso basta sbrighiamoci altrimenti arriveremo in ritardo.- Disse lei mentre cominciava a camminare più velocemente .

- Nonna adesso ci dici dove andiamo? - Chiese mio fratello con gli occhi che luccicavano dalla contentezza e dalla curiosità.

- Certo! Adesso posso dirvelo. - Disse lei mentre salivamo nel tram. Dopo che si accomodò su un sedile libero continuò – Andiamo a messa, dopo voi rimarrete con i ragazzi che ci saranno, potrete conoscergli. - Finì lei, osservandoci con un sorriso divertito . Sono sicura che la nostra faccia rispecchiava tutto il nostro sbigottimento e mal contento.

- E questa era la sorpresa di cui parlavi ieri? - Chiese mio fratello, con la voce che tradiva tutto il suo disappunto.

- Dai ragazzi vedrete che vi divertirete e potrete conoscere tanti altri ragazzi.

Noi ci guardavamo sconsolati e certi che sarebbe stata una noia totale.

- Ma cosa ci può essere di divertente nel partecipare a una messa e dopo cosa faremo? Impareremo a recitare il rosario? - Si sfogò mio fratello.

- Norbi, non giudicare prima di sapere di cosa si tratta. Credevo che sapevaste che non si giudicano le cose senza saperle e conoscerle. -Ci rimproverò lei – Dai siamo arrivati, dopo riparleremo. Voi vedete di cosa si tratta poi potete decidere. - Tagliò lei corto.

Arrivati davanti la piccola chiesa entrammo senza troppa voglia, ma sapevamo che nostra nonna aveva ragione. Lei si dirisse verso la prima panchina dove c'era già seduta suor Agata. La salutammo mentre lei ci rimproverava che eravamo arrivati in ritardo. Tutti seduti, loro contenti, mentre noi annoiati, aspettavamo che cominciasse la messa.

Con stupore dovevamo costatare che nostra nonna aveva ragione. Già la messa era un po' diversa dalle altre. Le canzoni erano accompagnate non  dall'organo ma dalla chitarra e aveva un ritmo molto più coinvolgente, questo ci incuriosiva.

Dopo la messa aspettavamo che quella poca gente uscisse, mentre suor Agata ci spiegava che aveva già parlato con il prete e gli altri ragazzici aspettavano. Cominciò a spiegare che ogni ultimo fine del mese si teneva una messa sperando di attirare la gioventù.

Poi ad un punto ci sollecito' di accompagnarla dentro per farci conoscere tutti. Tutto era nella norma, almeno fino a che c'era suor Agata presente. Dopo arrivò la sorpresa. I ragazzi sinceramente erano più grandi di noi, di qualche anno vero, ma erano simpatici. Io e mio fratello rimasimo veramente sorpresi. Ci aspettavamo una cosa ma si verifico' una cosa totalmente diversa.

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