Un'incidente incompreso

191 4 6
                                    

Sento un suono continuo proveniente dal mio telefono, lo sfilo dalla tasca, il numero che appare sul display è di mio fratello.
- oh Sa - rispondo con l'intenzione di fregarmene delle sue parole
- la signorina Lara Burci?- domanda la voce autoritaria dall'altro capo
- si, chiama per mio fratello?- chiedo come ogni santo giorno mentre la ragazza affianco a me cerca di parlarmi
- esatto - afferma sicuro di sé
- mi dica: furto, rapina in banca o aggressione?- continuo prendendo qualche stuzzichino dell'aperitivo
Il ragazzo davanti a me attira la mia attenzione con una battuta decisamente divertente, dalle mie labbra scappa una risata
- non c'è niente da ridere signorina - mi riprende la voce dell'uomo
- mi scusi - torno seria ancora per un attimo
- comunque abbiamo deciso di tenerlo al distretto per un po' -
- ma come si permette, non può tenerlo, con quali accuse?- mi arrabbio facendo preoccupare di gran lunga le persone che mi stanno intorno
- omicidio - riattacca
Allontano il telefono dal mio orecchio rimanendo a bocca aperta, non ci posso credere.
Mi alzo prendendo velocemente la giacca dallo schienale della sedia, accenno un rapido saluto con la mano ai miei amici e corro verso la macchina.
Mi siedo sul sedile lasciando un sospiro
- perché fa tutto questo?- domando portandomi una mano alla fronte
I miei occhi sono lucidi mentre trattengono le lacrime che riescono a trasalire, una di esse scorre sulla mia guancia ma la fermo prima che possa cadere.
Respiro profondamente cercando di riprendermi, appoggio entrambe le mani sul volante e guido fino al distretto.
Passano trenta minuti e finalmente riesco ad intravedere la scritta " polizia ".
Accosto la macchina affianco al marciapiede, mi assicuro di averla chiusa bene e salgo le scale finché non arrivo davanti alla porta che apro successivamente.
Mi metto in coda ma dopo pochi minuti è già giunto il mio turno
- sono qui per Sascha Burci - gli spiego scandendo bene il nome e il cognome
- Sa-Sa-Sa..... eccolo Sascha Burci - esclama indicando una scheda completa di nomi e date di nascita
Lancio una rapida occhiata a quel foglio, la scritta mi fa rabbrividire, il nome è totalmente sbagliato, mio fratello si arrabbierebbe.
- Deve continuare dritto, poi girare a destra, è l'ultima - mi indica la strada con il dito
- puoi darmi del tu - gli spiego portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio
- se posso sapere il tuo nome - mi sorride
- Lara, Lara Burci - affermo appoggiando entrambi i gomiti
- Stefano... Stefano Lepri -
- ti va bene se ti accompagno?- mi chiede gentilmente
- meglio di no, sai è una cosa personale - lo rifiuto
- okay - sospira deluso, abbassando la testa e ritornando con lo sguardo sugli appunti
- ci incontriamo fuori va bene?- cerco di tirarlo su
- certo - annuisce
Gli lancio un'occhiata maliziosa mentre attraverso le numerose porte, imprigiono il labbro inferiore con i denti, è un vizio che non riesco a togliermi.
Intravedo delle sbarre in lontananza, corro verso di esse fermandomi davanti alla serratura.
C'è un ragazzo all'interno di quelle sbarre, dal viso abbassato e con una fievole luce che gli illumina il cappuccio nero della felpa.
- ehm, ehm - fingo di tossire per attirare la sua attenzione
Alza il capo permettendomi di intravedere il suo viso
- che ci fai qui?- mi domanda ancora seduto su quella panchina mal messa
Mi siedo per terra allungando le braccia fra le sbarre
- mi hanno chiamato, vuoi chiarirmi tu la situazione o vuoi che chiedo ai poliziotti?- lo metto davanti a questa scelta
- chiedigli se puoi entrare, ti voglio vicina -
Guardo una persona in lontananza e gli chiedo se posso entrare insieme a lui ma l'uomo scuote la testa.
- mi dispiace -
- vieni qua - lo invito a sedersi per terra davanti a me
Esegue, sedendosi sul pavimento polveroso.
Mi prende la mano accarezzando il dorso di essa con il pollice, lo guardo negli suoi occhi marroni, micidiali ma allo stesso tempo comprensivi, mi sorride.
- è stata colpa sua - sussurra a voce molto bassa per non farsi sentire da persone indesiderate
- di chi?-  chiedo confusa portando una mano sulla sua guancia
- di papà, da quando ti ha violentata a quando a osato sgridarti, schiaffeggiarti, alzare le mani su di te....- sospira con le lacrime agli occhi
Lo abbraccio forte scontrandomi con il freddo delle sbarre mentre gli passo una mano sulla schiena per tranquillizzarlo
- mi dispiace - singhiozza appoggiando la testa sulla mia spalla asciugandosi le lacrime sulla maglietta che le rinchiude
- non dovevi farlo, potevo cavarmela da sola - gli spiego allontanandomi un po', quel poco che basta per fargli alzare la testa
- non lo metto in dubbio ma, la sera scorsa, mi hanno invitato a cena da loro per parlare un po' e sei saltata fuori tu. Sembrava così sicuro di sé, così fiero di aver commesso quello che tu ricordi ormai da 18 anni. Non ce l'ha facevo più, mi feci accompagnare da lui in cucina e quando provò ad avvicinarsi presi un coltello che gli piantai dritto nel petto -
Mi racconta affranto

Ehilà!
Vi presento il primo capitolo di questa storia, fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti

Amore dietro le sbarre || Mates ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora