chapter one

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Il mattino seguente, mi risvegliai da un lungo sonno. Mi alzai dal letto, feci colazione con una tazza di latte freddo e cereali integrali e corsi al piano superiore a farmi una bella doccia rinfrescante. Era quasi estate ma le temperature erano già molto elevate. Misi in ordine la casa e mi diressi in camera. Aprii l’armadio e ne estrassi un vestitino in lino colorato, molto leggero, al quale ci avrei abbinato dei sandali con un piccolo tacco, marroncini. Dopo che mi fui vestita e fui finalmente pronta, presi la borsa con le frange come quelle che erano sui sandali e ci misi dentro la mia stupenda e preziosa Canon. Troppi ricordi con quella macchina fotografica per poterla gettare, sarebbe stata per sempre al mio fianco, l’avevo giurato e un giorno avrei voluto diventasse un pezzo di antiquariato da milioni di sterline; ma mi tolsi subito quei sogni dalla testa. Ora più che mai avrei dovuto pensare solo ed esclusivamente al lavoro.

Presi le chiavi della mia decapottabile bianca e mi avviai verso la porta di casa. La chiusi alle mie spalle e subito dopo reclamai l’ascensore. Nell’attesa presi il cellulare dalla tasca della borsa e iniziai a digitare il numero di Charlotte quando neanche a farlo apposta, vibrò e sullo schermo touch apparve il suo nome. Mi affrettai a rispondere. Al posto dei soliti “ehi ciao tesoro”, urlai di gioia. Era questo il nostro modo di parlare a telefono. Avevamo venti e ventidue anni ma in cuor nostro eravamo rimaste le ragazzine di quindici e diciassette anni.

<< che succede?>>

<< mi hanno assunta!!!>> urlai con tutta la voce che avevo facendo creare l’eco, trovandomi nel portone. Finalmente l’ascensore arrivò al decimo piano.

Anche lei urlò di gioia per me.

Io risi.

<< quand’è che cominci?>> mi chiese.

<< subito!>> risposi emozionata.

<< congratulazioni, ehi ragazzi, la mia amica qui è stata assunta per il “Caught in the act!>> gridò con voce meno forte, forse essendosi staccata dallo smartphone.

All’unisono tutti gridarono un “congratulazioni” che fu seguito da un applauso non molto lungo ma neanche molto corto.

Mentre Charlotte parlava, non riuscii a sentirla perché un ragazzo moro, che sembrava un tantino cinesino, si agitava nell’ascensore per passare. Bruscamente mi sorpassò facendomi cadere a terra.

<< un po’ di attenzione!>> urlai.

<< scusa baby ma sono in ritardo!>> fece quello girandosi e strizzando l’occhio. Non c’era che dire, era carino quindi lasciai correre.

<< che succede? Elly, Elly ci sei?>> chiese Lottie dall’altra parte del telefono.

<< Oh, sì scusa, ci sono. Un teppista, carino, mi ha fatta inciampare>> dissi quel “carino” quasi con aria maliziosa. << ma tutto apposto! Allora, dicevi?>> la incitai.

Iniziò a parlare ma feci finta di ascoltarla perché pensavo e ripensavo con emozione a cosa avrei fatto una volta arrivata lì. Mi precipitai nell’auto e sfrecciai via.

<< Destinazione C.I.T.A.>> dissi a bassa voce per non far capire a Lottie che non la stavo ascoltando. Era una tattica vecchia che usava sempre lei con me. Bastava annuire e fare dei “ahaa” ogni frase o “mhmm”.

Quando fui arrivata all’edificio, andai al piano superiore. Mi diressi nell’ufficio del direttore che all’apparenza sembrava quasi lo stesso di “Spider Man”.

Stava parlando al telefono mentre aprii la porta.

<<… no, no e no! voglio quel rapporto fra tre ore altrimenti sei licenziato!>> gli urlò in faccia con voce aspra e dura. Poi riattaccò anzi scaraventò il telefono sulla sua scrivania.

Caught In The Act || 5sos - AshtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora