8.

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Riccardo continuava imperterrito a corteggiare la dolce Giulia, la quale rifiutava ogni sua avance.
Troppo accecata dal dolore della sua perdita e troppo innamorata di quel bel principe biondo, che mai più farà ritorno.
Erano passati poco più di 12 mesi ed il dolore era ancora fresco, nei cuori del popolo e della maestosa corte del castello di Villafranca.
Ogni tipo di corteggiamento veniva allontanato e rifiutato.
Stanco  di questa situazione,  il paggio e migliore amico dell' ormai defunto principe ereditario, andò dal suo re e chiese gentilmente  udienza.

L'udienza venne concessa, senza esitazione.
Il ragazzo dagli occolr cielo varcò la soia della sala del trono.
-Mio re.
S' inginocchiò al suo cospetto, continuando a parlare.
-Vi ringrazio per avermi concesso udienza.
Sono qui, umilmente inchinato al vostro cospetto per chiedervi una concessione.
Il paggio cercava di articolare perfettamente i pensieri, per non urtare la già instabile sensibilità del suo buon  sovrano.
-Tu dovresti essere Riccardo, mio figlio era sempre in tua compagnia.
Ti definiva il suo migliore amico.
Parla, ti ascolto.
Pronunciò, inespressivo il re Franco.
- Vorrei chiedervi il permesso di prendere moglie.
Disse, entusiasta il moro.
- Chi vorresti sposare, Riccardo?
Chiese, curioso il re.
Era sempre stata una persona curiosa e stravagante.
Aveva instaurato un rapporto con tutta la sua corte ed il suo personale.
Reputava tutti come suoi figli.
-Giulia, mio signore.
Espresse, felice.
Il re sgranò gli occhi.
-La bella figliola di Roberta?
La mia governante?
Il paggio annuì, felice.
-Mio figlio aveva chiesto la sua mano prima di partire per il fronte.
Disse, abbassando lo sguardo lucido, al ricordo del figlio perso.
Riccardo lo pregò con tutto se stesso.
-Vedrò che posso fare.
Espresse sconfitto e rassegnato.
Il paggio abbandonò la sala.

Fece convocare la serva, intento a comunicarle la sua decisione.
-Mio re, mi avete fatta chiamare?
La voce era atona e spenta.
-Sì, Giulia.
Mia cara, sono a conoscenza della proposta fatta da mio figlio, prima di partire per la guerra.
Ebbene...tu convoglierai a nozze.
Espresse, autoritario il sovrano, senza incrociare direttamente lo sguardo, sconcertato della ragazza.
-Con...chi mio re?
Chiese piangendo disperata.
-Con Riccardo...è deciso. Tra sei mesi convoglierete a nozze.
Sentenziò, autoritario il nobile re.
La ragazza cadde in ginocchio piangendo, stringendosi  il mantello del suo amato al petto  corse in camera dove si addormentò sul freddo pavimento di marmo.
Freddo come l'inverno, freddo come il suo cuore ormai spezzato.

Sei mesi dopo
Giunse, ben presto il giorno delle nozze.
Giulia era  in abito bianco e con una ghirlanda di fiori candidi intrecciata ai capelli scuri, lasciati sciolti e abboccolati.
Gli occhi tristi.
Era sull' altare della cattedrale di Verona, mano nella mano con Riccardo.
Dinanzi a dio e a Padre Giovanni.
-Se qualcuno è contro questo matrimonio parli ora o taccia per sempre.
Formulò il frate, com'è consuetudine.
Issò i suoi occhi anziani in tutti quelli dei presenti.
-Io lo sono.

"Chi giudica non può aver amato mai."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora