The Hunger Shots

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SWIMMING TALE
CAPITOLO QUATTRO
“The Hunger Shots”

Lancio un'occhiata al salotto, alla cucina e alla mia camera: tutto in ordine.
I tappeti sono stati ripuliti dalle briciole, i piatti di sette mesi fa lavati, la spazzatura buttata via, il letto rifatto, i vestiti buttati nell'armadio e la cena sui fornelli - risotto istantaneo, bastoncini di pesce surgelati e il dolce in arrivo con Kyle.
E' tutto il giorno che aspetto con ansia il momento in cui il campanello suonerà e alla porta appariranno i miei filo-nipponici genitori, pronti a raccontarmi di tutte le loro mille avventure vissute a Tokyo in queste due ultime settimane in cui dovevano semplicemente “prendersi una pausa”. Se ogni volta che “prendo una pausa” io poi me ne andassi in giro probabilmente nel giro di una settimana vivrei sotto i ponti per il mio conto andato in rosso. Ecco uno dei vantaggi di vivere da solo: vacanze mie, problemi miei.
Sono una persona molto socievole, fidatevi.
Improvvisamente un tocco molto delicato - circa quattro cazzotti ogni tre secondi - mi risveglia dal mio stato di trance momentaneo dovuto alla stanchezza per aver lavorato tutto il pomeriggio per rendere il tugurio un po' meno tugurio, costringendomi ad allontanarmi dai fornelli per aprire la porta. Davanti a me Kyle, Dominik, Nico e Quentin se ne stanno tutti fieri con un sorriso stampato sulle loro facce da ebeti.
Bene.
– Che accidenti ci fate tutti quanti qui? – sbotto, guardando poi male Kyle. – Cosa ti salta in testa? Tra un quarto d'ora arrivano i miei, idiota!
– Sta calmo, ragazzo perennemente impanicato. – si lamenta parecchio fastidiosamente Kyle, entrando in casa buttando alla rinfusa giubbotto, borsa e scarpe. Io questo qui lo ammazzo. – Mi hanno accompagnato a prendere quello che mi hai ordinato e mi hanno accompagnato qui.
– Grazie per avergli fatto da scorta. – mi rivolgo ai ragazzi della Nyst, vergognandomi giusto un poco per la mia traversa da cucina con su scritto “miglior cuoco del Giappone”. – Vi chiederei di fermarvi, ma...
– Non lo farebbe comunque. – mi interrompe Kyle, avvicinandosi a me e portando il braccio sulle mie spalle.
Le regole, Kyle Adair.
Le stramaledette regole che abbiamo scritto per uno stramaledetto motivo.
– Sta zitto. – borbotto scacciando il suo braccio da me. – Devono venire i miei genitori. – concludo. – Un'altra volta sarete i benvenuti.
– Ehi Kyle, – Nico si permette di entrare in casa, mossa molto sbagliata, per poi andare verso quell'altro imbecille e indicare me. – Hai ragione, è proprio un ragazzo carino. In senso buono, ovviamente.
Sgrano gli occhi, indignato.
Basta, voglio tutti fuori da casa. Incluso Kyle Adair, spero sia chiaro.
– Grazie per la visita. – taglio corto, spingendo l'italiano fuori fingendo di dargli qualche pacca sulla schiena. – Ci vediamo lunedì, ragazzi.
Il trio canadese-norvegese-italiano agita la mano, sorridendomi e salutandoci con delle strane facce da “sappiamo come andrà a finire stasera”. Io chiudo la porta non appena muovono il primo passo verso le scale, rivolgendomi verso Kyle col cucchiaio di legno impugnato come arma: – Non fare più cazzate del genere!
– Del tipo? – mi domanda lui con un sorrisetto irritante sul viso, incrociando tranquillamente le braccia al petto.
– I tuoi amici qui senza preavviso e il tuo non rispettare quelle dannate regole. – borbotto, tornando ai fornelli solo per non mandare a 'fanculo anche la cena. Sarebbe il colmo.
– Andiamo, non ho fatto niente di sconvolgente, Anguilla.
– Questa è casa mia. Tu rispetti quello che dico io.
– Una volta non sarebbe stato così.
Mi sento malamente colpito da questa sua frecciatina, non mi pare fosse il caso di dire una cosa del genere. “Una volta” era quasi quattro anni fa, era quando io ero piccolo e non sapevo nemmeno come difendermi. “Una volta” era quando lui riusciva ad essere meno bastardo di quanto non sia ora.
– Una volta – riprendo serafico, non lasciando trasparire quest'amaro in bocca che sembra non volersene andare. – Grazie a Dio rimane tale. Lasciala dov'era, quella volta.
– Ti sei offeso? – borbotta ridacchiando, levandosi la felpa per andare ad accendere la piccola stufetta scrausa che uso in caso di caldaia rotta. Be', almeno sa rendersi utile anche all'ambiente che non solo alla deteriorazione della mia salute psico-fisica che ricordo essere sempre in via d'estinzione.
Non gli rispondo, mi preoccupo di spegnere i fornelli e sparire in camera mia per mettermi dei vestiti decenti. Facciamo il punto della situazione: i miei genitori non mi vedono da circa cinque o sei mesi, ovvero dalla cerimonia del diploma in cui mi hanno visto con i capelli corti, la tunica ben stirata e le scarpe tirate a lucido. Ora i miei capelli sono tutt'altro che corti, i miei vestiti li stiro sì e no quando nell'armadio mi rimane solo un calzino spaiato e la tela delle mie Converse bianche va a destra e la suola a sinistra. Forse sì, sarà un po' uno shock per loro ritrovarmi ad essere istruttore di nuoto, mezzo trasandato e convivente col mio ex ragazzo. Per chi se lo stesse chiedendo: sì, Thelma e Jim sanno che sono per metà gay. E se dico “per metà” è perché, dopo Kyle, loro sono convinti che io stia ancora con Iris. Forse l'analista servirà anche a loro.
Sbuffo, questa giornata sembra peggiorare di secondo in secondo. Per coronare il tutto poi non ho più nemmeno una maglietta disponibile perciò ricorro alla camicia d'emergenza e all'unico paio di pantaloni eleganti che possiedo da qualcosa tre anni. Già, non sono cresciuto molto, chiedo perdono.
Mi vesto così in fretta, mi pettino ed esco dalla camera. Di fronte alla porta, Kyle è seduto a gambe incrociate e si drizza in piedi non appena mi vede, venendomi vicino ad una velocità disarmante.
– Ci sono le sedie. – gli faccio presente ignorando l'insensata vicinanza. – Non serve che pulisci il pavimento col tuo didietro.
– Mi dispiace.
– Per?
Mi guarda dritto negli occhi, appoggiando poi la fronte sulla mia in un gesto di rassegnazione.
Giuro che mi sto trattenendo da dire il mio solito rosario.
– Le regole... – pigolo con una voce che farebbe ridere qualsiasi persona sana di mente, ma non riesco nemmeno a tenere salda la voce da quanto questa situazione mi stia soffocando.
– Puoi mandare a 'fanculo quelle regole per due secondi? – sbotta lui portando le sue mani dietro la mia schiena, spostando poi la fronte sulla mia spalla e chiudendomi quindi in un abbraccio che mi manda completamente fuori di testa.
Okay Hime: sei etero.
Ripetilo tante volte in quella testa da sirenetta manga che ti ritrovi: sei etero, Kyle Adair è solo un imprevisto e niente di più di una scocciatura, tutto questo non ti sta facendo alcun effetto e ti senti normale come al solito.
Fatto?
Bene, ora la finestra è quella. Buttati pure.
Perché diavolo questo Babau dei poveri si starebbe permettendo un tale affronto nei confronti della mia fragile psiche? Non ne ho già avuto abbastanza, insomma? Non gli ho chiesto né di farmi frecciatine strane né di scusarsi in modo del tutto inappropriato in seguito, ragion per cui non vedo il motivo sensato per questo suo gesto. In ogni cosa che fa, parola che dice o aria che respira, lui sembra farmi male senza però la sua volontà. Forse lo fa apposta, forse no, ma ogni sua azione finisce sempre per ritorcersi contro di me, sia essa buona o cattiva.
Io non posso più farcela contro un ragazzo del genere, riuscite a capire?
Tutto quanto va a farsi fottere ogni volta che lui è con me: il passato torna e il presente sembra fermarsi solo per farmi capire che, volente o nolente, a ciò che è stato io sono ancora attaccato come una cozza.

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