Quegli occhi verdi

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- Che cosa stai dicendo? - Chiedo con voce acuta mentre lo vedo rigirarsi la busta da lettere fra le dita.

- La verità. C'è una profezia che dice che morirò dopo il suono di quattro colpi. -

- Non crederai a questa scemenza? - La mia voce è incredula, mentre John porta la mano sulla mia spalla nel tentativo di tranquillizzarmi.

- Non ci credevo, finché non è successo. Hanno bussato quattro volte, ed io ho assorbito un'ondata di radiazioni per salvare un amico. Un normale essere umano sarebbe morto sul colpo, ma io... posso resistere ancora. - La sua voce inizia a tremare e così anche le sue mani e le sue braccia. Fa un passo all'indietro e le sue ginocchia cedono. Il disastro deve essere accaduto da poco, e deve aver resistito troppo a lungo, perché solo adesso si notano i segni di sopportazione. Lo reggiamo entrambi prima che possa cadere rovinosamente a terra. - Sarei passato comunque a salutarvi... prima sono stato da Jack per dirgli addio, e da tutte le persone che ho conosciuto. Non avevate bisogno di rovinare un campo di frumento per... trovarmi. - Con il nostro aiuto si rimette in piedi e cerca di resistere ancora, solo per poterci dare l'addio adeguato che l'anno prima non era riuscito a darci.

- Sei un alieno e hai più di novecento anni, non puoi fare davvero nulla per rimediare? - Chiede John con un tono pacato, mentre lo guarda tenere lo sguardo puntato contro le proprie solite scarpe di tela.

- Noi Signori del Tempo abbiamo un modo per sopravvivere, ma le radiazioni sono state troppo potenti e non avrò abbastanza energia per ricorrere a questo rimedio... tutti muoiono, ragazzi. Anche i Signori del Tempo. - Tremante infila la busta da lettere nella tasca del suo cappotto marrone, poi allunga una mano verso la porta del Tardis e si regge ad essa per non cedere nuovamente sulle ginocchia. - A parte Jack Harkness, ovviamente! - Esclama nel tentativo di risultare spiritoso come sempre, ridacchiando appena, ma non riuscendo a contagiarci, data la nostra sorpresa e la nostra paura.

Ed eccolo lì, il Dottore, il Signore del Tempo di novecento anni, l'uomo che ha rischiato tutto e tutti per salvare John Watson, l'uomo che affronta i pericoli terrestri e extraterrestri per salvare vite, l'uomo che evita disastri, battaglie, l'uomo che vince senza usare la forza, e l'uomo che adesso ha dato la sua vita per salvare un amico. Posso anche aggiungere, colui che mi ha dato quelle dosi di adrenalina e di avventura che non provavo da tempo.

Mi sarebbe mancato?

Assolutamente sì.

- Non so quanto tempo mi rimane... sto riuscendo a salutarvi tutti, a gioire per la vostra bella notizia. Mi sarebbe piaciuto essere presente. - So che vorrebbe piangere, ma non lo fa, o almeno... non vuole farlo davanti a noi. Ma probabilmente, appena tornerà nella cabina, si lascerà andare.

- Avremmo voluto ci fossi. - Mormoro non riuscendo più a guardare quei suoi occhi anziani senza riuscire a vederli spenti dalla morte.

Goditi il tuo coinvolgimento, Sherlock.

Stai zitto, Mycroft.... Stai zitto, ti prego.

- Lo so. - Deglutisce a lungo prima di portare un piede all'interno della cabina, senza staccare i suoi occhi stanchi da noi. - Mi dispiace non avervi salutato come si deve l'anno scorso. - Le sue colpe, eccole. Si sente in colpa per come ci ha lasciati, e prima di morire vuole assicurarsi che lo perdoniamo.

Non serve scusarsi.

- Dove andrai adesso? - John è visibilmente preoccupato. La sua espressione somiglia a quella che aveva il giorno in cui io stavo per prendere quell'aereo. Tutte quelle parole non dette, quei silenzi e quelle lacrime trattenute. Non voleva piangere nemmeno lui.

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