Sei mai stato a Praga?

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Prima di poterci dedicare totalmente alla ricerca dell'Angelo, il Dottore ha impostato delle coordinate sullo scanner e ci siamo diretti proprio lì, ho tenuto uno sguardo confuso per tutto il viaggio. Quando la cabina si è fermata, si è infilato il cappotto e io l'ho seguito, ma lui mi ha fermato sulla porta, sollevando una mano e sospingendomi leggermente all'indietro per evitare anche che vedessi l'esterno. Perché, sì, non voleva che vedessi.

- Tu devi aspettarmi qui. - Ha detto con tono severo.

- Dove siamo? - Ho chiesto, infastidito dal suo comportamento autoritario.

- Devo solo lasciare un messaggio, tu aspettami qui, ci metterò due minuti esatti. Non toccare niente in mia assenza! - Che cosa sarebbe successo se non lo avessi ascoltato? Date tutte le cose che mi aveva detto sui paradossi e sui possibili disastri che sarebbero accaduti se qualcosa sarebbe andato storto... ho deciso di indietreggiare con le mani dietro la schiena ed annuire, mentre il suo dito indice mi puntava contro. Mi ha sorriso leggermente, poi è uscito richiudendosi la porticina alle spalle.

È tornato dopo due minuti esatti, come aveva promesso. Ha esclamato un "Possiamo andare!" e poi ha completamente evitato l'argomento. E di conseguenza l'ho evitato anche io.

Il rilevatore di tempo transitorio è accesso da ore e non abbiamo ancora riscontrato nessun segnale, nessun "ding" che ci indicasse che siamo vicini alla nostra preda. Il Dottore lo ha lasciato acceso e appoggiato alla console, in attesa di sentire un minuscolo suono. Mi ha spiegato che avrebbe collegato il congegno al Tardis in modo da avere le coordinate della provenienza del segnale. Ma avremmo dovuto aspettare.

Mi sono sistemato sulle sedute e continuo ad osservare le lucine del rilevatore, sperando di fargli emettere un piccolo suono solo con la forza del pensiero. Il Dottore è in piedi e gli punta contro il cacciavite sonico, poi sospira.

- Ancora niente. - Mormora sedendosi accanto a me ed infilando combattuto il cacciavite sonico nella tasca interna della giacca.

- Quanto potrebbe impiegarci? -

- Questo non lo so. Potrebbe volerci poco, come potrebbe volerci molto. - Annuisco e mi zittisco, fissando un punto indefinito del pavimento. Il Dottore non smette di guardarmi, non percepisco i suoi pensieri finché non mi pone quella domanda:

- Hai paura? -

- Figuriamoci se ho paura di strane creature che... -

- Non delle creature. Hai una costante paura di perdere John. - Rimango in silenzio. È fottutamente vero. Ma lui mi sorprende con un'altra affermazione. - Non solo ora che non c'è, ma da sempre. Le tue azioni fino ad adesso lo dimostrano. Ma non hai solo paura. Lo difendi come se ne dipendesse la tua vita, fai dei sacrifici per tenerlo al sicuro. Magnussen... il tetto del Bart's... - Oh certo, adesso è tutto chiaro. Mi sfugge una risatina leggera e nervosa mentre strofino le mani fra di loro e punto lo sguardo sulle lucine lampeggianti del rilevatore, accuratamente poggiato sulla console.

- Non sei tornato indietro solo per Barbarossa quella volta, vero? - Lui scuote la testa e la mia tesi è finalmente confermata. Non mi ricordavo affatto della sua presenza in quei momenti così cruciali della mia vita. O meglio... era nascosto bene e non ho affatto visto la sua faccia.

- Ho assistito anche al tuo ritorno dopo i tuoi due anni di assenza. Ho notato la delusione nei tuoi occhi quando hai visto che John avrebbe fatto la proposta di matrimonio a Mary. - La scena si ripete come in un loop nella mia mente, proprio nello stesso momento in cui il Dottore la racconta. - Ero tra i clienti, seduto ad uno dei tavoli. Ho visto che quando è arrivata Mary... ho visto che stavi trattenendo le lacrime. Eri in un angolino a fissarli e non riuscivi ad accettare quella cosa ma nonostante tutto hai pensato, e so che lo hai pensato, che se lui era felice con lei, allora andava bene per te. - I miei occhi si inumidiscono e cerco di nasconderlo voltando la testa e attenzionando ogni dettaglio della cabina, come se le pareti del Tardis mi interessassero davvero. Sono comunque bravo a trattenermi. Le lacrime sono rimaste al loro posto, nessuna di esse è scivolata lungo i miei zigomi, riesco a controllarmi... ma non a nascondere il notevole senso di malinconia che la mia espressione fa trasparire. - Ti sei preso un attimo per tornare la persona di sempre e hai fatto la tua improvvisata. - Dopo qualche secondo di silenzio sento la sua mano che prontamente si poggia sulla mia spalla. - Volevi dirglielo quella sera, vero? Volevi confessare tutto. - Forse avrebbe voluto darmi conforto, ma io reagisco e mi alzo, raggiungendo a passo svelto l'altro lato della cabina. Non mi volto verso di lui, sento ancora gli occhi pungere e non voglio che se ne accorga. Il suo sospiro arriva forte e chiaro alle mie orecchie. - Non c'è niente di male in quello che hai fatto quella sera, Sherlock. -

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