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Sharlene Johnson si alzò di scatto dal letto temendo di essere in ritardo nel primo giorno di riprese, davvero un ottimo inizio.
La regista, il tassello più importante del film che arriva in ritardo, il primo giorno di lavoro con attori veri oltretutto!
Trovò sul bordo del letto un outfit molto estivo: una canotta di quelle costellate da piccoli buchi con sopra la bandiera americana, degli shorts strappati sui bordi, delle sneakers rosse e un paio di occhiali da sole con le lenti colorate.
Impallidì alla vista di quei vestiti così, come dire, scollati.
Cominciò a frugare nella sua valigia alla ricerca di un outfit molto più consono, ma trovò un altro biglietto a fermarla.
Diceva: Ah ah, mossa sbagliata Johnson. Indossa quei vestiti che tanto fa caldo, altrimenti vengo a prenderti io!
La stessa scrittura di Robert Downey Jr era riportata lì sopra, facendo sedere la ragazza per terra davanti alla valigia aperta e ricolma di vestiti che avrebbe voluto indossare, ma non riusciva a non obbedire a qualcuno.
Sapeva che lui era davvero capace di venirla a prendere e vestirla con le sue mani, ma doveva obbedirgli.
Odiava le persone, però ubbidiva ai loro ordini come il più fedele dei servi. Non conosceva la parola no o non voglio farlo, esisteva solo il compiacere gli altri anche se questo implicava imporle un disagio enorme come in questo caso.
Però odiava tutti, questo era il problema.
Sorridere per nascondere lo sguardo omicida, questa la regola.
Si sentiva felice quando rendeva felici gli altri, nonostante odiasse qualunque essere dotato di mente pensate. Perché Sharlene nella sua vita aveva incontrato solo persone ignoranti mentre lei tratteneva a stento un intelletto mica da ridere, e questo la faceva infuriare. Perché le persone non pensano? Che vita noiosa fanno? Quanto odio verso le persone le si era creato attorno quando non capiva perché le persone ridevano per cose futili come una battuta.
Tutto ciò non esisteva con Robert, almeno, in parte.
Un passo verso di lui e uno dentro la sua timidezza.
Quasi con mani tremanti si spogliò, lasciando il reggiseno per essere coperta sotto la canotta che aveva la zona delle ascelle larghe, la fascia del reggiseno le si vedeva appena.
Con le guance come ciliegie infilò i pantaloncini per coprire le sue discutibili mutandine con sopra la faccia di paperina e infine indossò un paio di calze prese dalla sua valigia, nascondendole sotto le sneakers.
Inforcò gli occhiali da sole, mettendoli sopra la testa come un cerchietto e non degnò di uno sguardo i suoi capelli perché stranamente erano sempre perfetti.
Si lavò i denti in fretta e furia, spruzzandosi il suo profumo preferito portatosi direttamente da Bradford.
Finalmente non c'era più Herbert Price che le urlava dietro di non indossare quel profumo perché gli faceva venire il mal di testa.
Tirò fuori la sua borsetta a tracolla e ci infilò dentro portafogli e cellulare.
Le attrezzature da regista di solito erano già sul set, quindi doveva presumere che il copione era già la e la sua sedia pure.
Corse giù per le scale per poi uscire in una Los Angeles davvero torrida.
Si avvicinava il Natale e in quella dannatissima città era ancora estate, da non credere.
Non fece in tempo a correre verso la sua Citroën che già un uomo di media statura, cappello da baseball in testa, collana con ciondolo a forma di cerchio, maglietta blu smanicata che lasciava intravedere dei bei bicipiti accompagnata da dei pantaloni che arrivavano fino al ginocchio e delle scarpe da ginnastica la bloccarono sul posto.
Sharlene era con la bocca spalancata e le chiavi della macchina ancora in mano.
L'uomo sfoderò un sorriso disarmante e lasciò correre lo sguardo sul corpo seminudo della ragazza che istintivamente si portò le braccia al petto, come se non ci fosse la canotta a proteggerla dalla nudità quasi assoluta.
-Devo dire che ho scelto bene.
Si staccò dalla C3 su cui era appoggiato e si avvicinò a Sharlene che ad ogni suo passo sentiva il cuore fermarsi sempre di più, la pressione che la schiacciava al terreno.
-Che ci fai qua Robert?
Mormorò imbarazzatissima lei.
Esso spalanco le braccia e alzò un sopracciglio, sporgendosi verso di lei.
-Ti porto sul set mi pare ovvio. Sono la tua sorta di guardia del corpo, e che corpo.
Osservò lui, ammiccando sul fisico snello ma pur sempre bello della ragazzina che abbassò il capo guardando con insistenza il terreno per distrarsi dal disagio in cui l'aveva messa Robert Downey Jr consigliandole di vestirsi in quel modo.
Non poteva disubbidirgli, anche se lui di certo non le avrebbe fatto del male se avesse disubbidito anche ad un suo semplice consiglio.
E se invece le avrebbe fatto del male? Si fidava un poco, ma rimaneva pur sempre uno sconosciuto nella vita normale per lei e questo la spaventava più di tutto.
Aveva paura di scoprire chi era dietro l'etichetta di attore famoso.
Non voleva rischiare anche se forse riteneva che rischiare assieme ad una persona così sprezzante del pericolo come Robert fosse un'avventura indimenticabile, ma sia il suo cuore che la sua testa la tiravano via dalle braccia di Downey.
Il cuore la trascinava per la vita e il cervello le tappava la bocca mentre nel suo volto si creava un espressione di dolore, rimpianto e pentimento con le lacrime che come perle uscivano dai suoi occhi verde smeraldo.
Le mani protese verso il suo Robert che diventava un puntino indefinito.
Una mano sulla spalla quasi scoperta la ridestò da quella sorta di visione alquanto depressiva.
Sentire quella pelle calda e morbida strusciare sulla sua le fece venire la pelle d'oca e già il primo piede era pronto ad indietreggiare, ma il sorriso rassicurante e gli occhi luminosi di Robert le fecero cambiare idea.
-Andiamo?
Sharlene annuì e seguì la schiena muscolosa dell'attore fino alla sua macchina, la testa sempre pronta ad abbassarsi nel caso lui le avrebbe chiesto di fare qualcosa o semplicemente di fissarla negli occhi.
Aprì l'auto e guardò di sfuggita il posto guida, quello che amava, sapendo che sarebbe stato occupato da Robert, stringendo le labbra e abbassando lo sguardo per sospirare piano prima di aprire la portiera del passeggero.
Non voleva chiedergli di guidare lei, non ne aveva il coraggio.
Era già pronta a sedersi sul sedile quando Robert, che stava per fare la sua stessa azione solo per mettersi alla guida, le parlò.
-Vuoi guidare tu?
Sharlene alzò di scatto il viso verso di lui e meccanicamente rispose di no, troppo in fretta e con troppa enfasi.
Downey sospirò e alzò l'angolo della bocca con uno sguardo dolce come il miele.
-Si che vuoi guidare invece, ti cedo il posto allora.
Sharlene rimase stupita e bloccata sul posto, fissando con confusione Robert che d'altro canto passò davanti al cofano della macchina per posizionarsi davanti a lei e accarezzarle con due dita il dorso della mano.
-Se sto facendo una cosa che non vuoi che faccia dimmelo, okay? Sharlene, io so che tu sei una ragazza davvero timida e per te è difficile anche solo chiedere se si può comprare una bottiglia d'acqua, ma con me sei totalmente libera di prendermi a schiaffi se ti faccio arrabbiare o ti metto in imbarazzo con qualche battutina scema.
Strofinò gentilmente le mani sulle braccia della ragazza, la sua espressione da padre che conforta la figlia impressa sul volto quasi la facevano sentire a suo agio.
-Ti aiuterò io se non ci riesci da sola, ma non abbassare mai lo sguardo quando una persona ti parla perché hai il diritto di guardarla in faccia e comunicarle con gli occhi se sei d'accordo o meno.
-Okay.
Rispose velocemente lei, sentendosi in doveroso debito con l'estrema premura nei suoi confronti da parte di quell'uomo che a malapena la conosceva.
Sentiva che la battaglia a cui andava incontro Robert non era affatto facile, ed era contro il suo carattere sbagliato a cui andava incontro.
Sharlene non voleva fargli del male in quella battaglia, perché si sentiva dentro che doveva in qualche modo difendere il suo essere e quindi questo implicava mettersi contro colui che la voleva aiutare.
Si sentiva come un gattino intrappolato in un abbraccio, l'abbraccio di Robert.
Se non errava poteva scommetterci che nonostante i graffi, nonostante il dolore, Robert Downey Jr era l'unico a saper soffrire in silenzio per aiutarla e proteggerla dentro quell'abbraccio.

*ieri non andava internet e ho dovuto riscrivere il capitolo precedente sul cellulare, cosa che non auguro a nessuno. Prima di scrivere questo capitolo ho parlato chiaro al mio IPad:"Okay bello, prova anche solo a dirmi che non posso pubblicare e finisci in discarica!" Quando bisogna essere sinceri, bisogna essere sinceri. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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