Capitolo 6

598 51 0
                                    



6.


Il tran tran della vita in campagna, con le sue scadenze fisse e giornaliere, divenne piacevole e confortante.

Tutte le mattine mi alzavo presto, facevo una passeggiata tra i campi innevati, aiutavo Rey nella stalla e davo da mangiare a nonnina.

Lui preparava i pasti – ero ancora troppo inesperta, per farlo – e si dedicava alla preparazione dei formaggi.

Nel pomeriggio, pensavamo alla legna, alle pulizie e a qualche saltuario viaggio a Cork per fare spese o vendere la sua mercanzia.

Incontrare le persone del mercatino rionale, in cui Rey era solito portare il formaggio, fu appagante quanto sorprendente.

Tutti mi trattarono con estrema gentilezza, alcuni mi regalarono prodotti delle loro fattorie ma, più di ogni altra cosa, scorsi nei loro occhi l'affetto nei confronti di Rey.

Era benvoluto da tutti, e da tutti rispettato e apprezzato.

La sua famiglia era stata davvero folle ad averlo denigrato a quel modo, per la scelta compiuta anni prima di prendersi cura della fattoria.

Non mi sarei mai e poi mai capacitata di un simile comportamento ma, d'altro canto, non era compito mio comprenderli.

Inoltre, con esempi quali Muath e Tethra alle spalle, di cosa mi stupivo?

Mentre le settimane si susseguivano le une sulle altre, e il mio baricentro tornava a riequilibrarsi, riuscii persino a trovare divertenti gli scherzi di Rey.

Se, sulle prime, il suo prendermi in giro, o lo sfruttare la mia ignoranza in materia di modi di dire, mi irritò, col tempo iniziai a provare un piacere sempre maggiore.

Era divertente e appagante pensare al tempo che mi dedicava, tentando di tirarmi sempre su di morale quando mi vedeva mogia o abbattuta.

O dandomi man forte, quando i ricordi di Mag Mell mi portavano a grondare rabbia e senso di rivalsa.

Più di una volta lo scoprii a guardarmi, mentre mi allenavo dietro casa.

Appariva meditabondo, o affascinato, non avrei saputo dirlo, intendendomene così poco di umani.

Ma, ogni qual volta lo trovai fuori per guardarmi durante gli allenamenti, mi sentii stranamente confortata.

Protetta, mio malgrado.

Un'altra cosa che trovai divertente, quanto appagante, fu prendere lezioni di guida da Rey.

Fu interessante utilizzare la sua jeep e per quanto, sulle prime, comprendere l'uso del cambio fu un po' macchinoso, alla fine riuscii a non combinare guai.

O quasi.

Naturalmente, guidare per strada mi fu impossibile – non avevo la patente – ma, avanzare lungo le strette stradine sterrate della sua proprietà, mi diede gioia.

Come a lui diede soddisfazione vedermi così felice.

Non gliene chiesi mai il motivo, ma i suoi occhi parlarono per lui più delle mille parole non dette tra di noi.

A cosa sarebbe servito parlare, quando avvertivo solo serenità e pace, attorno a noi?

Ciò che, però, mi colpì più di tutto, tra i mezzi di trasporto di Rey, fu la sua Harley Davidson.

Blu e bianca, dal motore cromato (aveva detto così, Rey?), e con rifiniture di pregio sul manubrio, spiccava come un'opera d'arte in mezzo al resto dei veicoli.

Eternal dream - Irish Series Vol. 4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora