Chapter 4

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«Abigail, schiaccia!» urla l'allenatore seguendomi con lo sguardo. Prendo la rincorsa e, dopo l'elevazione, colpisco la palla con un colpo secco, deciso, sfogando tutta la tensione accumulata in quella giornata.

«Ottimo.» si complimenta, dedicandomi un cenno del capo.

«Grazie Mister.» borbotto semplicemente, strofinando le mani sulla canotta.

La pallavolo è da sempre il mio sport preferito. Per qualche ora riesco a liberare la mente da qualsiasi pensiero, che sia negativo o positivo. In più, è uno sfogo. Un modo per staccare la spina.

«Perfetto, ora dividetevi in due squadre che giochiamo.» afferma l'uomo sui trent'anni, incrociando le robuste braccia al petto.

«Amie, Pearl, venite da noi?» domanda America alle due ragazze, nonchè nostre grandissime amiche, attirando la loro attenzione con una mano.

Le due si scambiano un'occhiata, prima di annuire e raggiungerci. «America, la risposta mi sembra scontata.» ridacchia Pearl con il suo accento inglese, avvolgendo le mie spalle con un braccio. «Concordo con lei.» mormoro in risposta, dedicando un occhiolino ad America.

Si aggiungono alla nostra squadra Yves e Joe con cui raramente mi sono trovata a parlare, ma fortunatamente sono bravissime.

Un fischio segna l'inizio della partita. «3 set da 25.»


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«Per oggi abbiamo finito ragazze, potete andare. E mi raccomando, non mancate al prossimo incontro.» afferma l'allenatore, prendendo al volo il pallone che gli restituiamo.

«L'unica cosa che voglio ora è infilarmi sotto la doccia.» borbotta America con la lingua praticamente a terra, tenendosi con una mano la fronte umidiccia mentre, insieme, ci avviamo verso gli spogliatoi.

«Ci vorrebbe un bel bagno con il ghiaccio.» sussurro io, aprendo la porta. A passo svelto camminiamo verso gli armadietti, prendendo da essi i borsoni che posiamo successivamente sulla panca. Mi privo della divisa e la butto a caso in una sacca nera, per evitare che impuzzonisca i vestiti puliti.

Indosso l'accappatoio nero e slego i capelli, lasciandoli cadere lunghi sulla schiena. Afferro il bagnoschiuma e lo shampoo e alzo lo sguardo su America.《Ci vediamo dopo.》sussurro semplicemente prima di voltarmi e dirigermi verso le docce.

Un'ora dopo.

«Te lo giuro!» esclamo in una risata, stringendo in una mano la tracolla del borsone. Sono le 18:00 scarse, per questo io e America abbiamo deciso di andare a prendere un caffè da Starbucks per recuperare le forze perse.

«Abigail! America!» una voce familiare ci chiama, facendoci voltare e rimandare il nostro discorso.

«Amie, che succede?» domando aggrottando la fronte, lanciando uno sguardo anche a Pearl che l'affiancava.

«Stasera volete venire da Karol's? Siamo un piccolo gruppo di amici e ci farebbe piacere se vi uniste anche voi.» spiega lei, gesticolando di tanto in tanto.

«Dai dai, vi prego.» mormora Pearl, sporgendo teneramente il labbro inferiore.

Sposto lo sguardo su America, come a chiederle cosa ne pensa. Lei alza le spalle e accenna un piccolo si con il capo. «Va bene, ci saremo. A che ora?» domando tornando a guardare le due ragazze dinnanzi a noi.

«Alle 21, non fate tardi o vi veniamo a prendere per capelli.» ci punta un dito contro Amie, ridacchiando prima di afferrare il polso della mora trascinandosela dietro mentre si allontanavano da noi.

«A stasera!» le salutiamo in una risata, riprendendo a camminare verso la caffetteria.

«Speriamo almeno che questi "amici" siano carini.» mormora America, sottolineando la parola "amici" sia con il tono di voce sia simulando delle virgolette con le dita.

«La solita.» affermo roteando gli occhi al cielo, dandole una piccola gomitata. «Perchè vorresti dirmi che non ti piacerebbe rimorchiare stasera?» domanda lei alzando un sopracciglio.

Beh, come facevo a dirle di no. Non mi sarebbe mica dispiaciuto conoscere un ragazzo sexy.

«Ma che domande sono.» esclamo ridendo, fermandomi sul ciglio della strada. «Veedila, che troia.» continua, beccandosi un'occhiataccia da parte mia. «Ah giusto, scusami, sono stata io ad aprire questo discorso.» borbotto arricciando leggermente il naso.

«Okay okay chiudiamo qui questo discorso.» dice velocemente dandomi un piccolo colpetto sul braccio prima di attraversare la strada.

«Che pazieenza.» canticchio guardandola per un secondo per poi seguirla, ovviamente dopo essermi assicurata che non passi nessuna macchina.


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«Sono a casa!» urlo varcando la porta d'ingresso, chiudendola alle mie spalle. Nessuna risposta. Poso le chiavi nel piattino presente sul mobiletto lì vicino e appendo il giubbotto all'appendiabiti.

«Collin!» esclamo chiamando mio fratello, percorrendo a piccoli passi il corridoio. Anche questa volta non ottengo alcuna risposta.

Sarà uscito con gli amici.

Una volta costatato di essere sola, vado in salotto e mi butto a peso morto sul divano, accendendo successivamente la televisione.

Giro tra i canali alla ricerca di qualcosa di interessante quando un rumore proveniente dal piano di sopra attira la mia attenzione. Aggrotto la fronte e scatto, abbassando leggermente il volume.

«Collin non è divertente cazzo!» esclamo sugli attenti, deglutendo il groppo formatosi in gola.

Ad un certo punto una mano si posa sulla mia bocca, tirandomi leggermente indietro, costringendomi quindi a posare la schiena contro il divano.

«Paura eh?» sussurra una voce rauca al mio orecchio, facedomi drizzare tutti i capelli. Provo a liberarmi dalla sua presa quando delle sonore risate arrivano fino alle mie orecchie.

«Victor sei un grande!» è mio fratello, sicuro. Finalmente quella mano si sposta dal mio viso, e io scatto letteralmente in piedi. Mi volto per guardare quella scena, completamente confusa.

Victor e Collin si erano nascosti dietro il divano, mi avranno sentita sul pianerottolo mentre parlavo al telefono, così hanno organizzato il tutto.

«Siete due stronzi. Ma come cazzo vi salta in mente oh!» urlo irritata, fulminando entrambi con lo sguardo.

«Ma dai sorellina, non te la prendere.» piagnucola venendomi incontro per poi avvolgermi in un tenero abbraccio. «Vi detesto quando mi spaventate.» sussurro alzando gli occhi al cielo, stringendolo a me.

Nonostante tutto, gli voglio un mondo di bene. Rimane pur sempre il mio fratellone.

Però continuavo a non spiegarmi quel rumore proveniente dal piano di sopra.

«Ragazzi, ma per il rumore al piano di sopra?» domando curiosa, allentando la presa su Collin, fino a mollarlo.

«È mio fratello, Christopher. È in bagno.» risponde semplicemente Victor, alzando le spalle. Scavalca il divano per sedersi comodamente su di esso, prendendo possesso del telecomando.

«È venuto a prenderlo e ha chiesto se poteva un attimo usare il bagno.» spiega invece mio fratello, facendomi annuire. Interessante.

Prima d'ora non ho mai visto il fratello di Victor. Considerando quanto fosse carino lui, voglio solo immaginare questo "Christopher".

«Capisco.» sussurro semplicemente, affiancando il moro sul divano.

Altri rumori, però, attirano la mia attenzione. Questa volta provengono dalle scale, sono dei passi. Deve essere lui. Infatti, poco dopo, una possente figura maschile compare nel nostro campo visivo, lasciandomi completamente a bocca aperta.

«Victor, andiamo.»

Porca puttana, posso morire ora.

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