Chapter 8

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«Siamo arrivati?» domando impaziente voltandomi a guardarlo mentre i Twenty Øne Piløts ci fanno compagnia con la loro musica.

Ormai sono dieci minuti che siamo in macchina e Johnathan non vuole assolutamente dirmi dove stiamo andando.

«Abbi pazienza, manca poco.» sarà almeno la ventesima volta che sento queste parole uscire dalla sua bocca.

«Hai detto la stessa cosa esattamente cinque minuti fa.» lo fulmino con lo sguardo, appoggiando la testa al sedile.

«Rilassati, ti piacerà.» sussurra infine spostando la mano dal cambio alla mia coscia che inizia lentamente ad accarezzare con il pollice.

Un tocco talmente rilassante e dolce che mi costringe a chiudere gli occhi e a non pensare più a nulla.

«Basta che ora non ti addormenti.» scoppia a ridere distogliendo per un secondo lo sguardo dalla strada per posarlo su di me. Apro nuovamente gli occhi e incontro subito i suoi.

Uno sguardo intenso e profondo che subito si interrompe poichè lui torna a guardare davanti. Un'incidente non rientrava nei nostri piani.

«Hai detto che devo rilassarmi. E le tue carezze funzionano alla perfezione.» sussurro con un piccolo sorriso stampato sul volto, posando la mano sulla sua per poi stringerla leggermente.

Dopo qualche minuto finalmente ci fermiamo.

«Che ci facciamo qui?» domando curiosa guardandomi intorno.

Siamo in un piccolo quartiere della periferia della città a me sconosciuto.

«Ti fidi di me?» risponde facendomi voltare verso di lui.

Domanda difficile questa.

«Dovrei?» fidarmi delle persone, ormai, è un'impresa per me. «Ti fiderai.» un ampio sorriso cresce sul suo volto dopo quell'affermazione decisa, poi scende dalla macchina e io faccio lo stesso chiudendomi la portiera alle spalle.

«Seguimi.» sussurra afferrandomi al volo la mano in una salda presa.

Ci avviciniamo ad un palazzo di quasi trenta piani e, silenziosamente, ci avviciniamo alla scala antincendio.

«Continuo a non capire cosa ci facciamo qui Johnathan.» borbotto confusa mordendomi il labbro inferiore per smaltire l'ansia che cresce in me.

«A breve capirai tutto, dobbiamo solo salire sul tetto del palazzo.» mormora tranquillamente come se fosse una cosa da niente mentre io sgrano gli occhi basita.

«Spero tu stia scherzando.» scoppio a ridere bloccandomi ai piedi delle scale. «Saranno 30 piani e passa!»

Il moro inclina la testa di lato sovrappensiero, poi si avvicina a me con un ghigno in viso. «Che f...» non riesco a finire la frase che lui mi prende in braccio a modi sacco di patate facendomi lanciare, di conseguenza, un piccolo urlo.

«Ma sei scemo!?» ridacchio dandogli qualche colpetto sulla schiena mentre inizia a salire le scale con una facilità impressionante, come se fossi leggerissima.«Dai che peso.» piagnucolo sporgendo il labbro inferiore nonostante lui non possa vedermi.

«Non è vero, ora zitta.» ordina dandomi un piccolo schiaffo sul fondoschiena mentre rideva. «Non si tocca il mio culo oh, nessuno ti ha dato il permesso.» lo rimprovero agitando leggermente le gambe nel tentativo di metterlo in difficoltà, ma nulla.

«Però devo ammettere che hai proprio un bel culo, complimenti.» come non arrossire a quel complimento che nasconde moolta malizia. Con quelle parole riesce a zittirmi e a mettermi, come sempre, in imbarazzo.

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