Capitolo 3

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Domani, quando si sentirà meglio, farò a Flavia un bel discorsetto sull'alcol e a Giorgia sui bagni.
Le ho lasciate su quella panchina quando ho visto gli altri arrivare, ma io ho davvero bisogno di darmi una ripulita. Sono completamente fradicia e purtroppo non è acqua, ma questo è chiaro anche standomi a tre metri di distanza, visto che puzzo come un cammello sudato. Inoltre piangendo sono sicura che il mascara sia già alla fase clown.
Mi dirigo verso l'unica fontanella di questo posto, che è anche abbastanza lontana e sopratutto poco illuminata, ma mi rifiuto di tornare in questo stato. Cammino sul brecciolino dando calci ai sassolini più grandi che incontro e procedo a testa bassa per non rischiare di fare bingo anche con le scarpe. Finisce sempre così, sono l'unica che invece di divertirsi è obbligata ad aiutare gli altri che eccedono e puntualmente si sentono male, forse sarò egoista ma a volte vorrei spassarmela anche io e non avere l'anima da crocerossina addossandomi il pudore che altri non hanno.
Alzo la testa e mi accorgo di una sagoma nera vicino alla fontanella, sta bevendo ed ha un braccio appoggiatovi. Deve aver sudato parecchio, perché sembra voler prosciugare l'acqua della fontanella, che è così vecchia da avere un flusso pari a quello delle mie lacrime quando vedo "Le pagine della nostra vita". Quando arrivo devo aspettare qualche secondo prima di riconoscerlo, si tira su e il vento sembra voler accarezzare uno ad uno i capelli della sua chioma castano chiara, anche se sono corti sono molto folti per essere un ragazzo. Inoltre non posso non notare che si sia iscritto in palestra a meno che non abbia chiesto quelle spalle al genio della lampada.
Appena Matteo si rende conto di me, fa un sorriso sfacciato, e se non lo conoscessi direi che vuole sfidarmi.
Sono nel panico.
Ho pensato a questa scena per tanto tempo, al momento in cui avrei rivisto il ragazzo, ormai uomo, a cui fui così legata, il mio migliore amico, il ragazzo che mi fece tanto soffrire e che con così tanta facilità riuscì a mettermi da parte per un'altra ragazza. Eppure adesso vorrei non essere qui, vorrei essere salvata da questo turbinio di emozioni e malinconia che mi attraversa le membra una ad una.
- Ciao Serena. - Dice per primo lui con voce profonda mentre si asciuga la bocca con un braccio.
- Ciao. - Riesco a malapena a rispondere.
La pausa dopo questo saluto sembra non finire mai, forse stiamo comunicando con la telepatia e non me ne accorgo?
- È tanto tempo, vero?- Continua lui con naturalezza, come se fossimo amici da una vita, come se volesse cancellare gli ultimi cinque anni ad ogni parola. Ma decido che non avrà da me la conversazione che spera, non farò finta che il passato non esista.
- Da quanto sei tornato?- Dico di getto. Ma che cazzo faccio? Chi mi da il diritto di chiederglielo? Devo tapparmi questa bocca.
Fa una sorta di risatina sconcertata, batte le ciglia lentamente e risponde:
-Subito al sodo, Serena. - Continua a sorridere con aria strafottente. Si avvicina leggermente a me, rendendola ufficialmente una conversazione. - Da due settimane circa.- Ancora una pausa. -E ci resto quì.-
Non so se sia una coincidenza, ma quando pronuncia queste ultime parole, mi guarda negli occhi, non come prima, ora sembra volerli penetrare.
Fissa lo sguardo su di me e io da debole come sono decido che il praticello sia un obiettivo molto più interessante da scrutare. Vorrei fargli altre mille domande sulla situazione che sta affrontando da ormai undici mesi, ma non so se mi risponderebbe. Le voci girano in fretta qui nel quartiere, e lui sa che la notizia debba essermi arrivata.
-Come sta Davide?- Gli chiedo. È incredibile quanto io sia sfacciata, ma è questo l'effetto che mi fa lui, non provo vergogna, non ho mai avuto freni davanti a Matteo.
Alza le sopracciglia, come a farmi capire che sapeva glie lo avrei chiesto, era solo questione di secondi - Accidenti Serena, sai che una conversazione tre due persone che non si vedono da tre anni potrebbe essere ben diversa? -
- E tu lo sai che invece di scappare da me con la coda tra le gambe, saresti potuto restare?-
L'ho sorpreso, e riuscirci non è una cosa da tutti. Rimane in silenzio e affievolisce lo sguardo come a farmi capire quanto io sia crudele.
- Già, ma non lo hai fatto. Facile non dare spiegazioni e far ricadere ogni colpa su di me, l'etichetta di "bastardo" non era di tuo gusto e me l'hai gentilmente concessa. - Continuo, e stavolta il sorriso beffardo lo ho io.
Matteo sospira arrendendosi alle mie parole pungenti. - Davide sta bene, cresce sempre di più e ha quasi imparato a camminare. -
Quanto è strano sentirglielo dire. Ma quando pronuncia quella frase non riesco a fare a meno di ammorbidirmi e di pensare a quel piccolino che adesso lo chiama Papà.
- Sono contenta per te. - Gli dico sinceramente.
- Già, Davidino è stato l'unico sbaglio fatto in vita mia di cui non posso pentirmi. - Ci risiamo, mi fissa come se volesse dirmi di più, ma non so se voglio sentire o capire l'allusione che sta facendo.
- Non tutti gli sbagli portano danni, visto?- Gli rispondo io, quasi a voler sollevare quel tono serio che si è creato.
- E tu lo sai meglio di tutti no? Il mio ti ha portato da Michael. - Adesso è più serio di prima e sembra anche..arrabbiato?
A queste parole non voglio più stare qui, la conversazione è andata oltre il previsto e voglio andare dal mio ragazzo. Annuisco velocemente e mi giro di scatto, sperando non noti il mio odore poco gradevole e mentre me ne vado camminando più veloce che posso Matteo mi urla dietro - Ci vediamo in giro, Serena!-
Non lo posso vedere ma so che sta mostrando i denti.

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