Capitolo 12

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Gli occhi di Matteo mi implorano e parecchi signori mi guardano impazienti. Sento il peso degli sguardi puntati su di me e Davide che continua a piangere.
-Signorina cosa aspetta? - Continua quel signore snervante. - Che il bambino scenda da solo?- Dice probabilmente ritenendosi divertente.
Alla fine devo solo salire lassù e spingerlo via, penso tra me e me.
- Piange perché è solo disorientato, non so come ci sia finito lì dentro!- dice Matteo continuando a riempire di pugni quel tubo di plastica viola.
- Ma io..soffro di vertigini.- Azzardo timidamente.
E non sono mai stata capace di arrampicarmi nemmeno su una sedia. Io e lo sport due cose opposte.
- Suvvia, saranno due metri e mezzo! Prenda coraggio. È abbastanza piccola da entrarci. -Continua il vecchio ridendo di me.
Guardo Matteo che rassicurando Davide sta pian piano placando il pianto isterico. Poi si gira verso di me.
-Te la senti?-
No! Preferirei morire piuttosto che arrampicarmi lì sopra.
Poi guardo quel vecchio che ancora mi prende in giro e inizio a prendere coraggio, ma a convincermi è lo sguardo tenero e impaurito di Davide.
Non voglio che per colpa mia cresca con il trauma delle giostre, dunque prendo forza e inizio ad arrampicarmi.
Mentre salgo con le mani tremanti noto con la coda dell'occhio che la gente si è radunata sotto di me, e questo non aiuta affatto la mia ansia. Socchiudo gli occhi per teletrasportarmi con la mente in un altro posto, non quì, non in questo parco, non così in alto, non a tirar fuori un bambino che ormai è meno spaventato di me e soprattutto non il figlio di Matteo.
Sono arrivata in cima e a gattoni noto con piacere di poter entrare nel tubo, non sono così grassa allora.
All'istante, la mia gamba inizia a vibrare mentre mi avvicino a Davide che ormai si è calmato grazie al sorriso consolatorio e dolce del papà, che adesso guarda me con la stessa espressione. Come se fossi un supereroe.
Cazzo, Michael. Sicuro sarà arrivato. E io sono quì.
L'agitazione per le vertigini va in fumo al sol pensiero che non vedendomi il mio ragazzo potrebbe avvicinarsi con la macchina verso casa di Giorgia, lo fa spesso per farmi fare meno strada. Non so come reagirebbe se mi vedesse quì, chissà se realizzerebbe chi è Matteo e se sarebbe geloso.
Arrivata al mio traguardo, afferro da dietro il piccolo Davide e lo abbraccio calmandolo del tutto. Il bordo della sua mini maglietta rossa era impigliata in una fessura microscopica.
-Tranquillo piccolino, ti porto via da quì.- Dico. - Non è successo nulla, lo vedi? È un gioco, adesso usciamo.- Continuo con il tono più consolatorio che riesco a fare, ma di solito non sono un asso con i bambini.
Appena scesi, mi accorgo di essere completamente sudata e vari ciuffi si sono sfilati dalla mia folta coda. Matteo si precipita a prendere Davide dalle mie mie braccia, che già pare essersi dimenticato di tutto ma mi fissa senza distogliere lo sguardo.
Chissà cosa pensa.
Non ho mai visto Matteo preoccuparsi così tanto per una persona, nemmeno per sua madre per la quale aveva una vera e propria adorazione. Ma deduco che quando si ha un figlio funzioni così.
Il telefono continua a vibrare e la visuale dello schermo conferma le mie supposizioni, Michael è arrivato.
-Matteo devo andare, ci si vede.- Faccio a lui con un gesto della mano sulla tempia. -Ciao piccolo, non ti cacciare più nei guai quando non ci sono io, altrimenti chi ti salva?- Faccio io ironica mentre scherzo dandogli un buffetto sulla guancia.
-Grazie Serena, davvero non..- Si blocca Matteo.
-Figurati, l'ho fatto per lui non per te.- Finisco andandomene in fretta e sentendo in lontananza quelle iene dei signori che già inventano romanzi mentre raccontano i fatti accaduti.
La gente continua ad entrare nel parco, effettivamente è l'unico della zona e quindi sono costretta a dare la precedenza alla gente che entra dal piccolo cancello blu. Anche io da piccola venivo quì con mio padre e quasi mi fa strano pensare a quanto tempo passasse con me prima. La tasca si muove per l'ennesima volta, ma se rispondessi Michael sentirebbe le voci frenetiche dei bambini.
All'improvviso sento una mano stringermi un fianco e tirarmi a se'.
È così che mi conquistava anni fa, è così che mi convinceva a stare sempre al suo fianco, ad aspettare che si accorgesse di me. Il suo braccio sinistro mi cinge le spalle mentre il destro la vita,  attirandomi il più vicino possibile a lui, tanto da sentire il suo corpo caldo sul mio.
Ma proprio tutto il suo corpo. Tutto tutto.
Il suo profumo scava una fossa dentro di me in cui mi sembra di seppellire tutto il buon senso assieme alla mia coscienza. Sento il battito del suo cuore che tambura sul mio cercando di batterlo sul tempo.
-Grazie davvero.- Mi sussurra all'orecchio sprofondando nei miei capelli e dandomi un bacio appena sotto il lobo suscitando pensieri che non dovrebbero esistere nella mia testa.
Io rimango lì impassibile, in preda allo stupore come solo lui sa fare e so solo di non avere la forza di staccarmi.
Non so quanto sia durato l'abbraccio, ma è Matteo a staccarsi per primo da me lasciandomi una sensazione di vuoto incolmabile che quasi mi fa sussultare, ma appena mi giro capisco il perché.
C'è Michael, lì di fronte a noi.

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