XIV

454 36 6
                                    

Un incubo mi strappò dal sonno,
ero madida di sudore e respiravo a fatica.
Erano tre notti che continuavo così, tardando poi al lavoro la mattina successiva e rovinandomi la giornata.
Restai immobile, sperando che l'incubo facesse il suo corso e mi lasciasse andare, spalancandosi sul soffitto della mia stanza vuota...

"Tu ora sei mia. Mia in tutti i sensi, come donna, come giocattolo e come possedimento. Non ti lascerò scappare mai più. Mai!"
La mano sulla mia bocca si strinse, facendomi urlare dal dolore, un grido senza suono.
Subito dopo Vito mi schiaffeggiò tanto forte da farmi cadere sul letto.

"Aspetta."
Sussurrai, prima che provasse a toccarmi di nuovo.
Scivolai sul pavimento e quando lui riprovò a picchiarmi indietreggiai d'istinto, mettendo le mani avanti.
Quel gesto lo spinse a fermarsi, a guardarsi dentro.
La bestia che era diventata scompariva, si affievoliva come la luce di una candela consumata, lasciando spazio ai sensi di colpa.
Vedevo ogni singolo turbamento cambiargli i lineamenti del volto, ormai lo conoscevo fin troppo bene.
Penso che in quel momento si sia odiato profondamente, forse perché provava davvero qualcosa per me.
D'altronde se non avesse provato nulla avrebbe continuato a picchiarmi fino a uccidermi, invece si era fermato dopo aver tentato.
Questo mi diceva molto sulla persona che cercava di diventare.
I suoi demoni erano ancora molti e forse ci sarebbe voluta una vita intera per sconfiggerli, ma Vito cercava in ogni modo di vincerli.
Mi tese la mano poco dopo e guardandolo negli occhi lo vidi tranquillo, anche se triste.
Accettai e lui mi tirò su in un solo gesto, stringendomi al petto.

"Ti avevo promesso di non farti più del male."
Constatò.
Io annuii, preda di mille emozioni contrastanti.
Mi rimbombava nella testa la frase di mio padre che durante i talk alla TV gridava 'chi ti picchia non ti ama!'
Ma pareva tutto così diverso ora.
Io sapevo che Vito picchiasse anche prima di conoscerlo; sapevo di che pasta era fatto, da quale stampo malvagio discendeva.

"Una mia amica è in ospedale, sono solo andata a trovarla."
Confessai, più per discolpare me che per mettermi in buona luce con lui, ormai non mi importava più cosa pensasse di me Vito Caruso.

"Portala qui."
Mi disse.
"Come?"
Avevo forse sentito male?
Giada mi avrebbe uccisa solo se avessi avuto il coraggio di proporglielo!

Tornai al soffitto della mia stanza, facendo passare la fantasia sulla realtà, tutto quello che Vito avrebbe potuto fare a Giada se l'avessi condotta alla sua villa.
Scossi la testa, cercando una posizione comoda che conciliasse il sonno.

🔸

"Sophie, mi servono i documenti di Girolamo De Vito, ti prego, in fretta."
Annuii al grande capo e corsi al computer.
Mi ci vollero quasi quindici minuti per trovare il file e stamparlo, Vito sarebbe andato su tutte le furie e io avevo davvero bisogno di un caffè.

Quando tornai in ufficio lui era impegnato in una conversazione telefonica, così ne approfittai per uscire velocemente dal suo ufficio dopo avergli lasciato i documenti sulla scrivania.
Lo vidi inarcare un sopracciglio ma feci finta di nulla.

Durante la pausa pranzo venni trattenuta da Vito, quindi niente pranzo né caffè.
Eravamo soli nel piano, tutti erano andati a mangiare.
"Che hai che non va?"
Mi chiese una volta entrata.
Era appoggiato alla scrivania con una matita tra le dita che rigirava scatenando il mio nervosismo.
Già avevo dormito poco, la mattinata era trascorsa tanto lentamente da farmi scoppiare la testa e ora il grande capo si metteva a giocare con quel giocattolo infernale.
Mi toccai una tempia che parve scoppiare sotto le mie dita.
Ero talmente stressata da mettere seriamente in dubbio la mia permanenza nella vita di quell'uomo.
"Sophie..."
Mi incalzò.
Scattai dalla sedia sulla quale mi aveva costretta a sedermi e puntai dritta su di lui.
"Sono stanca, stressata e in carenza di caffeina e quella stramaledetta matita mi sta facendo saltare i nervi!"
Urlai isterica.
Gli presi l'oggetto dalle mani e glielo spezzai proprio sotto al naso.
Lui sorrise e mi prese per i polsi.
"Forse hai solo troppa frustrazione da scaricare, che dici?"
La stanza era enorme, ma fare l'amore nell'ufficio del capo mi parve proprio una pessima idea.
"Di che hai paura?"
Chiese poi.
Riusciva a leggermi dentro solo con uno sguardo e sperai che non riuscisse a scorgere altro.
Mi prese per la nuca e mi baciò, trasportandomi molto lontana da quell'ufficio, dal mio stesso corpo.
Quando Vito mi stringeva trovavo pace da tutto quel tormento e mi chiesi se per lui non fosse lo stesso.
Avevo scelto quella vita per salvare mio padre e ora non sapevo più chi ero veramente.
Avevo fatto cose orribili solo per lui, per la sua approvazione forse.
Ma ora quello sguardo da predatore non mi bastava più, sentivo di essere migliore della sottomessa del mafioso, la mia vita non doveva andare così.
O tutto, od oblio.

🔸

La mattina dopo Vito mi lasciò a casa, forse comprensivo per il mio stato attuale.
Non avrei mai potuto prevedere che piega avrebbe preso la giornata...

"Signorina passami il sale, queste domestiche non sanno nemmeno cosa significa cucinare con sapore!"
Papà Caruso era scontroso.
Di recente non avevamo avuto molto rapporto, non dopo quella volta nell'ufficio di Vito.
Lo vedevo più stanco e più... cupo, per certi versi.
Se era simile a Vito potevo intuire che stesse tramando qualcosa.
Qualcosa di molto serio.

La mattinata passò veloce, mentre mi chiedevo che cosa stesse facendo Vito in quel momento, di sicuro non l'avrei rivisto prima delle dieci di sera...

Nel pomeriggio restai sola alla villa, mentre il vecchio Caruso uscì a passeggiare con il suo pitbull per le strade della città.
Malgrado tutto, sperai che non si cacciasse in nessun guaio, con quel suo carattere burbero e il passato così oscuro.
Tornò poco prima di cena, verso le sette e trenta.
Il cane era ormai spossato dalla lunga camminata ma l'anziano non parve soffrirne altrettanto, anzi, era più arzillo del solito; la passeggiata gli aveva giovato.
Improvvisamente sentimmo bussare alla porta della villa e pensai si trattasse di Vito che era tornato prima da lavoro per cenare con noi, così dissi alle domestiche che sarei andata personalmente ad aprire.
Il sorriso che aleggiava sul mio volto si spense immediatamente dopo aver aperto la porta... a mio padre.




Note.
Siamo arrivati a un punto cruciale della storia, ormai, quasi alla fine.
Proprio per questo ci tenevo a ringraziare le persone che mi hanno accompagnata in questo nuovo percorso, questo nuovo pezzo di cuore. ErminiaTerranova,
Stinacatpie,
Kidraj,
Lisidinard,
Grazie.
E grazie anche a tutti quei lettori silenziosi che hanno segnato in un certo senso tutto il mio percorso.
-cartesparse.

Respiro.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora