Solo Giada e Vito mi riconobbero.
Né i capelli biondi né gli occhi azzurri potevano camuffarmi di fronte a loro, non da così vicino.
Mi spuntò uno strano sorrisino beffardo, il fattore sorpresa era l'essenziale.
Mi avvicinai lentamente alla grande tavola apparecchiata.
Molti erano i delinquenti lì seduti, diciotto in tutto, compresa la mia migliore amica.
Misi i pugni sul tavolo, chinandomi leggermente, mentre Vito continuava a fissarmi in religioso silenzio.
Poi qualcuno parlò: "Bedda sei, ma che minchia vuoi?"
Era l'uomo seduto alla mia sinistra.
Sudato, goffo, ricordai vagamente di averlo visto quella volta in cui Vito mi schiaffeggiò in sua presenza.
Aveva più capelli bianchi di quanti ne ricordassi.
"Hai perso la lingua fetusa?"
Cominciai a ridere forte, gli occhi di Vito ancora puntati su di me, benché stessi guardando il tipo al mio fianco.
L'uomo fece scivolare una sua mano sudaticcia sul mio sedere, complimentandosi con mia madre per la prestanza fisica.
Sorrisi, scostandogli gentilmente la mano e rimettendola sul tavolo.
Presi il coltello da cucina che era a poca distanza da me e lo conficcai proprio in mezzo alla mano dell'uomo.
Fui rapidissima.
Tanto rapida che il mafioso non aveva avuto nemmeno il tempo di capire cosa stessi per fare.
Subito dopo urlò, proprio come fece Giada, dall'altro capo del tavolo.
Guardai lei, prima di riportare lo sguardo sul ferito.
"Non toccarmi mai più, picciotto."
Vito mi sorrise, sinceramente compiaciuto.
C'era una sorta di decadenza tra noi due, lui che apprezzava le mie nuove doti e io che non riuscivo a smettere di distogliere gli occhi dal suo sorriso.
Alcuni mafiosi si agitarono ma Vito li mise a tacere con un solo gesto della mano.
A quel punto si alzò da tavola, facendomi cenno di seguirlo.
Ancora una volta guardai Giada che sembrava avere uno sguardo colpevole.
Perché era lì?🔸
Un'altra sala, grande quanto quella da pranzo, fungeva da studio per Vito.
Spaziosa e con colori neutri dava un senso di pace che non mi sarei mai aspettata.
Enormi finestre davano luce alla stanza, affacciatasi su un grande panorama.
Di fronte a essi vi era una grande scrivania marrone e due poltrone. Alla mia destra invece, che ancora non riuscivo a muovermi dalla porta, vi era un divano in pelle color cammello.
Una grande svolta rispetto al color oro.Mi fece accomodare sulla poltroncina mentre lui si appoggiò alla scrivania a braccia conserte.
"Sophie..."
Parlò finalmente.
Dopo più di due anni risentivo la sua voce.
Cercai di non far trapelare alcuna emozione ma era davvero difficile.
Pensai a Pietro, al suo addestramento, agli uomini che avevo ucciso per arrivare lì, davanti a Vito.
"Mi devi una vita."
Gli ricordai.
Il suo viso si increspò leggermente, ma non fu un vero e proprio sorriso.
"Era questione di scegliere Sophie, o tuo padre o il mio. L'avresti fatto anche tu al mio posto."
Mi fece notare, tranquillamente.
"No. Non allora almeno."
Confessai, tranquilla a mia volta.
Sembrava una conversazione d'affari e non un gioco di vite.
"Perché Giada è qui?"
Continuai, quando notai che Vito prolungava il suo silenzio.
"Te lo spiegherà lei, se decidi di restare."
Restare?
Estrassi la pistola e saltai dalla sedia, nel medesimo istante Vito fece lo stesso.
Lui era molto più veloce del grassone che avevo accoltellato.
"Dove sei stata?"
Se qualcuno avesse potuto vederci in quel momento avrebbe notato solo due vecchi conoscenti che rivangavano il passato, ma se solo si fosse avvicinato avrebbe scorto le pistole, puntate vicendevolmente contro.
"Più vicino di quello che pensi."
Dissi.
Sapevo che i miei occhi vispi mi stavano tradendo, quel vantaggio mi eccitava.
Ero a pochi passi dalla libertà.
"Quanto vicina?"
Chiese ancora.Probabilmente stava riflettendo e forse stava anche arrivando da solo alle sue conclusioni.
"Pietro Basile ti dice niente?"
Sorrisi, per poi scoppiare a ridere.
Vedere la sua faccia deformata dalla cattiveria mi rese forte e sicura di me stessa.
Mancava poco.
"Mi hai tradita. Tutti i miei affari stavano andando a puttane e non sapevo perché quel bastardo di Basile fosse sempre un passo avanti al mio... sei stata tu. Mi hai venduto per una scopata e un pezzo di pane!"La mia pistola si avvicinò alla sua gola e così fece la sua.
Non mi importava di morire, a patto che Vito venisse all'inferno con me.🔸
Fu Giada a interrompere il nostro litigio.
Essa infatti entrò in sala senza nemmeno bussare.
Mi sorprese vederla camminare sulle sue gambe, l'ultima volta che l'avevo vista era ridotta piuttosto male.
Non urlò vedendo le pistole, segno che era con Vito da più tempo di quanto pensassi.
Si mise accanto a lui, come per schierarsi.
Chiese poi a Vito di posare la pistola, ricordandogli un episodio del quale non facevo parte, qualcosa che comprendeva solo loro due.
Mi sentii esclusa dalle uniche persone che pensavo di conoscere.
Vito posò la sua pistola ma io non abbassai la mia.
Giada mi guardò, aveva negli occhi uno strano dolore che non compresi.
Provava pena per me?
La mano stava per tremarmi, sentivo il formicolio nel braccio, segno che stavo per cedere e così posai la pistola, prima che Vito potesse intuire i miei punti deboli.
Ringraziai mentalmente gli insegnamenti di Pietro.
"Vi lascio sole, ho degli ospiti da mandare via, poi parleremo."
Concluse, guardando me.
Giada annuì senza sorridergli e Vito si allontanò.
Non era così che doveva andare.
A quest'ora Vito avrebbe dovuto essere steso per terra in una pozza di sangue e io diretta all'aereoporto.
Ma Giada era un imprevisto.
Mi prese le mani, stringendole forte e il suo odore mi espanse i polmoni, era da tanto che non sentivo odore di casa.
Mi feci guidare sul divanetto alle nostre spalle e ci sedemmo entrambe, mentre toglievo le mie mani dalle sue.
"Sophie, mi sei mancata così tanto... Noi pensavamo fossi morta!"
Noi?
Erano forse finiti insieme, quei due?
"Perché sei qui?"
Chiesi.
"È una storia lunga, penso che tu non sia pronta ad ascoltarla."
Mi arrabbiai.
"Parla o ammazzo te dopo di lui. Basta con le stronzate."
Lei strabuzzò gli occhi, in quel momento mi resi conto che lei era ancora la Giada di sempre, non contaminata dall'animo di Vito; no, non erano insieme."Vito venne in ospedale, dicendomi che ti aveva lasciato andare. Pensava che saresti tornata da sola ma tu non lo facesti. Mi chiese se sapessi qualcosa sul tuo conto e da lì cominciò tutto."
Tutto cosa?
Mi avrebbe davvero giovato sapere la verità?
Aprire il cassetto del passato e ripescare cose che avevo seppellito per sempre?
Forse in quel momento avrei preferito una bella bugia.
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Respiro.
Mystery / ThrillerSicilia, anni '80. Sophie è solo una ragazzina quando decide di mettersi tra suo padre e le avversità della vita. Questa volta il demone di Giacomo non è l'alcool o le scommesse nei locali malfamati, ma ha un volto e un nome: Vito Caruso. La ragazz...