Famiglia

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"Sono solo quattro pareti" è così che la maggior parte delle persone definisce la propria casa.Al suono di quest'ultima parola penserete ad ;amore, affetto, per me è l'esatto contrario.Ho sempre odiato casa mia,  perché quando ero piccola non accettavo il fatto di dovermi trasferire, e di dover lasciare una di quelle poche certezze, che si hanno quando tutto il mondo ti appare come una grande tela piena di colori.Ma soprattutto perché la nuova casa per me era un incubo.La odiavo. Non dal punto di vista estetico, ma perché  tutti i giorni c'era qualcuno che litigava, qualcuno che urlava,qualcuno che pregava Dio di poter andarsene da quel posto.Mia sorella ,la maggior parte delle volte, scappava e  si andava a nascondere sotto una quercia che si trovava su un campo dietro casa.La trovavi lì, con la testa appoggiata sul possente tronco dell'albero, a piangere e ridere disperatamente, perché non si spiegava come mai dovesse subire tutto quel dolore, cosa aveva fatto di male per dover soffrire così tanto?.
Me lo chiedevo anche io, ma per l'età che avevo non capivo cosa stava provando, potevo solo abbracciarla e sperare che smettesse di piangere.
Una volta cresciuta ho capito perché si andava a rifugiare su quella quercia, la nostra non era una famiglia normale, la nostra non era proprio una famiglia.Era solo apparenza di qualcosa che oramai era morto.
I miei familiari mi hanno sempre fatto sentire  come la pecora nera del gruppo, come se fossi una persona estranea a loro, come se fossi diversa.Un giorno allora feci una prova.Dissi a mia madre che stavo male e che non volevo pranzare, ovviamente non era vero, mi posizionai sul ciglio delle scale e osservavo quelle 4 persone che dialogavano tra loro, tanto amorevolmente, sembravano stare meglio senza di me, sembrava che io fossi  solo un peso per loro.
Però inizialmente non davo tanta importanza a questo fatto, pensavo che fosse solo una mia impressione.Ma mio fratello mi faceva capire che non mi sbagliavo, insultandomi e menandomi tutti i giorni, ma sorvoliamo . Alla fine mi ci sono abituata a mio fratello, ma a mio padre no.Essere derisa da mio padre, da una figura che dovrebbe darti conforto, mi uccideva giorno dopo giorno,  quel suo sguardo di odio,  quel suo guardami dall'alto in basso come se fossi solo un peso per lui.
Entrare in quella cosa, non casa, era per me più deleterio che altro.Ogni giorno dover subire sempre e solo lo stesso trattamento da parte dei miei genitori, come se io pensassi solo a me stessa, come se fossi la persona più egoista e egocentrica del mondo, mi faceva soffrire.Vedere che per loro tutti i miei sforzi erano vani, come tutte quelle volte che avevo provato a convincermi,  che prima o poi si sarebbe risolto tutto.Ero come un fantasma per loro, anzi ero invisibile.
Ogni volta che salivo le scale sentivo la voce insopportabile di mia madre.Appena mettevo il piede sul primo gradino, avevo  già voglia di correre via e di lasciarmi tutto alle spalle, senza guardami più indietro.Ma cercavo di farmi coraggio e mi ripetevo dentro la testa, come un motto di sopravvivenza, "Dai,tra due anni sarà tutto finito".Ma appena arrivavo in cima alle scale non c'era mia madre ad attendermi, ma quel quadro, quel maledettismo quadro, quanto lo odiavo, era il simbolo che mi ricordava come la nostra famiglia fosse solo apparenza.Sulla tela c'erano due rose e la statua del David contornate da una cornice color oro...ma una parte del quadro era totalmente squarciata da mille tagli, la mia mente molte volte si soffermava a ripensare a quel giorno, e ogni volta che lo facevo era come se venissi risucchiata dal quadro ed entrassi a farne parte, a far parte di quegli squarci che avevano lacerato anche la mia pelle. Ma l'incubo riprendeva vita quando rimanevo in camera da sola.Chiudevo gli occhi  e sebbene fossero passati mesi da quel giorno,sentivo ancora le urla strazianti di mia madre che imprecava Dio,  e mio fratello che provava a parlarle ma  era come se parlassero un'altra lingua, troppo lontani per capirsi ma troppo vicini per uccidersi.

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