Capitolo 46

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Un'ora dopo sentii qualcuno bussare alla mia porta

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Un'ora dopo sentii qualcuno bussare alla mia porta. Mi alzai di scatto ricordando che Jack non voleva che io mi chiudessi dentro. Corsi alla porta e la aprii velocemente.

Pensando di trovare Jack dietro quella porta mi stupii vedendo gli occhi grigi scintillare davanti a me.

«Ah, sei tu.»
«Speravi fossi Jack?» chiese Alex quasi offeso. La fronte aggrottata.

Togliamo pure il quasi.

«Lo sai che non è così.» borbottai.
Lui sospirò, e vidi tutti i suoi muscoli rilassarsi. «Sei arrabbiata?»
«Eccome se sono arrabbiata, carino.» sbottai.

Alex sospirò. Mi prese il viso tra le mani avvicinandoselo al suo e mi baciò.

Non avrei dovuto baciarlo. Ero arrabbiata con lui. Non potevo baciarlo.
Ma che diamine, nel momento stesso in cui sentii il suo sapore dolce, tutto quello che era successo quella sera non aveva più senso, né importanza.

«È il tuo modo per farti perdonare?» domandai senza fiato.
«Non so. Ha funzionato?» Annuii. «Allora sì, è il mio modo per farmi perdonare.» E io che volevo tenergli il muso per tanto tempo.
«Già. Ma non credere che abbia dimenticato. Voglio sapere tutto.»
Alex mi prese una ciocca di capelli con la quale giocherello un po' mentre aggrottava la sopracciglia.
«Lo so, sono qui apposta. Ti racconterò tutto della mia vecchia vita.» rispose un turbato «Uscita da questa stanza saprai così tante cose di me che potresti anche arrivare ad odiarmi.» aggiunse. Lo sguardo assente.

«Non potrei mai odiarti, indipendentemente da quello che hai fatto, che faresti o che farai.»

Alex mi guardò stupito e lo capivo; persino io mi ero stupita delle mie parole. Ma era la verità. Non ci sarebbe stato niente in grado di farmi cambiare opinione su quel ragazzo.

«Nemmeno ora che sai che ho praticamente ucciso  una ragazza?» chiese corrucciando le sopracciglia.
«Non voglio dire di esser rimasta indifferente di fronte alla notizia, però voglio pensare che tu non l'abbia fatto di proposito.»

«Per l'amor del cielo, no.» sussultò tirandosi i capelli, quando mi accorsi che era ancora fuori dalla porta della mia stanza. Lo presi per mano e lo feci entrare in camera mia. Mi sedetti sul letto e lui fece lo stesso. Quel gesto mi ricordò la prima volta che eravamo stati insieme sul mio letto. E sentii che l'atmosfera era di colpo cambiata.

Mi girai per guardare Alex e dai suoi occhi grigi capii che anche lui stava pensando a quella volta. Lui mi fece uno di quei mezzi sorrisi che mi facevano perdere la testa.

«Vuoi, o non vuoi, sentire la mia storia? Perchè se vai avanti a guardami così ho paura che mi servirà una doccia fredda per calmarmi.» Mi provocò Alex
«Tu hai bisogno della doccia fredda? Cosa dovrei dire io quando mi sorridi come hai fatto prima?»
«Sorridere come, così?» Alex ripeté il sorriso di un attimo prima risvegliando non le solite farfalle nello stomaco, ma un intera mandria di elefanti.
«Okay, ora basta. Dimmi tutto quello che devo sapere. Sono così stanca di vivere nella menzogna. E adesso voglio solo essere sicura di avere qualcosa di vero nella mia vita. Voglio che tra noi non ci siano più segreti, niente più bugie.»

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