Capitolo 9

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Per tutto il resto della giornata non feci altro che pensare alle troppe coincidenze

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Per tutto il resto della giornata non feci altro che pensare alle troppe coincidenze. Lui che mi chiamava "bambina mia"; Jason e le sue assurde frasi, la polsiera, non potevano essere solo delle coincidenze quelle.

Che fosse lì per conto di Jack? Possibile. Ne sarebbe stato capace; il suo unico scopo nella vita sembrava quello di farmi soffrire. Ed ancora io non ne conoscevo il motivo. Mer pensava che fosse solo l'ossessione di uno psicopatico. Ma tutti quei gesti dovevano essere dettati per forza da qualche motivo. Jack Greene non era il tipo che faceva le cose senza ragioni.

Aspettai Mer per tornare al dormitorio insieme. Ero troppo silenziosa e sapevo che prima o poi Mer avrebbe capito che c'era qualcosa che non andava. Provai a fare finta di niente e cercare qualcosa su cui parlare. Era tutto inutile perché non sapevo a cosa pensare se non a Greene.

Così mi convinsi a raccontarle tutto. «Lo sai come mi chiama Alex?» Chiesi rompendo il silenzio. «No, come?» «"Bambina mia"» chiusi gli occhi aspettando che collegasse le cose e che il mio battito smettesse di battere così maledettamente forte.
«Accipicchia! Alice non ci avevo mai fatto caso! Come mai non me lo hai detto prima?» Scrollai le spalle; in realtà non lo sapevo nemmeno io il perché.
«All'inizio non avevo collegato nemmeno io le cose. Ma poi ho pensato e se non fosse solo una coincidenza? E poi pensa a Jason ieri sera, glielo ha raccontato lui è chiaro, e poi quella stupida polsiera che indossa sempre...» le spiegai mentre mi trovai di fronte alla porta della nostra stanza.
«Credi che Alex sia il signor Greene?» Roteai gli occhi a quella stupida supposizione.
«No ovviamente, le operazioni chirurgiche fanno miracoli, lui fa miracoli in chirurgia, ma non esageriamo. Però penso che Alex sia stato mandato da lui per spiarmi o qualcosa del genere.»

Le spiegai questa mia strana teoria, mentre vidi passare una ragazza davanti a noi. Mi accorsi che ci stava ascoltando.

Da quando ero arrivata alla UCLA avevo imparato che Alex era un nome piuttosto conosciuto così come il ragazzo che lo portava. L'università era davvero molto grande e ciò nonostante, Alex, lo conoscevano tutti. Le ragazze ne erano attratte per il suo mistero, dicevano. I ragazzi, invece, o lo odiavano perchè attirava l'attenzione di tutta la popolazione femminile, o lo idolatravano per lo stesso motivo. Qualunque fosse la ragione per cui era famoso, ogni volta che si pronunciava il suo nome tendevano tutti le orecchie verso la persona che lo aveva chiamato.

Feci cenno a Mer di entrare in camera prima di continuare il nostro discorso più che privato.

«Alice stai andando in paranoia; non vedo perché dovrebbe fare una cosa del genere. D'accordo che è pazzo, ma se sapesse dove sei non credi che sarebbe venuto di persona?» In effetti era vero, però la mia teoria rimaneva comunque dietro l'angolo. «Hai ragione sto esagerando.» dissi minimizzando la mia tensione. Avevo paura, non per me, avevo paura che se quell'uomo ci avesse trovate me l'avrebbe fata pagare facendo soffrire la persona a cui tengo di più.
«Stasera Jason ed io volevamo andare al cinema, ma se vuoi posso dirgli di rimandare. Così resto con te.»
L'ultima cosa che volevo era che lei rinunciasse alla sua vita per farmi da balia.
«Ma figurati, va' e divertiti. Solo stai attenta. E se dovessi difenderti ricordati sempre di colpire nelle parti basse.»
«Sì, capo.» mi stuzzicò prima di baciarmi una guancia.

****

Era l'una di notte e non ero ancora riuscita ad addormentarmi. Quella giornata era stata intensa. Io ero stanca, ma l'idea che Jack sapesse dove fossi, o cosa facessi mi rendeva inquieta.

Verso le nove Mer mi aveva chiamata per avvisarmi che dopo il film sarebbe rimasta alla confraternita da Jason. Mi girai e rigirai provando a trovare una posizione comoda. Sembrava tutto inutile. Decisi così di alzarmi e cercare qualche bar aperto in quella zona.

«Una vodka liscia.» dissi al barista che stava pulendo dei bicchieri.
«Un documento?» Lo guardai confusa, poi capii e gli porsi la carta d'identità falsa che avevo usato per fuggire. Diceva che avevo ventidue anni.
«Non credi che io possa avere ventidue anni?» chiesi curiosa.
«Lo chiedo anche alle ragazze che sembrano disperate e soprattutto a quest'ora.» disse
«Che vuoi dire?» chiesi
«Solo che tu non sembri affatto una ventiduenne. Senza offesa, non voglio dire che non sei una ragazza matura, anzi.» disse osservando il mio fisico. Wow. Lessi le sue labbra, ed un sorriso orgoglioso si dipinse sul mio volto. «Volevo dire che conosco chi fa questi documenti. Sono fatti bene non c'è che dire, ma io» disse puntando il pollice sul suo petto «Che resti tra noi: io ho insegnato a José a fare documenti falsi.» concluse, io che ero rimasta in silenzio ad ascoltarlo parlare mi sorpresi di quello che disse.
«Come fai a conoscere Josè?» gli chiesi.
«Be' è una lunga storia. »
«Allora perché mi hai dato la vodka?» chiesi alzando il bicchiere di vetro vuoto a metà. «Perché avevi così bisogno di alcol che mi sembrava persino un crimine vietartelo. A proposito io sono Tyler.» e gli si formò un sorriso timido.
«Grazie. Ah e io Alice.» dissi al ragazzo dietro al bancone lo vidi spostarsi e andare a prendere i bicchieri che avevano lasciato. «Ti aiuto.»
«No, non ce n'è bisogno.»
«Non te lo sto chiedendo.»
«Grazie? Non mi sembri il tipo di ragazza che si mette a pulire un locale.»
«Da cosa lo deduci?»
«Ad essere onesti, mi sembri una vera stronza. Una stronza di New York.» anche se quello era un vero e proprio insulto non riuscii a trattenermi dal ridere.
«Consideralo un modo per ricambiarti del fatto che manterrai il mio segreto e che mi farai lo sconto amico.» scherzai. Presi altri due bicchieri doppi di vodka liscia prima di decidere di andarmene.
«Sei sicura di non volere che ti accompagni, Alice?» chiese lui preoccupato.
«Sei fin troppo premuroso Tyler. Posso bere più di quanto immagini senza ubriacarmi.» dissi, ero perfettamente lucida.
«D'accordo, allora ci vediamo?» mi chiese «Naturalmente, diventerò la tua miglior cliente.» dissi facendogli l'occhiolino. 
«Ciao Ty dammi una birra ne ho proprio bisog... Hey New York!» disse una voce in parte a me, mentre stavo per scendere dallo sgabello.
«Dio!» Esclamai.
«No. Meglio, Alex!» Alzai gli occhi al cielo. Quanto si può essere narcisistici su una scala da uno ad Alex?
«Vi conoscete già voi due?» chiese Tyler avvicinandosi a noi.
«Lei è Alice.» rispose come se gli avesse già parlato di me. Lo sguardo di Tyler si spostava su Alex e poi su di me. Inizialmente era confuso poi sorpreso e infine era meravigliato.
«Lo so.» sospirò Alex dopo che Tyler fece un verso d'apprezzamento.
Poi Alex mi osservò meglio e corrugò la fronte. «Sei ubriaca?» chiese, riuscii a percepire una punta di preoccupazione nella voce. O era di scherno? Forse entrambe.
«Perché me lo chiedete tutti? Sono molto più tollerante di quanto sembri, caspita!» dissi gesticolando con le mani.
«L'accompagno a casa.» sentii dire Alex. «Sì, sarà meglio. Si è fatta fuori una bottiglia intera di vodka, questa ragazza.» confessò Tyler. Io lo fulminai. Traditore

Alex mi prese una mano e mi accompagnò fuori. Non sapevo se Alex era uno degli uomini di Jack, o se voleva farmi del male. L'unica cosa a cui pensavo in quel momento era quanto stesse bene la mia mano nella sua.

«Stai ridendo di me?» chiesi quando mi fece entrare nella sua macchina. Aspetta di chi era quella macchina? Sapevo che lui non aveva una macchina. Non ebbi neanche il tempo di pensare a una risposta che mi addormentai appoggiata al vetro freddo del finestrino. Quando mi risvegliai ci trovavamo di fronte al nostro dormitorio.

****

Entrai in camera di Alice e Mer.

La prima cosa che notai era che non c'era niente da notare. La loro stanza era arredata come una qualsiasi altra stanza prima che venisse occupata. Non era ancora stata occupata da niente. Era molto più grande di qualsiasi altra stanza del college e questo sottolineava ancora di più il fatto che era molto spoglia, per essere la casa di due ragazze.
C'era solo qualche scatolone qua e là sui pavimenti.
«Jack.» la sentii mormorare. Chi diavolo è Jack? Una strana sensazione mi percorse tutto il corpo.

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