Prima lezione

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Mario è in ritardo. Di nuovo.

Mantiene gli occhi fissi sulla strada, sul contagiri dell'auto, sfrecciando per le strade di una Roma troppo caotica e cercando di evitare le vie principali della città. Roma gli piace, è la città che lo ha adottato e cresciuto, ma il traffico nelle ore di punta è insostenibile e la pazienza non è di certo una sua virtù. In sottofondo, alla radio, trasmettono una canzone che non conosce ma che prova a canticchiare, tentando di distrarsi dall'inesorabile scorrere del tempo. All'ennesimo semaforo rosso però sbuffa, poggiando la fronte sudata sul volante, del tutto rassegnato. Gocce di pioggia iniziano a rigare il parabrezza ed i finestrini e minacciano ulteriormente questa giornata che sembra protrarsi all'infinito. Aziona così il tergicristalli e con le dita segue il ritmo della canzone successiva, perdendosi nella musica, conscio del fatto che la lezione sia già iniziata.

Iscriversi ad un corso d'arte è stata una delle scelte più azzardate che Mario abbia mai preso nella sua vita. Di arte non ne capisce molto, ma questo corso è una possibile valvola di sfogo e di distrazione dalle intense ore di lavoro. A convincerlo ad iscriversi è stato Marco, il suo migliore amico; lui sì che ne capisce di arte. Mario a mala pena sa accostare i colori degli abiti con cui vestirsi, la differenza tra il celeste e l'azzurro, la linea sottile che separa colori acrilici e tempera.

È la terza volta che arriva in ritardo. L'insegnante, la Signora Martinez, sbuffa contrariata ma finge di non vederlo, permettendogli di raggiungere Marco, già seduto sul suo sgabello, matita e pennello in pugno. Con le scarpe bagnate, così come il giubbotto ed i capelli, Mario si siede sfinito al suo posto. Una goccia di pioggia, rimasta intrappolata fra i capelli, scende lungo uno zigomo e la scaccia via con le dita. È sudato per via della corsa intrapresa per raggiungere l'aula, i gradini saliti due a due, ma allo stesso tempo è ancora fradicio di pioggia. Un brivido gli percorre la schiena e si insinua fin sotto pelle, nelle ossa, costringendolo a raggomitolarsi sullo sgabello.

«Ce l'hai fatta!» sogghigna Marco divertito, nel momento in cui, non avendo altra scelta, Mario recupera un cavalletto e fissa un foglio bianco sulla tavola di legno. Lo scotch gli rimane attaccato alle dita ed agita la mano cercando di toglierlo.

«Sta zitto» sbuffa allora, risedendosi al suo fianco e maledicendosi per non aver svoltato prima con l'auto, direzione casa.

Col cuore ancora in affanno, si guardo intorno. L'aula, oggi, è più affollata: Mario riesce a riconoscere i volti di qualche collega del corso, ma altri sono del tutto sconosciuti. I busti in gesso, da sempre utilizzati come soggetti da ritrarre, sono stati accatastati in un angolo, rimpiazzati da un letto singolo corredato di cuscino e lenzuolo che troneggia al centro dell'aula. Mario pensa a quanto vorrebbe sdraiarcisi sopra...

«Mario?» Marco gli pizzica un fianco e lo costringe a ritornare alla realtà. La Signora Martinez sta snocciolando informazioni che Mario non cerca nemmeno di seguire, sfinito dalla giornata che sembra non voler terminare. Un grosso orologio a muro, appeso all'entrata dell'aula, gli ricorda che tra al massimo due ore, potrà finalmente tornare a casa.

Un angolo del foglio si stacca e Mario impreca sottovoce, spazientito, troppo stanco per alzarsi ancora dallo sgabello

La tracolla è a terra, così come il suo umore e il chiacchiericcio confuso delle altre persone lo fa distrarre nuovamente. Pensa al lavoro al negozio, allo stipendio che non ha ancora ricevuto, ai soldi che ha versato per l'iscrizione a questo corso. E poi pensa al fatto che avrebbe potuto risparmiarli per qualcos' altro, che avrebbe potuto pagare un mese di affitto o investirli in qualcosa di concreto. Ma poi gli viene in mente la prima lezione, in cui si sentiva spaesato, non all'altezza e il sorriso con cui è uscito per quella nuova esperienza che aveva deciso di intraprendere. Nel suo primo disegno, a mano libera, aveva sfogato tutta la sua frustrazione per il lavoro, per le ore passate tra gli scaffali del magazzino, a piegare vestiti o a battere scontrini. Il sorriso che rivolgeva ai clienti la mattina, del tutto forzato, era così cambiato in un giovedì sera, quando, tornando a casa, aveva ancora le mani sporche di colore.

L'arte di saper amare - ClarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora