Luci ed ombre

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Odore di olio di lino e di matite appena temperate, di pigmenti in polvere e pastelli a cera.

Claudio è seduto sul suo sgabello, le gambe incrociate in una posa innaturale e lo sguardo fisso su Mario, su quella ruga d'espressione che gli increspa la fronte.

La lezione è già iniziata ma Mario sta ancora attaccando il proprio foglio al cavalletto, litigando con lo scotch che gli rimane attaccato alle dita.

«Vuoi che ti aiuti?» chiede Claudio, già in piedi al suo fianco, ma Mario lo fulmina con lo sguardo prima che possa prendere il rotolo di scotch. E non importa se gli altri compagni del corso stanno già disegnando, se ha le dita appiccicose dal nastro adesivo: Mario non vuole essere aiutato.

«Faccio da solo» dice infatti, appallottolando un pezzetto di scotch che gli era rimasto incollato sul dorso della mano e gettandolo a terra. Claudio sbuffa e si risiede così al proprio posto. Gli altri colleghi sono già nudi, in posa, bellissimi sotto le luci artificiali a creare giochi di ombre sulla loro pelle, mentre Claudio è ancora completamente vestito. Non riesce a capire se è la tensione di Mario che si riflette su di se a farlo agitare, o sono proprio i suoi occhi a destabilizzare il suo umore, rendendolo stranamente ansioso.

«Vuoi che mi spogli?» chiede allora, per alleggerire la tensione e smorzare quell'atmosfera che si era creata. Mario alza però in fretta la testa, la bocca aperta, il labbro inferiore leggermente umido «Cosa?»

«Vuoi che mi spogli?» riprova Claudio, notando il leggero rossore che imporpora ora le guance di Mario. Verde nel nero, si soppesano gli sguardi, si cercano le parole adatte: «No... Volevo dire sì» Claudio arriccia un po' il naso e mostra appena i denti. Lo diverte quel lato di Mario, gli piace giocare col fuoco e stuzzicarlo un po'.

«Cosa hai detto? Non ho sentito bene» ride allora, mostrando adesso un sorriso ampio, tutto denti. In questo momento non sa se preferire il broncio di Mario, le labbra incurvate in una linea innaturale o la posa che ha assunto, con le braccia incrociate strette al petto, come fanno i bambini.


Claudio sta ridendo. Di lui, della situazione, poco importa. Gli sta ridendo in faccia e questo lo irrita tantissimo. È già difficile dover lavorare con lui, starci così vicino, respirare il suo odore. Se poi ride, beh, Mario è sicuro di non riuscire a portare a termine il proprio lavoro. E più lo guarda più vorrebbe cancellare a morsi quel sorriso strafottente stampato in faccia e poi lenire il dolore con i baci, ma non può.

Vuole che questo lavoro sia il migliore che abbia mai fatto ed è intenzionato a metterci anima e sangue in questo disegno. Nessuno potrà calpestare il suo entusiasmo, scalfire il suo umore, mandare in fumo il suo progetto. Nemmeno Claudio Sona e i suoi occhi verdi, le sue labbra piene, la sua risata contagiosa e il suo cuore già occupato.

Ed è per questo che si avvicina a Claudio e si porta alla sua altezza, premendo i palmi delle mani sulle cosce ancora fasciate dai jeans.

«Ho detto che devi spogliarti» sussurra, l'alito caldo a solleticargli la pelle del collo e le labbra pericolosamente vicine al suo orecchio «E stare zitto» aggiunge, prima di premere le mani un po' più forte e guardarlo dritto negli occhi per un istante, finalmente.

Claudio trattiene il respiro, i pensieri e le parole.



Claudio è seduto su una sedia, un drappo bordeaux a ricoprirne la seduta e i lembi che si appoggiano sgraziati sul pavimento. Mario li ha già sistemati un'infinità di volte, mai soddisfatto della piega che assumono, della forma che creano attorno alle caviglie di Claudio.

L'arte di saper amare - ClarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora