Gioco di sguardi

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Mario ha un nuovo problema. Si chiama Claudio Sona, con la "o" stretta.

Tutto è iniziato giovedì sera, al corso d'arte, tra linee tracciate a matite e sguardi fugaci. Le due ore di disegno erano passate troppo velocemente e Mario si era trovato spiazzato di fronte a quel ritratto, alla capacità che non sapeva di avere. Anche Marco si era complimentato con lui: «Tutto merito della tua nuova musa ispir...» Mario gli aveva lanciato però un'occhiata prima che finisse la frase ed era rimasto seduto al proprio posto, il corpo rivolto al cavalletto, ma il viso attratto da Claudio, del tutto ignaro delle sue attenzioni.

La campanella era suonata e Mario non voleva tornare a casa. Parlava con Marco ed altri colleghi del corso, ma i suoi occhi erano fissi oltre le spalle dell'amico, tutti per Claudio. Mario si era sentito un po' indiscreto, invadente, nel vedere Claudio rivestirsi, ma non aveva distolto lo sguardo. Prima la camicia, sbottonata sino al petto, nonostante il freddo, e poi una felpa scura, i jeans strappati sul ginocchio: Claudio era bello con e senza vestiti e Mario non riusciva a capacitarsene. Si era così stropicciato gli occhi e passato una mano tra i capelli, a ravvivarli e si era lasciato distrarre da Marco, da quel discorso che faticava a seguire. Aveva poi raccolto le sue poche cose, infilato il giubbotto ancora umido e si era diretto verso l'uscita insieme a Marco, dopo aver salutato l'insegnante. Claudio era ancora lì, in aula, piegato su se stesso per allacciarsi le scarpe. Mario gli era passato a fianco e si era sentito stupido nel momento in cui, a pieni polmoni, aveva riconosciuto il profumo di Claudio, la nota pungente della sua colonia. E si era sentito ancor più stupido quando, sull' uscio della porta, si era girato un'ultima volta per guardarlo. Chissà come si era sentito invece Claudio quando, alzando lo sguardo, aveva sorriso e fatto l'occhiolino...

Sono le dieci di venerdì mattina e Mario è già stanco. Lavorare in centro a Roma gli piace ma il negozio, soprattutto nei giorni festivi, è molto affollato. Mario ha così sistemato in magazzino i nuovi arrivi, impilato scatoloni e adesso è dietro la cassa del negozio, a battere scontrini. Mario è distratto, quasi assente. Svolge il suo lavoro meccanicamente e non presta la giusta attenzione ai clienti, ai colleghi. Il tempo scorre inesorabilmente lento per tutta la settimana; Mario guarda ballare i ragazzi in discoteca, ma ne cerca solo uno, quello che gli ha sorriso, prima di andare via, in un giovedì di pioggia. E Mario sa che Claudio non è lì, mentre prepara drink e si lascia confondere dalla musica troppo alta per la sua testa affollata di pensieri. Ha però in mente ancora il suo viso, il suo corpo e gli è rimasta impressa la nota forte della sua colonia, come se non avesse mai respirato altro in tutta la sua vita. Tra i clienti cerca quegli occhi, conscio del fatto che Claudio non ci sia e si maledice mentalmente, ma in cuor suo, la speranza di vederlo è l'ultima a morire. Si rassegna solo a notte fonda, quando il lavoro lo distrae nuovamente e la stanchezza inizia a farsi sentire.

È sabato mattina e Mario pensa di essersi inventato tutto: quel sorriso accennato, l'occhiolino rivolto nella sua direzione. I ricordi iniziano ad essere sfuocati, annebbiati dall'alcool che si era concesso a fine turno. Si sente stupido perché un solo sguardo, un sorriso, l'ha reso così. Mario ha trent'anni, ha avuto le sue esperienze, ma adesso si sente un adolescente alla sua prima cotta, e no, non vuole sentirsi così per uno che ha visto una volta sola.

Mario non pensa a Claudio per i giorni seguenti, distratto dalla sua vita frenetica, dal caos della città, dalle serate accompagnate dall'alcool. Non ricorda già più l'odore di Claudio, non lo cerca tra i passanti e i dettagli del suo viso gli appaiono confusi, non definiti.

È giovedì sera e Mario finisce il proprio turno di lavoro al negozio. Ha la radio accesa, come la settimana precedente e sta cantando, come la settimana precedente. Tutto sembra esattamente uguale agli altri giovedì. E allora come può spiegare quella sensazione che gli attanaglia lo stomaco?

L'arte di saper amare - ClarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora