Mario non è mai entrato in quel bar nonostante sia collocato in uno dei quartieri storici di Roma. Forse perché è solito frequentare il solito bar, i soliti locali, le stesse persone ...
Claudio è ancora in tenuta da lavoro, col grembiule di jeans allacciato attorno ai fianchi e le maniche della camicia arrotolate. Sta servendo una coppia di clienti, porgendo loro il caffè e sfoggiando uno dei suoi immancabili sorrisi.
Si prende del tempo per guardarlo, lì nel suo mondo che profuma di caffè: i capelli scompigliati dal vento tenuti morbidi da un lato, la camicia sbottonata nonostante il freddo, bianca, come lo sono gli arredi di tutto il locale.
Con la tracolla in spalla si avvicina al bancone e: «Ne fai uno anche a me?» chiede, vedendo apparire sul volto di Claudio lo stesso identico sorriso stampato sul suo.
Mario beve un caffè amaro, addolcito dalla risata di Claudio e dalla voglia di trascorrere del tempo insieme.
«I vecchi proprietari me l'hanno venduta insieme al bar» spiega Claudio, aprendo la porta di quella mansarda situata sopra al locale. «Dai, entra» aggiunge, spingendolo appena per una spalla, sfiorando il lembo di pelle lasciato scoperto dallo scollo del maglione.
«Clà, ma è...»
«Sì, ho accumulato un po' di cose negli ultimi anni» ammette, grattandosi la nuca e abbassando la testa. Mario non ha mai visto una stanza più disordinata di quella: ci sono mobili accatastati negli angoli, quadri appesi alle pareti, oggetti raccolti in paesaggi esotici, piccoli tesori dimenticati in quella stanza sotto un leggero strato di polvere.
«Il vecchio proprietario amava dipingere e viaggiare, non me la sentivo di buttare tutte queste cose!» dice, con quel tono di voce che lo rende un po' bambino. «C'è un cavalletto lì nell'angolo, sì, prendilo» aggiunge sedendosi poi sulla sedia che avrebbe sostituito quella dell'istituto d'arte.
Mario poggia a terra le proprie cose e inizia a preparare i colori sotto lo sguardo attento di Claudio che, come la volta precedente: «Vuoi che mi spogli?» domanda. Ma adesso sono da soli, con solo uno spiraglio di luce che entra dalla finestra a far loro compagnia e una tensione palpabile nell'aria, accentuata dal rumore dei loro cuori.
Mario lo guarda e «Spogliati» sussurra allora, con quella sicurezza che sa di avere ma che tiene relegata in un angolo della sua personalità. Claudio si morde appena le labbra e accenna un sorriso malizioso prima di far uscire i primi bottoni dall'asola.
Mario lascia perdere i pennelli, i colori e si perde invece nei gesti di Claudio, nelle dita delle mani strette ai lembi della camicia, nell'ondeggiare dei fianchi ancora fasciati dai jeans.
Cade a terra la camicia, cadono a terra le sue difese: lì sul suo sgabello, con la temperatura alta nella stanza nonostante fuori sia inverno, guarda quello spettacolo che ha immaginato ogni notte, incastrato tra i gemiti e i sogni.
La cerniera che si abbassa, i jeans che scivolano lungo le cosce e si accartocciano attorno alle caviglie: Claudio è nudo, eccezion fatta per gli slip bianchi in lycra che avvolgono il suo corpo nei punti giusti.
Ondeggia ancora un po' i fianchi e calcia lontano i jeans, mentre Mario si delizia del contrasto tra la sua pelle baciata dal sole e l'intimo chiaro. Si perde in ogni curva, in ogni angolo, nella sensualità dei gesti e nella sfacciataggine di quel viso, perché Claudio adesso, ha allacciato le dita all'elastico degli slip e lo sta guardando dritto in faccia.
E prima che possa proferire parola, «Siediti» dice Mario, stranamente autoritario, mentre Claudio indietreggia fino quasi a sedersi. «No, non lì ...» aggiunge però, quando i suoi occhi vengono catturati da qualcos'altro.
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L'arte di saper amare - Clario
FanfictionMario conduce una vita frenetica. Per sfogare la tensione accumulata nelle ore di lavoro, si iscrive ad un corso d'arte insieme a Marco, il suo migliore amico. Tra fogli, colori e pennelli, Mario scoprirà due nuove passioni: quella semplice per il d...