Inutili scuse

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A chi crede nell'amore e non ha paura di dimostrarlo


Mario guarda fuori dal finestrino.

La Luna è l'unica ospite di quel cielo appena velato dalle nuvole, bello anche d'inverno. Claudio è al suo fianco, le dita stette al volante dell'auto, lo sguardo concentrato sulla strada, su una Roma quasi addormentata nonostante sia sabato sera. A Mario piace viverla così, svuotata dal caos mattutino, dai rumori dei clacson, nella sua bellezza eterna. Gli piace vederla illuminata di notte, con le luci di Natale ad ornare i palazzi, impreziosire i negozi e rallegrare le strade.

Mario sospira e appoggia la tempia contro il finestrino, anche se il freddo lo disturba e lo fa tremare appena. Sulle sue labbra c'è ancora l'impronta della bocca di Claudio, sulla sua pelle il calore delle dita, quell'ardore che l'ha riscaldato fuori e anche un po' dentro, fino al cuore.

«Stai dormendo?» sussurra Claudio, spostando una mano dal volante per accarezzargli il ginocchio. Mario scuote la testa e si lascia sopraffare dal suo tocco, leggero, osservando come le dita traccino disegni immaginari sul tessuto spesso dei jeans. Cerchi, poi spirali, linee intrecciate: Mario si perde nel movimento di quelle dita, nella trama della sua pelle, in ogni vena che corre lungo il dorso della mano. È un tocco delicato, gentile, un po' come lui.

Claudio accende poi la radio e «Amo questa canzone!» ammette, alzando il volume, risvegliando improvvisamente Mario dal languore in cui si era avvolto. Claudio canta e non conosce tutte le parole, la melodia e nemmeno si sforza a ricordare il ritornello. Canta e basta, segue il ritmo con le dita, sbaglia il testo e ride, distraendosi dalla strada solo per vedere il sorriso di Mario che gli illumina il volto. Perché Claudio è stonato, a tratti fastidioso, ma Mario sorride nel vederlo così spensierato, perso completamente nella musica. E allora canta anche lui, cercando di seguire le parole, inutilmente, tanto è alta la voce di Claudio nel cuore della notte, nell'abitacolo della macchina che profuma di loro.

Uno squillo sul cellulare, un altro e un altro ancora. Mario guarda Claudio, l'espressione infastidita che gli corruga improvvisamente la fronte e gli fa mordere le labbra in un gesto nervoso. Tenta allora di abbassare il volume della radio, ma la mano di Claudio intercetta il suo movimento, bloccandogli le dita in una stretta forte, al quale non è abituato.

«Non spegnere» sbotta, quasi stizzito, lasciando però la presa e osservando come Mario ritiri la mano dalla sua, quasi scottato. Il cellulare continua a suonare nella tasca dei jeans e nemmeno la musica riesce a confondere quel suono.

«Clà...» Mario sta cercando di richiamare la sua attenzione, invano, perché Claudio continua a guidare, col cellulare che impazza nei jeans e il cervello scollegato da ogni pensiero razionale. Quel cambiamento improvviso di umore lascia Mario senza parole, ma con la testa piena di domande.

«È Francesco?» chiede infatti, sforzandosi per vedere Claudio in volto, quei denti a tormentare le labbra che aveva baciato nemmeno un'ora prima. Poi Claudio accosta bruscamente, facendo spaventare Mario che si aggrappa con le mani alla cintura di sicurezza.

«Sei impazzito?» Claudio però gli mette un dito davanti alle labbra e lo guarda dritto in volto prima di rispondere al telefono. Nei suoi occhi Mario riconosce un velo di scuse, lì intrecciato in quegli occhi verdi fin troppo sinceri.

«Francy? Sì, sto arrivando a casa...» La voce di Claudio traballa un poco, le parole gli escono veloci, intervallate dalle risposte di Francesco che Mario vorrebbe tanto ascoltare. Si sente di troppo, lì in quella macchina, in quella notte, in quella relazione che relazione non è. E mentre Claudio inventa scuse, stropicciandosi gli occhi stanchi e torturandosi la pelle delle mani, Mario rimane fermo coi suoi dubbi e le sue incertezze, come se la realtà l'avesse travolto in pieno, lasciandolo senza fiato. I primi sguardi, i primi sorrisi, le prime parole, i primi baci: è avvenuto tutto così in fretta, non lasciando il tempo a Mario di metabolizzare, facendolo capitolare in una situazione che, si rende conto solo adesso, è più grande di lui.

L'arte di saper amare - ClarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora