Claudio è bravo nel suo lavoro: non si muove. Il respiro lento e regolare è l'unico accenno di vita di quel corpo che pare come cristallizzato. Mario è al proprio posto, matita in mano, ben temperata, ma non ha ancora iniziato a disegnare. In lui è rimasta una sensazione strana, di totale smarrimento di fronte al corpo nudo di Claudio.
Mario, nella sua vita, ne ha visti di bei ragazzi: qualcuno l'ha semplicemente ammirato da lontano, in discoteca, con altri invece ha passato un'intera notte. Eppure, Mario, non riesce a ricordare di aver mai visto ragazzo più bello di Claudio.
«Hai visto qualcosa che ti piace?» domanda allora Marco, con le dita già macchiate di colore. Mario non risponde, si limita ad abbassare lo sguardo e a mordersi il labbro inferiore. Quando punta nuovamente gli occhi su Claudio, lui è ancora fermo, sdraiato supino, il corpo rilassato in una posa naturale. Una mano poggiata dietro la testa e un braccio disteso lungo un fianco, Claudio, pare come addormentato. Le ciglia gli sfiorano le guance ogni volta che abbassa lo sguardo: un dettaglio fugace, ma attraente. Sono i particolari che colpiscono Mario: le rughe d'espressione intorno agli occhi di Claudio, il sorriso sincero da bambino e quel cuore di ghiaccio tatuato sul petto di cui Mario vorrebbe tanto conoscere il significato.
I suoi colleghi di corso hanno già iniziato a disegnare; il corpo di Claudio è già impresso nella carta, abbozzato, sfumato o già macchiato di colore. Mario guarda il lavoro di Marco: la figura di Claudio è ben definita sul suo foglio, ben proporzionata, le linee tracciate con assoluta sicurezza. Poi guarda il proprio foglio ancora bianco, prende un bel respiro e solo allora inizia a disegnare.
Mario non è una persona che si accontenta tanto facilmente. È una questione di principio: se deve fare un lavoro, lo fa bene. Con la matita ha preso le proporzioni, ha riportato le misure sul foglio moltiplicandole per due e poi si è dedicato al contesto, al cuscino su cui Claudio è appoggiato, alla vestaglia che giace ai suoi piedi, al lenzuolo che copre a mala pena il suo sesso. Mario è arrossito almeno tre volte, ma non si è lasciato distrarre. Ha ignorato i commenti di Marco, ma non si è potuto sottrarre a quelli dell'insegnante.
«Fa attenzione alle proporzioni» lo corregge infatti la Signora Martinez, indicando con l'unghia laccata di rosso, le linee confuse con cui Mario ha abbozzato il volto di Claudio. E forse per la prima volta, ascolta i suoi consigli, non fa di testa propria. Cancella quelle linee e le ridisegna, ancora e ancora, mai pienamente soddisfatto del risultato. La verità però, è che nessuna linea potrà mai rendere giustizia a quel viso, alla pienezza delle labbra, alla curva dolce del naso, al ciuffo ben definito di Claudio nonostante la pioggia.
Mario si guarda le mani, le dita sporche di grafite e sbuffa, stranamente contrariato al suono della prima campanella. È passata un'ora e Mario non ha più intenzione di tornare a casa.
Claudio, invece, si muove improvvisamente: si stropiccia gli occhi con i pugni, come un bambino e raccoglie la vestaglia da terra. Stiracchia gli arti indolenziti a causa della lunga ora di posa e si riveste. Mario vorrebbe la sua stessa consapevolezza, la sua stessa sfacciataggine, il suo stesso coraggio a posare nudo di fronte ad almeno trenta persone. Marco gli ha fatto spesso delle foto, anche senza maglietta, ma non si è mai spinto oltre. Alle serate a tema, in discoteca, le sue amiche si erano divertite a truccarlo e vestirlo, a rendere più intenso il suo sguardo, più sbarazzino il suo look. Mario si era sentito però a disagio per tutta la serata e la sensazione era sfumata solo a fine turno, quando aveva infilato di nuovo la sua felpa scura con cappuccio e tirato su la zip. Non gli sono mai piaciuti i complimenti indecenti, le proposte volgari, le occhiate indiscrete. O almeno, mai fino ad ora...
Claudio sta visionando i lavori dei suoi colleghi di corso e sta scambiando con loro qualche battuta. Mario non riesce a comprendere come Claudio possa sentirsi così a suo agio a camminare per la stanza, i piedi ancora nudi e quella vestaglia allacciata malamente in vita. Riesce a captare i complimenti che rivolge ai suoi compagni, il suono forte della sua risata e si gira appena per poterlo guardare più da vicino. Mario, se possibile, pensa sia ancora più bello, con quell'accento marcato del nord e il sorriso ampio, tutto denti. E più Claudio si sposta verso la sua direzione, più Mario vacilla al proprio posto. Marco sta aiutando un'altra collega del corso e Mario lo maledice mentalmente perché, in quel momento, è lui ad avere urgentemente bisogno di aiuto. La timidezza non gli appartiene, ma ha bisogno di tempo per sbloccarsi con una persona, per farla entrare nel suo mondo a piccoli passi. Mario è così rassegnato: Claudio vedrà il suo disegno. Si passa allora una mano sul volto, frustrato e beve un sorso d'acqua.
Claudio non si presenta. Mario è accanto a lui, i suoi occhi su Claudio e quelli di Claudio sul disegno di Mario. La pausa non è ancora finita e i suoi colleghi di corso stanno ancora parlando tra loro, ma Mario riesce a percepire solo il ticchettio pesante dell'orologio e la voce di Claudio, il tono divertito.
«Sono io questo?» domanda infatti Claudio, picchiettando un dito sul foglio, con un sorriso buffo stampato in faccia. Mario si sente morire un po' dentro.
«Ehm... sì» ammette, perché è la verità. Chi altro dovrebbe essere? Riguarda il proprio lavoro un'ultima volta e abbassa poi lo sguardo, le dita a torturarsi la pelle delle mani. Claudio adesso, non ride più. Nota il silenzio che è calato improvvisamente da quell'inizio di conversazione e cerca subito di rimediare.
«Ehi, non volevo prenderti in giro!» esclama allora, sincero, avvicinandosi un po' troppo a Mario. Il suo tono è serio e la voce calda e vibrante gli arriva dritta all'orecchio, costringendo Mario ad alzare lo sguardo.
«Stavo scherzando, non è affatto male» lo rincuora di nuovo e Mario si trova tutt'un tratto a sorridere, da ebete. È sicuro di stare arrossendo adesso perché Claudio ha smesso di guardare il suo lavoro e sta osservando il suo viso. Ha la testa leggermente inclinata, il ciuffo pendente nella stessa direzione e gli occhi fissi su un punto indecifrato del suo volto. Mario si sente andare a fuoco e trattiene il respiro, i polmoni che bruciano.
Gli occhi di Claudio sono ancora più verdi di quanto avesse immaginato. Se gli chiedessero adesso, seduta stante, di descrivere Claudio con un colore, Mario, non saprebbe dare risposta. Forse si farebbe ripetere la domanda più volte, oppure non l'ascolterebbe nemmeno, troppo perso a vedere le mani di Claudio sul suo viso.
«Sei sporco...» gli dice infatti Claudio, prima di portare l'indice sul suo volto, appena sotto l'occhio, all'altezza dello zigomo.
«Qui» continua, sfregando appena la pelle in modo da cancellare quella traccia di grafite con cui Mario si era sbadatamente sporcato il viso. Mario si sente elettrico: quel semplice contatto, lo sfiorarsi di pelle su pelle, l'ha reso strano. Percepisce ancora l'impronta di quelle dita, calde, anche se Claudio ha riportato le braccia lungo i fianchi, a stringere il nodo della vestaglia. Mario non ha ancora accantonato il fatto che Claudio, sotto la veste, non indossi nulla.
«Comunque io sono Claudio. Claudio Sona» si presenta quello, riscuotendolo dai suoi pensieri e Mario classifica il suo accento come stranamente adorabile.
«Mario Serpa» risponde, per poi sorridergli, gli angoli della bocca del tutto sollevati. Claudio non fa però in tempo ad aggiungere altro, perché la campanella risuona ed è costretto a tornare al suo posto, in posa.
«Continua così! Mi piace come mi hai disegnato» riesce però a sussurragli di sfuggita, incoraggiandolo, mentre si gira un'ultima volta. Mario metabolizza le sue parole e dà ascolto al suo consiglio.
L'ora seguente Mario è concentrato sul proprio disegno. Ha cancellato e disegnato più volte le stesse linee, chiesto aiuto a Marco, sicuramente più esperto, fino a quando le dita non hanno iniziato ad intorpidirsi, attraversate da un leggero formicolio. Claudio, come da contratto, è rimasto fermo: un ginocchio piegato e l'altra gamba distesa, il lenzuolo avvolto attorno al bacino in un incresparsi di pieghe.
Mario, dopo due ore, è stanco e quasi soddisfatto: il suo primo disegno dal vero non è stato un flop, anzi... Seduto sul suo sgabello, come ad inizio lezione, guarda il proprio lavoro, la velata somiglianza che ha con Claudio e sorride divertito, scuotendo appena la testa.
Spazio autrice:
Ed eccoci al secondo capitolo!
Avrei voluto postarlo qualche giorno prima, ma causa università ed improvvisa influenza, ho dovuto rimandare ad oggi. Spero, con questo aggiornamento, di essermi fatta perdonare! Ringrazio di cuore chi ha votato la storia, chi l'ha inserita nel proprio elenco di lettura e chi ha lasciato un semplice commento.
Al prossimo capitolo!
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L'arte di saper amare - Clario
FanfictionMario conduce una vita frenetica. Per sfogare la tensione accumulata nelle ore di lavoro, si iscrive ad un corso d'arte insieme a Marco, il suo migliore amico. Tra fogli, colori e pennelli, Mario scoprirà due nuove passioni: quella semplice per il d...