«Dobbiamo parlare, Mario» continua poi, premendogli una mano sulla spalla e facendolo voltare. Possono due occhi fargli tremare tanto le gambe? Ora sono uno di fronte all'altro, quei pochi centimetri di differenza che fanno sentire Mario così piccolo rispetto all'altro ragazzo e che lo farebbero sorridere, se fossero in un'altra situazione. Mario annuisce solo con la testa perché improvvisamente vorrebbe dire così tante parole e nello stesso tempo vorrebbe solamente baciarlo.
Nonostante le incomprensioni, le differenze, i dubbi, le insicurezze.
Nonostante tutto.
Fuori il cielo è terso, in netto contrasto con l'umore di Mario.
Claudio gli cammina accanto, le mani sepolte nelle tasche del giubbotto e lo sguardo basso, sull'asfalto. C'è un silenzio opprimente tra loro, interrotto solo dal bisbiglio del vento e dal crepitio delle foglie secche sotto ai loro piedi. Il parco che hanno raggiunto è poco distante dall'istituto d'arte: Mario lo trova bello anche di sera, coi lampioni ad illuminare i giochi dei bambini e la staccionata che corre tutto intorno. Gli piacerebbe viverlo anche di giorno, rallegrato dalle risate dei bambini che si rincorrono, da quelli che giocano sull'altalena o aspettano il loro turno per salire sugli scivoli.
Ora invece, il parco è deserto. Mario giura di poter sentire il flusso dei propri pensieri e quelli di Claudio, lì intrappolati nel cipiglio che gli increspa il volto e che sa, non porterà a nulla di buono.
Si siedono su una panchina vicino alle altalene. Claudio estrae dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette e se ne accende una. Mario rimane a guardare come il fumo si condensi nell'aria, come quelle labbra aspirino un'altra boccata di fumo, come gli occhi di Claudio siano verdissimi nonostante il buio. L'aria è fredda e Mario trema appena, stringendosi ancora un po' nel giubbotto, sfregando le mani sul denim scuro dei jeans. Dentro di se ha la consapevolezza che tra di loro qualcosa si sia incrinato e si sente strano, a disagio in quel silenzio opprimente.
È finalmente Claudio a romperlo, con un'ultima boccata di fumo. «Mario, so che forse non capirai ciò che sto per dirti...» mormora, non riuscendo però a guardarlo in volto. I suoi occhi sono persi nell'orizzonte, focalizzati su tutto e niente, come distanti anni luce da quel parco, da quella panchina su cui entrambi sono seduti. Mario ha improvvisamente paura, la sente innervargli tutto il corpo e insinuarsi sotto pelle, ma lo esorta a proseguire.
«Io, noi... Non possiamo stare insieme» continua, schiacciando il filtro sotto la suola della scarpa e continuando a guardare lontano «Non vogl... non posso fare questo a Francesco» ammette poi, serio, tutto d'un fiato, con le dita strette al bordo della panchina, le dita a grattarne il legno e la vernice.
Quelle parole arrivano a Mario con una consapevolezza diversa, gli divorano il cuore e gli annebbiano i pensieri. E inesorabilmente, come in un flash- back gli tornano in mente i piccoli dettagli che hanno condiviso: le occhiate trasformate in sguardi, i tocchi fugaci tramutati in carezze, le parole in baci. Riaffiora il loro primo incontro, il suono della risata di Claudio di fronte al suo primo disegno, quel suono al quale non si è ancora abituato e al quale, ne è conscio, mai si abituerà: perché Claudio ha scelto di rimanere ancorato a Francesco, alla sua quotidianità, alla sicurezza.
Si sente improvvisamente vulnerabile, esposto, usato, sfinito. Una lacrima gli sfugge e corre lungo uno zigomo prima che riesca a scacciarla via con le dita ancora macchiate di colore. Le parole di Claudio gli bruciano in petto e quella consapevolezza di non essere voluto gli trafigge il petto come schegge.
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L'arte di saper amare - Clario
FanfictionMario conduce una vita frenetica. Per sfogare la tensione accumulata nelle ore di lavoro, si iscrive ad un corso d'arte insieme a Marco, il suo migliore amico. Tra fogli, colori e pennelli, Mario scoprirà due nuove passioni: quella semplice per il d...