CAPITOLO 32 ※ Non andare. ※

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La ragazza continuò a piangere fino a quando l'essere non si chinó verso di lei allungandogli la mano, lei alzò il viso e lo guardò. L'essere si guardò in torno, mettendosi in piedi uní le mani e da esse fuoriuscí una luce così forte che mi abbaglió gli occhi accecandomi. Quando riuscii a riaprirli mi ritrovai fluttuare nel buio. Una lucina bianca iniziò a fluttuare intorno a me, era così calda e piacevole. Iniziai a seguirla quando dal nulla comparve una porta bianca, la luce prese la forma di una donna che mi sorrise.
«Chi sei?» Gli chiesi.
Lei d'altro canto non rispose, si limitò solo a sorridere ed ad indicare la porta.
«Cosa vuoi che faccia?»
«Ti sto donando la libertà.»
«Perché lo fai?»
«Perché dici? Perché voglio che mia figlia sia felice. So che ho commesso moltissimi peccati nella mia vita, le ho donato così tanto dolore. Non sono stata in grado di dargli la vita serena che desideravo per lei. Ma ora voglio fargli questo regalo, dopo tutto è questo che fanno gli angeli custodi no?»
«Non capisco cosa tu stia dicendo, non conosco nessuno. Tanto meno conosco me stesso.»
«Lo capirai, devi solo ritornare... Con il tempo tutto tornerà ad essere come lo era un tempo. Ora vai.»
La donna continuò a sorridere e la porta si aprì di scatto risucchiandomi al suo interno. Fu tutto molto confuso, mi sentii stritolare da una morsa per tutto il corpo ma continuai a sentire un dolce calore alla mano destra. Chiusi gli occhi e quando li riaprii vidi il soffitto di una stanza, il corpo mi sembrava così pesante e dolorante.
«Fratellone?! O mio... grazie! Grazie al cielo!»
Girai il viso di lato e vidi una ragazzina dai capelli biondi guardarmi con le lacrime agli occhi. Mi aiutò a mettermi seduto sul letto e chiamò quasi urlando fuori dalla porta. Un uomo si presentò mi sorrise e corse fuori rientrando dopo qualche minuto con la ragazza dai capelli neri che veniva sorretta da lui con un braccio. Era ricoperta di bende e teneva una stampella sotto il braccio. Appena lei mi vide la sua bocca si schiuse e la stampella cadde a terra. L'occhio che non era bendato iniziò a far cadere delle lacrime che gli rigarono la guancia mentre il labbro tremava.
«Gabry...»
Lei si avvicinò a me allungando la mano per toccarmi il viso, ma la spinsi via.
«Chi sei tu? Chi diavolo siete voi?»
La ragazza cadde con le ginocchia a terra, mentre l'uomo si chinó verso di lei per poi guardarmi in modo truce.
«Che stai dicendo fratellone! Tu... tu non ricordi?!»
Negai con la testa.
«Io non so nulla, puoi dirmi chi sono?»
La ragazzina si coprì la bocca con una mano ed indietreggió. Nella stanza comparve l'essere che aveva preso le misure umane.
«Ha perso la sua memoria, lui l'ha donata per darmi la libertà.»
«Xenor! Ridagliela! Ridai la memoria a mio fratello!» Urlò la ragazzina che andò contro l'essere ma che venne fermata dall'uomo.
«Calmati Amanda.»
«Come posso calmarmi! Mio fratello! Mio fratello non si ricorda di me...»
«Basta Amanda! Chi credi che stia soffrendo di più ora!»
La ragazzina si calmó e guardò la ragazza dai capelli neri seduta a terra che si mise in piedi afferrando la stampella a terra. La ragazzina si avvicinò a lei ma si fermò di scatto quando la ragazza gli urlò contro.
«Non toccarmi!»
La ragazza uscì fuori dalla stanza e quella fu l'ultima volta che la vidi. I mesi passarono e scoprii che quello era il mio regno, la mia casa. Quella che doveva essere mia sorella Amanda mi raccontò tutto, mi fece riconoscere le persone che lei diceva di essermi accanto ma anche se mi sforzavo non riuscivo a ricordare nulla. A volte il mio corpo si muoveva da solo svolgendo azioni che non riconoscevo. Pensai che fosse una reazione in cui il corpo abituato agiva senza dare importanza al pensiero della mente. Di notte gli incubi mi assalivano, anche se le ferite erano ormai guarite sentivo un immenso dolore dentro di me come se mi mancasse qualcosa. Come se il me stesso volesse darmi degli indizi, degli avvertimenti. Ogni notte sognavo un prato verde vicino ad un lago le cui acque rispecchiavano il cielo stellato, accanto a me sedeva una persona il cui volto era come cancellato da una nube bianca. Eppure quella persona era felice mentre guardava il cielo stellato, poi di punto in bianco si alzava e andava via. Ogni volta cercavo di prenderle la mano, di fermarla ma quella persona non poteva esser afferrata. Si limitava a girarsi fare un inchino ed andare via. Ogni volta che lei andava via venivo afferrato da delle radici che mi circondavano facendomi perdere il fiato. E così poi il burrascoso risveglio... Non capivo perché facessi quel sogno, ogni qual volta lo raccontavo al vecchio Aron lui non faceva altro che abbassare gli occhi e dipingersi un espressione triste sul volto. Lui mi diceva che non avrebbe potuto dire nulla, che per non distruggere la mia mentre dovevo arrivarci da solo. Nei giorni camminavo per il castello sperando che qualche oggetto o qualsiasi cosa mi potesse rivelare quello che ero. Un giorno mentre camminavo per il giardino sentii dei lamenti provenire da dietro il gazebo. Mi avvicinai e vidi la ragazza dai capelli neri seduta a terra mentre mormorava tenendosi la testa china sulle gambe. Sembrava così piccola ed indifesa. Mi avvicinai toccandogli la spalla delicatamente e lei alzò di scatto la testa.
«Gabry...»
«State bene?»
«Ah... "State"...»
«Sente dolore? Le chiamo Aron.»
«No, va bene così ora mi passa.»
Mi sedetti vicino a lei e continuai a guardarla. Non sapevo per quale motivo, ma i miei occhi erano attratti da lei. Al contrario lei continuava a fissare il terreno.
«Come vi chiamate?»
Le chiesi ma lei non rispose, si alzò tirando un pugno contro il legno del gazebo ed andò via. Faceva così male... Per quanto cercassi di ricordare non ci riuscivo, non era meglio cercare di ricostruire che cercare ciò che era stato? Forse lei mi odiava in passato, forse le avevo fatto qualcosa che l'aveva tanto ferita da portarla ad odiarmi tanto da non voler rivelare chi fosse. Chi era per me quella ragazza? Perché nessuno mi parlava di lei? Quella notte rifeci nuovamente quel sogno, così mi alzai incurante della brezza notturna ed uscii con il petto scoperto dalla finestra recandomi sul terrazzino. Mi posai sul marmo con i gomiti guardando d'avanti a me, tutto quello che avevo d'avanti a me era mio. Avevo un regno, un popolo da governare ma anche se avevo tutto quel potere nelle mie mani mi sembrava non avere nulla. Sentivo un profondo buco nero dentro di me che voleva esser riempito. Sentii delle voci provenire dal giardino sottostante. Mi sporsi leggermente e vidi la ragazza dai capelli neri in compagnia di un gatto parlante. Il che non mi sconvolse molto era come se fossi abituato a vederlo.
«Il regno dei demoni è tornato ad essere come un tempo. La follia dei demoni è stata cancellata da Xenor, finalmente possiamo ritornare a vivere. Grazie.»
«Cosa c'è gatto, ora fai il sentimentale?»
«I tuoi poteri...»
«Già, stanno svanendo come la mia vista all'occhio destro. Non so ancora per quanto potrò chiamarti.»
«Non importa anche se non potrai chiamarmi, io verrò lo stesso da te. Come và con lui?»
«Niente da fare gatto...»
«Cosa vuoi fare? Se resterai qui continuerai a soffrire...»
«Lo só, devo andare via. Ma... non ci riesco, non voglio perdere di nuovo la mia casa gatto.»
La ragazza si mise a piangere ed il gatto si avvicinò per consolarla. Sentii una voce dietro di me e mi girai di scatto.
«Xenor?»
«È inutile che cerchi di ricordare umano, non potrai farlo. Il sigillo non può esser spezzato. Devi lasciarla andare.»
«Só bene che non ho alcun diritto di tenerla qui, ma non voglio che vada via. Non so spiegarlo è come se dentro di me qualcosa la volesse incatenare, tenerla stretta a me.»
«Allora se la desideri così tanto perché non dici ciò a lei?»
«Non posso... Ogni volta che lei mi vede tiene gli occhi bassi e poi scappa via.»
«Cosa ti aspetti che faccia, l'hai dimenticata.»
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso... L'avevo dimenticata... Cos'era per me lei? Forse se avessi solo potuto fermarla e avere un contatto con lei tutto sarebbe potuto cambiare.
«Hai già sconfitto molte volte ostacoli del genere, devi solo ricordare come poter fare.»
Xenor si incamminó verso un portale aperto nel muro, lo fermai prima che potesse varcarlo.
«Grazie.»
Mi sorrise ed andò via. Mi sporsi nuovamente per vedere se lei era ancora lì ma non c'era. Che se ne fosse andata? Quel pensiero mi fece tremare, il mio corpo reagiva male a quel pensiero. Mi prese l'ansia ed iniziai a cercarla ovunque correndo fino a perdere il fiato quando finalemente la trovai. La vidi in piedi guardare il cielo notturno in mezzo al prato. Mi avvicinai e l'afferrai da un polso con la paura che potesse scomparire in un secondo. Lei si girò di scatto e riuscii a vedere il suo occhio destro bianco piangere sangue. Rimasi pietrificato, ma non gli lasciai il polso al contrario lo strinsi ancora di più.
«Lasciami!»
«No! Non permetteró che tu te ne vada! Raccontami! Dimmi chi eri per me!»
«Non ha importanza! Ora lasciami!»
«Non lo farò! Non so perché dannazione! Ma non voglio!»
«Ti prego non farmi questo Gabry...»
Lei si accasció a terra mentre le tenevo ancora il braccio alzato.
«È vero, ho dimenticato tutto. Non so perché è successo ma voglio saperlo, voglio scoprire perché il mio corpo reagisce così con te! Perché?! Perché ti desidero così tanto! Chi eri per me?!»
«Nessuno...»
«Non dire stupidaggini! Se non eri nessuno non avrei provato così tanto dolore!»
«Parli di dolore?! Cosa devo dire io allora?! Credevo che fossi morto! Che non ti avrei più rivisto, ne parlato figuriamoci riso ancora con te?! Ero felice quando ti ho visto vivo, dannazione se lo ero! Ma tu non ti ricordavi di me! Sono così tanto facile da dimenticare?! Rispondimi a questo Gabry!»
«Questo non posso saperlo...»
«Ah non puoi! Certo! Che importa tanto! Io ho perso per l'ennesima volta tutto e tu non fai altro che provocarmi sofferenza! Per tutta la mia vita ho vissuto con la consapevolezza di poter sotrarre forza dai miei poteri, ma ora che anche quelli sono svaniti non sono altro che nulla.»
Quell'espressione sul suo viso mi disorientó, mi chinai con le ginocchia a terra, gli alzai il viso con forza e gli premetti le mie labbra sulle sue. Usai troppa forza e quello che doveva essere un bacio dolce si trasformò in un bacio forzato e violento. Lei mi colpì in viso con uno schiaffo violento, si liberò dalla presa e si mise in piedi pulendosi le labra con il torso della mano.
«Sei crudele!»
Lei scappò via, cercai di alzai per inseguirla ma le gambe non si mossero. Sentii il mio corpo bruciare come se prendesse fuoco, la testa iniziò a pulsare molto forte. L'afferrai con le mani chinandomi a terra in modo da toccare il suolo con la fronte. Faceva molto male, tanto da pensare che da un momento all'altro sarebbe potuta scoppiare. Sentii la schiena bruciare non capivo cosa mi stesse succedendo, ma faceva male molto male. Urlai con tutta la forza che avevo nella gola e dopo poco persi i sensi. Nella mia mente quando aprii gli occhi non mi trovai nel mio solito incubo, mi trovai d'avanti ad una cassa piena di lucchetti e catene. Mi avvicinai chiedendomi se in quella stanza vuota ci fosse qualcuno ed in fatti qualcuno c'era o almeno qualcosa. Una sfera con un occhio al centro e delle ali nere comparve da fuori una tenda.
«È così sei finalmente arrivato.»
«Chi sei?»
«Diciamo che io sono un guardiano.»
«Guardiano?»
«Esatto, ho il compito di costudire questa cassa fino a quando tu non saresti venuto da me. Avanti prendila...»
«Cosa contiene?»
«Potere. Solo tu puoi aprirla, vedi tu possiedi la chiave.»
L'esserino guardò la mia mano destra così l'alzai e notai una chiave sul mio palmo.
«Avanti che aspetti aprila, non vuoi sapere cosa contiene?»
Mi avvicinai verso quella cassa e mi sentii afferrare da dietro, come se qualcuno mi stesse abbracciando. Sentii una dolce voce riecchieggiare nelle mie orecchie.
«Torna da me...»
Quella voce mi era così familiare, mi faceva sentire sollevato in pace con me stesso. Strinsi nella mano la chiave per poi farla scivolare sul pavimento.
«Non ho bisogno del potere.» Dissi sicuro rivolgendomi al mostriciattolo.
«Sciocco! Il sangue dell'angelo marchiato non rimarrà dormiente!»
Ad un tratto sentii il mio corpo caldo... Si, quella sensazione la conoscevo. Mi era molto familiare... Ad un tratto tutto in torno a me iniziò a girare mentre d'avanti ai miei occhi comparirono un flusso di visioni dei miei ricordi. Mi ricordavo tutto! Mia madre, il mio vecchio, la mia amata sorellina Amanda, Josué, Aron e tutti gli altri. E poi lei, così dolce e anche manesca... Cristal. Come avevo fatto a dimenticare il mio amore.... Mi sentii chiamare: era proprio lei, la sua voce mi chiamava. Chiusi gli occhi e quando li riaprii la vidi vicino a me che mi chiamava mentre con la mano tremante mi colpiva ripetutamente il viso. Gli afferrai la mano con dolcezza posandola sul mio petto. La guardai negli occhi mentre con l'altra mano gli asciugai una guancia.
«Se continuerai a piangere così ti verranno le rughe agli occhi... Cris.»
Gli sorrisi dolcemente e lei si coprì la bocca con le mani. Incredula continuò ad osservarmi mentre mi sollevavo con la schiena dal prato.
«Mi dispiace per aver dimenticato Cristal... perdonami anche se mi è difficile osservarti vestita così. Diavolo che modi, sei quasi nuda! Non stavi mica cercando di sedurmi vero?»
Mi preparai a ricevere un colpo ma non mi arrivò nulla, al contrario lei si buttò addosso a me stringendomi le sue braccia intorno al collo mentre singhiozzava.
«Stupido... stupido...»
La strinsi a me, era quello ciò che amavo più di tutto. Il pezzo che mi mancava per esser completo era lei, il suo profumo naturale, il suo calore e il suo modo di agire. L'allontanai e gli posai una mano sull'orecchio avvicinando la sua fronte alla mia.
«Il tuo occhio destro l'hai ferito per salvarmi anche se eri consapevole che poteva riportare delle conseguenze.»
«Aron dice che non potrò più vederci, ormai è diventato cieco.»
«Mi dispiace Cristal, non sono stato in grado di tenerti al sicuro come volevo.»
«Non devi accusarti per questo, tu mi hai salvato. Se non avessi liberato Xenor a quest'ora tutto sarebbe stato perduto.»
«Ma ho dimenticato tutto, persino te la donna che amo.»
Lei divenne rossa come un peperone e distolse lo sguardo, iniziai a ridere e lei mi guardò truce.
«Sai ti ho sentita.»
«Mi hai sentita?»
«Bhe si veramente ti ho anche vista, quando piangevi sul mio corpo. Hai detto...»
Lei posò le sue mani sulla mia bocca per farmi zittire.
«Ahhh non dirlo!»
Le scostai le mani dalla mia bocca e avvicinai le mie labbra alle sue. Baciandola dolcemente la strinsi a me, quando mi allontanai era completamente rossa. Si coprì il viso contro il mio petto ed io le accarezzai i capelli.
«Ti amo Cristal, resta per sempre con me.»
«Per sempre è molto tempo...»
«Lo só, per questo lo sto dicendo. Ti darò tutto quello che vuoi.»
«Non serve, mi basta quello che ho.»
«È cosa avesti?»
«Te, una casa, una famiglia...»
«Se per questo hai anche un regno.»
«Un regno? Oh no quello non lo voglio.»
Ridetti di gusto nel vederla mettere il broncio.
«Vedrai non è male e poi Regina Cristal non suona male sai.»
«Sei un idiota Gabry... dovevo proprio innamorarmi di un idiota?!»
«Cristal... Ho bisogno che tu lo dica, che io lo sappia. Tu mi ami?»
«Ti amo Gabry.»

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