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Per primo arrivò l'odore. Come di muschio, di bestia e di stantio. Poi il pulsare alla testa e la fitta al piede. Anna cercò di muoverlo per scacciare il dolore ma non ci riuscì, e allora fece uno sforzo per svegliarsi. Aprì gli occhi su un'immagine priva di senso, righe orizzontali e una macchia scura dai bordi rossastri. Li richiuse, si sforzò meglio, li riaprì. Righe, macchia scura, bordi rossastri. Non riusciva a capire dove fosse, sapeva solo che era sdraiata a terra su un fianco e che non era a casa sua. Era troppo intontita per andare nel panico e prevalse quella matrice pratica che sua madre criticava tanto. Provò a spostare la gamba e la fitta si acuì, simile a una puntura. Cercò di piegare in giù la testa per guardarsi il piede ma non riuscì a muoverla, era troppo pesante. Ruotando gli occhi intuì delle masse indistinte che dovevano essere le sue gambe. Non riusciva a mettere a fuoco.

Ho avuto un incidente.

Se era sdraiata da qualche parte e non riusciva a muoversi forse era stata sbalzata fuori dall'auto. Non si ricordava di avere guidato, però, e a parte il piede non le faceva male altro. Aveva il braccio sinistro sepolto sotto al corpo, ma quello destro si muoveva. Lo fece scivolare tra le cosce e cercò di spingersi la gamba di lato. Al primo tentativo non riuscì, al secondo nemmeno. La terza volta il ginocchio ruotò del tutto, inaspettatamente, e il peso spostato la fece crollare supina, a eccezione della testa che era rimasta ferma. Il dolore al piede cessò. Il braccio addormentato iniziò a formicolare e se lo massaggiò aspettandosi di trovare la mano gelida, invece era rovente. Aspettò con pazienza che le tornasse la sensibilità, doveva usare entrambe le mani per riuscire a girarsi la testa.

E se ho una commozione cerebrale?

La prima cosa che insegnavano ai corsi di pronto soccorso era di non spostare mai la testa in caso di incidente, però se non si guardava intorno non avrebbe potuto capire dove si trovava. Si appoggiò le mani sulle guance, strinse e iniziò a ruotare il capo piano piano. Niente dolore ma rimaneva la sensazione che fosse pesantissimo. Guardò in alto e non vide il cielo. Nemmeno un soffitto, sembrava piuttosto una tettoia di legno. Come c'era finita sotto una tettoia, se aveva avuto un incidente? Quei pochi movimenti le fecero fluire meglio il sangue e iniziò a sentirsi più sveglia.

Forse mi hanno aggredita.

Alzò la mano e si controllò l'anello. C'era, e aveva ancora indosso il vestito verde che si era messa quella mattina. Provò a muovere i piedi

sono senza scarpe

e poi le gambe. Funzionavano, ma a rilento. Si sollevò il vestito e tastò i collant sopra gli slip. Le sembrava tutto a posto, nessun indolenzimento, solo una voglia urgente di fare pipì. Provò a raccogliere in qualche modo le gambe per progettare di alzarsi ma non riusciva a coordinare i movimenti.

Perché non ho forze?

Improvvisamente si concentrò sull'odore.

L'aria era ferma, fredda eppure pesante, non si trovava all'aperto. E quell'odore era dappertutto, familiare ma indefinibile allo stesso tempo, spiacevole. Le vennero in mente i mobili plastificati di sua nonna, ancora con la pellicola appiccicata sopra. Sapevano di taverna dal soffitto basso, di angoli scrostati, di muffa. Lì dentro

dove?

c'era esattamente lo stesso odore. Legno vecchio, stantio, gonfio di umidità. Appoggiò le mani a terra e toccò delle assi grezze e piene di schegge. Pensò ai bancali dei mercati, ma i bancali dei mercati non avevano le sbarre.

Sbarre? Perché sbarre?

Il cuore iniziò ad accelerarle. Era stato un pensiero spontaneo, venuto non si sa da dove. Batté gli occhi due o tre volte, la vista iniziava a snebbiarsi.

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