XX

3.8K 127 95
                                    


Non era sul lato corto e aveva la schiena spaccata in due.

Sono già passate quattro settimane.

Dal dolore sembravano di più. Non aveva mai sofferto di grandi fastidi legati al ciclo, se non quando era sotto forte stress. Allora capitava che tardasse, anche di parecchio, e quando arrivava era accompagnato da fitte lancinanti alla schiena che la inchiodavano a letto. Non riusciva a pensare ad altro, era il risveglio peggiore di tutti, le palpebre incollate, il respiro faticoso, il corpo di piombo e quell'odore metallico che proveniva dal pube.

Non puzzavo abbastanza, si vede.

Avrebbe voluto illudersi di non essere più lì, ma la luce che inondava il suo carrozzone dall'alto non lasciava speranze: era sul lato sud, rivolta verso la parete, ed era giorno. Era sveglia ma non riusciva a muoversi, la mente si stava riprendendo prima del corpo ma era annebbiata, confusa, riusciva a pensare a una cosa alla volta.

Ho il ciclo. E' la terza volta che ho il ciclo. Sono qui da più di tre mesi.

Fece un conto a spanne, era trascorso Natale, era trascorso Capodanno, c'era stata la settimana di Nicola, poi i giorni addormentati, di cui non sapevano nulla, doveva essere il 18 gennaio, sì, era una data che le piaceva.

Sono sul lato lungo, a sud, dalla luce. Quindi non sono stata abbastanza cattiva. Oppure mi ha scoperta.

Per saperlo avrebbe dovuto aprire gli occhi e vedere lo stato della latrina, o magari se si trovasse nella gabbia di qualcun altro o con qualcun altro.

Chiunque sia lo ammazzo, mi sveglio e lo ammazzo.

Ma gli occhi non collaboravano. Annusò l'aria profondamente, per favorire il risveglio e per sentire meglio gli odori. C'era una puzza disgustosa, in parte dovuta al sangue ma in prevalenza derivata da lei.

Non mi ha lavata.

Primo fatto in suo favore. Spostò una mano e se la portò al viso, se lo sentiva gonfio. I capelli erano sempre luridi, le orecchie anche, una le prudeva molto, forse si stava sviluppando un'infezione. Con enorme sforzo ruotò le spalle per mettersi meglio e allungò lentamente il braccio destro per esplorare il fondo. Il sacchetto c'era, ed era pieno. Negli ultimi due giorni della settimana precedente si era accorta che per la prima volta era avanzato del cibo, e anche se sapeva di essere diventata brava a centellinarlo la ragione era semplice: gliene aveva dato di più e più nutriente. Aveva avanzato anche un goccio d'acqua, e ora la ciotola era di nuovo bella piena.

Non appena mi sveglio, se non c'è nessuno e la latrina è a posto, vado a sgocciolare là in fondo, mi trasferisco proprio. Adesso raccolgo la paglia sporca di sangue e la porto là, così mi farà da

Non le veniva la parola. "Scudo"? "Botola"? I termini le scappavano via. Il farmaco, qualunque fosse, doveva avere una buona dose di oppio, per ridurla così. Finalmente riuscì ad aprire gli occhi. Il soffitto era compatto come sempre, la luce che proveniva da sinistra quasi accecante. Ruotò il capo quanto bastava e vide che nevicava tantissimo, là fuori.

La neve riflette la luce.

Poi abbassò gli occhi e vide la sua settimana. Un carrozzone solo, ad appena due metri da lei, un altro faccia a faccia dopo quello con Nicola e Vasco, altri sette giorni senza scambiare una parola, a quanto pareva. Un brivido la percorse da cima a fondo, perché se lei doveva smaltire ancora il sonnifero il suo dirimpettaio era bello sveglio, gli occhi chiari ficcati nei suoi, la schiena contorta, i denti spezzati infilati nelle labbra morse a sangue.

Erano solo lei e il coccodrillo.

*

Cosa faccio?

зооDove le storie prendono vita. Scoprilo ora