XV

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Bluff.

«E adesso cosa cazzo facciamo?»

Bluff.

«Noi non c'entriamo niente, è lei che ha fatto la stronza. Che crepi!»

Bluff.

«Non funziona così, guagliò. Non funziona proprio.»

Anna li ascoltava fingere il panico e non credeva a una parola. Non funzionava così? Sì che funzionava così.

Le cose sono due. O siamo animali da collezione, e allora è tutta una scena, Lui non è affatto via e non mi lascerà morire, o siamo comunque destinati a crepare.

E a quel punto tanto vale sia subito.

Aveva freddo, un freddo più intenso di quanto non credesse, ma lo avrebbe sopportato, in quel momento era il male minore.

«Dobbiamo rimetterle dentro la paglia.»

«E come cazzo facciamo? Io non le rimetto dentro niente, tranne una cosa. Lo sai, vero? Lo sai cosa ti sbatto dentro, appena posso, troia?»

Si era rimessa a terra dando loro le spalle, raggomitolandosi sempre più, un movimento istintivo.

Devo solo aspettare.

I due di fronte smisero di parlare per un po'. Poi la voce di Nicola le arrivò limpida, morbidissima

«Dormi. Dormi, riposati, piccerè. Intanto noi ci pensiamo.»

e il concetto fece appena in tempo ad aggrapparsi alla sua mente che Anna era già andata, addormentata profondamente, e tutto era sprofondato insieme al sonno. Si era svegliata scossa dai brividi, intorno un buio e un silenzio totali. Doveva fare pipì ma non aveva il coraggio di muoversi da quella posizione, così se la fece addosso, godendo per qualche istante del caldo meraviglioso. Dalle due gabbie davanti alla sua non proveniva nessun suono, sembrava che entrambi i suoi aguzzini si fossero arresi. Cercò di addossarsi ancora di più al fondo facendo leva solo sulle gambe e i piedi sfiorarono qualcosa. Non aveva la forza di avere paura, sapeva che la gabbia era vuota e che qualunque cosa fosse era arrivata mentre lei dormiva.

Hai visto che era un bluff?

Allungò di nuovo il piede e in effetti sì, era della paglia. Non molta, forse la dose minima per chi restava in punizione, ma che gliene importava? Aveva vinto, aveva dimostrato che poteva superare il limite, Lui l'avrebbe comunque salvata. Si portò addosso il mucchietto di erba secca sparpagliandolo sui punti più esposti e si riaddormentò. C'era luce quando il rumore metallico la riportò indietro.

Di nuovo la punta.

Chi ha paura della punta cattiva?

Non lei, lei era una vincitrice. Ruotò sulla schiena, pronta a sfidare Nicola, o Vasco, o Lui. E si ritrovò davanti la sua borsa di pelle nera, vuota, afflosciata a terra, e Nicola che, dalla sua gabbia, manovrava l'asta per svuotarla. L'aveva riempita di poca paglia in modo che potesse passare tra le sbarre, l'aveva appesa all'asta e l'aveva fatta sporgere in equilibrio fino alla gabbia di Anna, infilandola dentro, facendola appoggiare a terra e poi svuotandola con la punta. Era madido di sudore, non doveva essere un'operazione facile e aveva ottenuto il risultato di riportare un po' di paglia vicino a lei, la stessa quantità dell'imbottitura di un piccolo cuscino da divano. Accanto alla paglia c'era anche un pacchetto di biscotti ancora incartato. Doveva aver lavorato incessantemente il giorno prima finché c'era stata luce e poi aver ripreso con l'alba.

«Copriti.» le aveva detto con voce roca mentre con la punta cercava di recuperare un manico della borsa «E mangia.»

Gli era uscito "mancia" e in un'altra vita Anna lo avrebbe trovato ridicolo. Invece la sola cosa che riusciva a pensare in quel momento era che non era servito a niente. La paglia era tornata, il cibo era tornato, mancava solo l'acqua, e per il momento non aveva nessuna sete.

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