XXI

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Si sentiva bene, leggera. Aveva trascorso un giorno in più vicino al coccodrillo, il cibo esaurito e solo un dito di acqua, ma non ci aveva badato più di tanto, era troppo concentrata sul buco. Non lo aveva sentito rientrare, nessuna puntura, e adesso si svegliava con una luce diversa, fredda, il saluto del lato nord. Si sentiva così bene che aveva il terrore di svegliarsi.

Se mi ha messo una flebo

se mi ha lavata

se ha pulito la gabbia sono morta.

Ma c'era un'altra spiegazione logica per il benessere di quel risveglio.

E' tornato al vecchio farmaco. Per questo non sto male.

Doveva essere così, perché le era bastato aprire gli occhi per sentirsi abbastanza sveglia e avere la forza di portarsi una mano tra le gambe. Era tutto ancora lì, il sangue incrostato con anche qualche frammento di paglia. Non era stata lavata, e questo era un buon segno. Allargò le braccia per provare a tirarsi su e la mano le finì su qualcosa di viscido che la fece sobbalzare. Rotolò su un fianco, attaccata alle sbarre. Quello che vide avrebbe dovuto aspettarselo.

Ho coperto di merda il coccodrillo.

Non c'erano sacchetti, quella volta. Il cibo era sparpagliato in giro per tutto il carrozzone, in mezzo alla paglia, buttato sulla latrina, c'era perfino un hamburger già cotto a mollo nella ciotola. E c'era anche la sua merda, buttata insieme al cibo.

L'ho fatto incazzare.

Meglio.

La cosa molliccia che aveva toccato era un cuore. Crudo. Lo immaginava arrivare, vedere cosa aveva fatto, ripartire, andare a comprare il cuore e buttarglielo dentro la gabbia.

Alla fine ci siamo arrivati. Ero qui che aspettavo.

Non poteva sprecarlo, era cibo, e sarebbe marcito prima di tutto il resto, quindi avrebbe dovuto mangiarlo subito.

Vomiterò.

Pazienza.

In giro c'era la solita roba, del pan carré secco, patate arrosto, l'hamburger a mollo e un altro buttato sulla paglia più i resti di quello che doveva essere stato un tortino di riso, ma Lui lo aveva lanciato contro il fondo della gabbia ed era letteralmente esploso. Anna pensò che aveva imparato la pazienza e avrebbe raccattato ogni chicco, ammonticchiando tutto vicino alla ciotola. Si mise carponi e si voltò verso l'esterno. Nessuna buona sorpresa. Era sul lato nord, sì, messa all'estrema destra della fila rivolta verso le finestre, di fronte al macchinario coperto che sapeva essere un trattore. A lato, più centrali rispetto a lei, dormivano le scimmie.

Questo significa sorveglianza di giorno e lavoro di notte.

Si controllò le mani luride che non aveva potuto più lavare, vista la scarsità di acqua. Il medio senza unghia era gonfio e arrossato e aveva un odore terribile.

Ci farò pipì sopra, l'ammoniaca è meglio di niente.

Non le importava. Avrebbe potuto anche diventare nero e staccarsi, per lei faceva lo stesso. Il buco era la sola cosa a cui riusciva a pensare. Non appena si sentì in grado si alzò e cominciò a raccogliere il cibo in giro per il carrozzone. I pezzi di merda secca li accumulò sulla latrina, che sembrava davvero una montagna di sterco, tra la paglia e il resto. Le restava solo il cuore da raccogliere.

Dove lo metto? Qual è il punto più asciutto?

Pensava che avrebbe potuto farlo seccare per renderlo più mangiabile, magari aprendolo in qualche modo. Non voleva che facesse come i fegatini che cucinava sua madre, che dopo due giorni avevano sopra una specie di pappetta bianca puzzolente.

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