II

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Non fece sogni, probabilmente rimase a terra pochi minuti. Si svegliò con la guancia dentro la pozza di vomito e le venne di nuovo un conato, ma non le era rimasto niente da buttar fuori.

Resta ferma, se non ti muovi non sta succedendo.

Ma la nausea era troppo forte, ruotò sulla schiena per allontanarsi dall'odore. Guardò il soffitto a lungo per non vedere altro, la gabbia di fronte, l'uomo nudo, gli occhi tra le sbarre, niente. "Il carattere si vede solo in certi momenti", le diceva sempre sua madre. Aveva un'aria di impeccabile sussiego ogni volta che pronunciava quella sentenza, l'aria di chi "sa". Naturalmente lei si riferiva a fidanzati che ti tradiscono e a contratti di lavoro non rinnovati, una cosa del genere non le sarebbe mai venuta in mente. Sua madre era sempre stata una donna pratica, priva di fantasia.

Non mi chiamerà prima di domani.

Non lo sa.

Non lo saprà.

Sua madre, così invadente, così discreta.

Muoio, mamma

muoio e non ci puoi mettere becco.

Pensare a sua madre le diede una scossa. Era un'immagine concreta, così reale rispetto a quello che le stava succedendo che per certi versi la calmò. Sua madre esisteva, anche se non la vedeva. E quella gabbia esisteva prima che la vedesse, prima che potesse anche solo immaginarla. Tutto poteva essere. Si voltò contro la parete di fondo e molto lentamente si mise seduta. La testa andava meglio e gli occhi erano tornati a posto. Cercò di pulirsi la faccia con la manica e non pensare all'odore.

Devo chiedere aiuto.

Si girò lentamente, le mani ancora vicino al viso, pronta a coprirsi gli occhi come una bambina. L'uomo nudo era lì, esattamente davanti a lei, nascosto in parte dall'intreccio metallico. Le sembrava alto, grosso, il ventre prominente. Aveva barba e capelli incolti, da selvaggio. La fissava con la bocca semiaperta e il respiro pesante.

E' pazzo.

Non era una domanda. Non aveva mai visto nessun matto prima di allora, salvo forse un barbone che parlava da solo, eppure ne era sicura. Non c'era nulla di riconoscibile nei suoi occhi, niente che

Sì, ma c'è solo lui.

Anche questo era vero. Se voleva chiedere aiuto quell'uomo nudo era la sua unica opzione.

Ma nella gabbia accanto

non pensare alla gabbia accanto.

Provò ad alzarsi in piedi e lo fece piano, con cautela, non tanto perché temeva di cadere quanto perché era abbastanza certa che a quel tizio non piacessero i movimenti bruschi. Le gambe la ressero, era già qualcosa. Non smise un istante di fissarlo, cercando il modo giusto per rivolgergli la parola.

Non può farmi niente, è rinchiuso quanto me.

Vide un rivolo di bava colargli dal labbro e rimanere pendulo a dondolare. Forse tutto sommato non aveva senso provarci. Ma aveva deciso.

«Dove siamo?»

Aveva parlato a voce così bassa che a malapena si era sentita, ma subito l'uomo reagì schioccando due volte le labbra. Il filamento di bava si staccò e cadde. Non successe altro. Anna cercò di organizzare un passo avanti appoggiandosi alla parete. Sentì il rumore dei collant appiccicosi che strusciavano contro gli slip gonfi e pensò marginalmente

che schifo

poi ci riprovò con un po' più di decisione.

«Per favore, dove siamo?»

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