Capitolo 11

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È tutto scuro intorno a me.

Mi giro più volte su me stessa per rendermi conto di dove mi trovo, non riuscendoci. Una lucina in lontananza cattura la mia vista, e avvicinandomi lentamente noto che  inizia a prendere le forme di un'uscita.

L'atmosfera è pesante, densa e triste.

Inizio a correre con una certa velocità verso una porta che sembra allontanarsi.

Il respiro si fa sempre più affannoso, tento di farmi spazio in quella tetra area.

Aumento il passo, sempre di più, sempre più veloce.

Cado.

Comincio a trascinarmi verso l'uscio aiutandomi con le braccia.

Mi rialzo con gli occhi fissi sull'obbiettivo e ricomincio a correre. Ormai non ho più fiato, cammino lenta. La porta sembra rallentare anch'essa la sua corsa. Appare addirittura ferma, posso riuscire a toccarla.

Afferro la maniglia più forte che posso, non voglio che si allontani di nuovo.

Apro e la vedo.

La preside Miller è davanti a me, bianca come un panno. Il sangue le fuoriesce dalla bocca e allunga le mani per toccarmi...

"AHH!" gridai svegliandomi.

Ero sudata e con l'affanno, il buio intorno a me mi avvolgeva in una coperta piacevole rispetto a quello che avevo vissuto nell'incubo. Mi portai le mani al viso, coprendomi istintivamente da qualcosa, come un bambino.

Non riuscii più ad addormentarmi, aspettai l'alba per vestirmi e andare a lezione.

"Non è male, è una donna abbastanza simpatica, per lo più ti fa parlare e sfogare su qualsiasi cosa" mi spiegò Samantha riguardo Helen, la psicologa assunta dalla scuola, alla fine dell'ultima campanella.

"Io ci dovrei andare domani" replicai.

I giorni che seguirono il brutto accaduto che mi aveva destabilizzato trascorsero discretamente bene, cercai di pensare a tutto quanto riuscisse a portarmi lontano da quell'argomento.

Nel frattempo era stato assunto un altro preside, un uomo sui sessant'anni con tratti lineari e dolci, con una vena umoristica e qualche chilo di troppo. Non avevo avuto ancora né l'occasione né la voglia di presentarmi, per me l'unica e sola preside restava la Miller, con il suo ufficio arredato in modo esotico e il suo modo di assegnare le punizioni.

"Resti con me?" domandò poi.

"A fare?"

"Aiuto ad allestire la palestra per il ballo di Natale, e in cambio mi danno crediti. Jo e Victoria stanno cercando qualcuno che si occupi della musica"

"Non sono adatta, lo sai. I miei gusti si scontrano parecchio con quelli dei ragazzi di oggi" ed era vero, mi trovavo fortemente in disaccordo con quella che veniva definita musica dai miei amici. Per me esisteva il rock e la classica, tutti tipi riprodotti con strumenti reali, senza uso di tecnologia.

"É per distrarti Katherine, ti vedo assente in questi giorni. Sarà divertente aiutare per il ballo, e poi troveremo sicuro un posto per te. Devo proprio trascinarti di forza come quando succederà per comprare il vestito?"

Dimenticavo quanto ci tenesse Sam a questi eventi, voleva che ci creassimo dei ricordi per quando saremmo diventate adulte.

In effetti ogni qualvolta che mi trascinava a feste e uscite di forza, dopo mi divertivo e tornavo a casa con il sorriso, ringraziandola per aver insistito e per avermi convinto.

Fidati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora