‘Chi lo vuole sapere?’ chiesi cercando di essere gentile.
‘Sono Paul, Paul Higgins. Il tuo bodyguard.’ Disse lui, con un sorriso stampato in faccia. Inarcai un sopracciglio e lo guardai con una faccia sbalordita.
‘Mi sa che mi hai confuso con un’altra persona..’ dissi, per poi voltarmi con lo sguardo e tornare con la mia camminata.
‘Tuo zio mi aveva accennato del tuo caratterino, pensavo stesse scherzando..’ disse l’uomo, correndo per arrivare al mio passo. Non lo degnai di uno sguardo, e continuai con la mia corsa leggera. ‘Andiamo, non ho intenzione di fare fitness stamattina, sto facendo il mio lavoro, e tu sei sotto il mio occhio. Devo curarti!’ disse per poi iniziare a rallentare.
‘Curarmi da chi? Ho diciott’anni, e nemmeno ti conosco!’ dissi io, fermandomi e girandomi verso di lui. Dannata curiosità.
‘Tuo zio mi ha chiesto se oltre i ragazzi potevo curare anche te per questa settimana perché non è sicuro di lasciarti andare in giro da sola, per esempio per una corsetta mattutina, che mi sembra che tu non faccia mai. Dovevi proprio iniziare oggi? Stavo per far rovesciare il caffè sul sedile della mia macchina nuova!’ disse per poi fare una faccia buffa. Risi appena.
‘Nessuno mi conosce in questo mondo. Sono una ragazza normale! Non ho bisogno di protezione!’ dissi io, sorridendogli. D'altronde non mi aveva mia fatto qualcosa lui, non avevo modo di essere antipatica con lui.
Quella mattina avevo incontrato il mio bodyguard, che poi di bodyguard non aveva niente e in effetti non era nemmeno il mio bodyguard. Era il bodyguard dei ragazzi, amico affidato di mio zio Simon. L’unico e fedele e pazzo, Paul Higgins. Ormai ora di pranzo, e Paul era stato con me tutta la mattina e quando entrai in casa, Meredith lo salutò come se niente fosse. Mi spiegò che zio Simon aveva informato anche lei e che era tutto sotto controllo. Paul si materializzò dicendo che doveva andare dai ragazzi, io gli dissi che non c’era nessun problema, che poteva stare con i ragazzi anche tutto il tempo che volevo e lui in risposta rise. La mia non era una battuta, puoi veramente rimanere coi ragazzi tutto il tempo. Non ho intenzione di rimanere in gabbia, anche perché non ne ho nessun motivo. Nessuno mi conosce, e nessuno sa chi sono.
‘Ciao Sarah, allora, com’è andata la mattinata?’ mi chiese Kelsey, appena misi piede nel negozio.
‘Bene.’ Risposi io, mettendomi la targhetta con il mio nome inciso sopra. ‘Mio zio mi ha dato una guardia del corpo perché non si fida a farmi andare in giro da sola.’
‘Fico!’ disse subito Kelsey, sorridendomi.
‘No, non è fico, Kelsey. Ci dev’essere stato uno sbaglio, chiamerò zio Simon dopo e gli chiederò spiegazioni. Per quanto riguarda oggi, che dobbiamo fare?’ chiesi, mettendomi a posto il colletto della camicia. Lei dopo avermi riso in faccia, si schiarì la voce e mi rispose.
‘Oggi, cara mia, abbiamo un impegno importante. Stare all’entrata e salutare cordialmente le persone che entrano e chiedere se hanno bisogno!’ disse tutta eccitata. ‘Certo non è poi così importante, ma fa la sua scena, voglio dire torneranno a visitarci solo perché c’è gente che li saluta all’entrata. Non è un’idea grandiosa?’ mi chiese tutto d’un fiato. Aprii bocca per rispondere, ma mi precedette. ‘Però dev’essere scocciante stare in piedi metà del tempo e salutare gente.. ovvio, sempre meglio che piegare magliette.. anche se, stare alla cassa potrebbe essere ancora più divertente!’
‘Okay, Kelsey. Basta che ora ti calmi, perché non voglio che tu abbia un attacco di panico improvviso!’ le dissi ridendo.
‘Sarebbe una cosa normale ormai per me.’ Rispose lei, sbuffando, salutando poi un cliente. Io la guardai malissimo.
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Intrecci Del Destino di Carlotta Corvi
Fiksi PenggemarQuesta storia è stata scritta da Carlotta Corvi. "Avete mai pensato che, per un qualsiasi motivo, sareste mai andate a vivere a casa di Simon Cowell?" All rights reserved to Carlotta Corvi