Capitolo 24

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Tornarono ad Hogwarts la domenica pomeriggio, poco dopo pranzo.

Piton non sopportava vederla in quello stato: aveva gli occhi opachi, si muoveva per inerzia, era un cadavere trascinato da un filo che sembrava si potesse spezzare da un momento all'altro. Era così fragile in quei momenti. Gli altri giorni era una testarda serpeverde e non avrebbe ceduto nemmeno un capello; in quel momento avrebbe ceduto tutto e lo stava dando a vedere come poche volte nella sua vita.

Ci volle poco a convincerla ad andare nel suo ufficio. Lei restò ferma in piedi in una forma di apatia. Lui camminava sempre più nervosamente vedendola immobile, gurdandola negli occhi, mentre lei sembrava non accorgersi della sua presenza.

"Non è colpa tua!" sbottò ad un tratto. Forte, per farsi sentire e per liberarsi dall'angoscia.
Nessuna reazione.
Doveva farle capire che era la sua scelta e doveva continuarla senza rimorsi. Doveva trovare un metodo più drastico per farla svegliare.

Si levò il mantello e il frok coat, si alzò la manica della camicia, mostrando il Marchio Nero.
"Ogni mattina mi sveglio e vedo questo... e non è uno stupido disegnino tatuato. Io non posso dimenticare niente, perchè questo dannato simbolo sarà sempre qui a ricordarmi tutto. Tutti i miei sbagli...tutte le mie colpe. Io ho colpa. Non ero molto diverso da quelli a cui tu dai la caccia. Loro hanno colpa, io ho colpa. Non tu!"

Restarono fermi per qualche minuto, aspettando entrambi che qualcuno li svegliasse da quel lungo incubo.

"Se non è colpa mia, non è neanche colpa tua. Uccido anche io. Siamo tutti assassini, ma chi ha ragione?"

Piton l'abbracciò e le disse vicino all'orecchio: "Non ti devi preoccupare di niente. Nè di quello che hai vissuto nè di quello che stai vivendo. Tutto ciò che abbiamo passato deve scivolare via."

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Quel luogo era così tranquillo: solo libri che non ti guardano e non ti parlano.
Amelie aveva chiesto a Piton di essere lasciata sola in biblioteca, per potersi riposare. Pensava fosse stato un po' sgarbato dirgli di voler restare sola, quando lui si era offerto di aiutarla e starle accanto anche tutta la notte se fosse stato necessario.

Lei non stava bene. E in quel momento non avere intorno nessuno la metteva più a suo agio, dopotutto era abituata così.
Si risvegliò dalla sua spossatezza dopo la colazione e si fiondò a lezione.

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Si ritovò ancora una volta fuori dal suo ufficio a decidere se entrare o tornare nel dormitorio.
Una volta dentro, si salutarono appena e lei prese posto su una delle solite poltrone. Non sapeva perchè era andata da lui: non aveva nulla da dire. Evidentemente anche per lui valeva lo stesso, visto che per tutto il tempo non spiccicò parola.

Nessuno dei due aveva bisogno che l'altro dicesse qualcosa. La presenza di Piton bastava a tranquillizzare Amelie e stava bene così, in silenzio.
Ogni tanto uno guardava l'altra o viceversa, oppure si fissavano negli occhi per qualche istante.

Non si videro da soli per giorni. Qualche volta si salutavano amichevolmente, senza farsi troppo notare (soprattutto il professore, che odiava farsi vedere gentile con qualcuno).

Una sera Piton riuscì a prenderla in disparte e a chiederle di farsi trovare fuori dal Castello alle 10.

Quando si trovarono, iniziarono a passeggiare e chiacchierare tranquillamente. Era da tanto che non parlavano del più e del meno.

Nella camminata la mano di Amelie sfiorò quella del professore, il quale volle ricercare poco dopo quel contatto. Solo dopo questi scambi di leggere carezze sulle dita, decisero entrambi di prendersi per mano. Arrivarono così al campo di Quidditch con un Piton in parte irrigidito, facendo falsemente passare un'espressione di fastidio per quel dolce contatto.

Si sedettero in mezzo al campo ad osservare il cielo e rilassarsi. Si ritrovarono a sentire l'aria fresca della notte sui loro visi, a cercare qualche costellazione particolare o qualche stella più luminosa delle altre. La meraviglia del silenzio, dell'erba che ondeggiava tra le loro mani per il lieve vento, di quel cielo limpido, che non si vedeva spesso, colpì entrambi. Ma ciò che destò più stupore nell'animo dei due era avere accanto una persona che, in silenzio, percepiva le stesse sensazioni e si lasciava trasportare dalla pace di quella serata.
A qualcuno potrebbe sembrare qualcosa di scontato, ma non per loro. Amelie non aveva mai provato qualcosa di simile. L'uomo forse aveva dei ricordi mezzi sfuocati di un tempo molto lontano.

Non fosse stato per Piton, uomo talvolta troppo responsabile, Amelie sarebbe rimasta lì molto più a lungo. Il professore la obbligò ad alzarsi e tornare nel dormitorio, tutto con una dolcezza che non sembrava appartenergli. La ragazza se ne meravigliò parecchio, ma adorava il doppio lato del professore: dolce e duro, sgarbato e gentile.

L'accompagnò davanti all'entrata del dormitorio; ormai erano quasi le tre di notte.
Le posò un bacio leggero e dolce sulle labbra e poi sulla testa.
L'uomo pensava che fosse il momento giusto per essere il più dolce possibile. Con un bacio passionale o senza un saluto decente avrebbe rovinato la purezza incantevole di quella notte.

Spazio autrice

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Volevo dirvi che in questo periodo ho mille cose da fare/ studiare e quindi i capitoli verranno aggiornati più raramente.
Comunque, alla prossima, anche se non so quando sarà!

Clear RainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora