Chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dal ritmo della musica, la mente annebbiata.
Il cuore batteva veloce, la testa pesante, eppure si sentiva così leggero.
Charlie si sentiva bene.
Sapeva che non sarebbe durato a lungo, tuttavia; l'effetto sarebbe svanito e sarebbe ritornato a casa, dalla solita, noiosa e snervante monotonia.
Monotonia dominata dal caos.
Tutto era caos: la sua famiglia, la sua vita, la sua testa.
Forse era proprio a causa di quest'ultima che aveva fumato, quella sera. Lo stress stava diventando insopportabile, ma ciò che gli recava più problemi era pensare.
Avete presente quando i vostri pensieri diventano così fitti, così densi, che non riuscite a farveli scivolare addosso? Quando diventano così taglienti e opprimenti che non desiderereste altro che avere un interruttore per poter far spegnere tutto?
Ecco, appunto.
E Charlie aveva trovato un modo, e non importava se questo significasse mandare in black-out il cervello.
Non quella sera, perlomeno. Non in quel momento.
Ballò a lungo, e la stanchezza s'impossessò presto delle sue membra.
Decise dunque di dirigersi verso il bancone del locale, ordinando una birra, poi si fece largo tra la folla, ricevendo non poche spallate, fin quando non riuscì a raggiungere il terrazzo.
Varcò la porta-finestra senza pensarci su due volte, rabbrividendo quando una folata d'aria fresca gli stuzzicò la pelle.
Probabilmente avrebbe dovuto cercare Shane.
Ci avrebbe pensato dopo.
L'illuminazione era davvero poca, eppure riuscì ad intravedere una poltrona in legno, per cui l'avvicinò all'inferriata che lo separava dal vuoto.
Vi si sedette, incrociando le gambe, incastrando la bottiglietta di vetro tra esse, in modo che non si rovesciasse.
Il panorama gli rubò il fiato.
Si divertì ad immaginare figure disegnate dalle luci offuscate degli edifici, dei lampioni.
Bevve un sorso di birra, poi la posò di nuovo, avvicinando l'indice della mano destra al pollice della sua gemella, a formare un rettangolo.
Avrebbe pagato oro per poter immortalare quello spettacolo per sempre.
Appoggiò le braccia sulla ringhiera, appoggiandoci la testa sopra, in una posizione abbastanza scomoda.
«Io non mi sporgerei, fossi in te.» Sentì dire.
Sussultò, voltandosi così velocemente che gli venne un capogiro.
Appoggiato sopra un muretto vi era un ragazzo, intento a fumare una sigaretta.
Charlie pensò si trattasse di un'allucinazione dovuta al livello anormale di THC nel sangue.
Era troppo troppo, per essere reale.
Il fisico slanciato e asciutto era messo in evidenza da un paio di skinny jeans neri, dello stesso colore del giubbotto in pelle, le cui maniche erano state tirate leggermente su.
Ma ciò che lo colpì di più fu il suo viso.
E si ritrovò a pensare che il panorama non fosse l'unica cosa da fotografare, lassù.
Si chiese se le allucinazioni potessero parlare.
Magari stava diventando pazzo e basta.
«Sei reale?» Si ritrovò a chiedere.
Il ragazzo sbuffò una risata.
«Importa?»
Charlie aggrottò la fronte, poi rilassò l'espressione, alzando le spalle.
«Credo di no.»
Probabilmente, se avesse avuto la mente lucida, non si sarebbe mosso di un passo. Anzi, nemmeno si sarebbe recato lì.
Ma era stato sempre maledettamente curioso, per cui si alzò, avvicinandosi lentamente all'unica altra persona presente, allungando un indice finché questo non andò a scontrarsi con la mandibola dell'altro.
«Lo sei.» Disse, forse con un tono di voce troppo sorpreso.
Lo sconosciuto rimase in silenzio per un po'.
«Doveva essere davvero buona, la roba che ti sei fumato.»
Charlie sorrise.
«Mh, abbastanza.»
Si rese conto di aver toccato il viso dell'altro troppo a lungo, per cui ritirò la mano.
Che diamine stava facendo?
«Andiamo, non dirmi che non l'hai mai provata.»
Il ragazzo dai capelli corvini scoppiò in una risata.
Però Charlie notò, che in realtà i suoi occhi non stessero ridendo.
«Sei nuovo da queste parti, eh?»
Charlie aggrottò la fronte.
Come faceva a saperlo?
«Può darsi.»
Il ragazzo fece per aprire bocca, quando la porta alle loro spalle si aprì.
«Tigre, stiamo andando.» Disse qualcuno, ma Charlie non si girò a vedere chi fosse.
Aveva altro da guardare.
«Arrivo.»
Aprì bocca solo quando rimasero nuovamente soli.
«Tigre? Sul serio?»
Lo sconosciuto ghignò.
«Ci si vede in giro, micetto.»
Lo sorpassò, soffocandolo col suo profumo, devastandolo con la sua aura.
E Charlie si ritrovò con le tempie pulsanti, ma questa volta non era sicuro fosse solo a causa dell'erba.TO BE CONTINUED...
STAI LEGGENDO
Smoking Illusion
Teen Fiction[...] La prima volta che lo vide, pensò che si trattasse di un'allucinazione dovuta al livello anormale di THC in circolazione. La seconda, vi fece un patto. La terza, le diede un pugno. La quarta volta, ebbe modo di constatare quanto fosse passion...