Epilogo

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La porta di casa era aperta, ma Angelo non entrò.
Charlie si schiarì la gola.
«Entra, vorrei parlarti di una cosa.»
L'uomo lo guardò stranito, prima di annuire e mormorare un "Certo."
Andarono in cucina, in modo da non farsi sentire da Sammy, che seduta sul divano in salotto, era intenta ad allacciarsi le scarpe.
Charlie si appoggiò al frigo, incrociando le braccia.
Sospirò.
«Ho pensato alla tua proposta...» Disse, il fiato corto.
Angelo sgranò gli occhi, aspettando comunque che il più piccolo continuasse.
«E hai ragione. Quindi... Sì, per me va bene.»
Divenne una statua di ghiaccio, nel momento stesso in cui Angelo lo abbracciò d'impeto.
«Aspetta, aspetta.» Disse, alzando le braccia, quando l'altro si staccò da lui.
«Ho delle condizioni. Me la farai vedere ogni volta che voglio, e due volte al mese dormirà qui.»
Angelo annuì diverse volte.
«Certo che sì. Anzi... Ne ho parlato con Anne, sarebbe felice se anche tu venissi a stare da noi.»
Charlie trattenne il fiato.
Poi scosse la testa, accennando un sorriso sconsolato.
«Non posso. Non mi sentirei a mio agio, e... Devo badare a mia madre.»
Angelo distolse lo sguardo.
«Pensaci lo stesso, se cambi idea, fammelo sapere.»
Annuì, sapendo già che non era fra le sue opzioni.
Ebbe il tempo di salutare Sammy, chiudere la porta di casa e dirigersi verso la cucina, che sentì qualcosa ruzzolare giù per le scale.
O meglio, qualcuno.
Trovò sua madre sdraiata sul pavimento, a malapena reagiva, figuriamoci riuscire ad alzarsi.
Fece passare un suo braccio intorno al proprio collo, tirandola su, rischiando di cadere a sua volta. La trascinò fino al divano, facendola accomodare, prima di andare a prendere il disinfettante.
Roxanne si era fatta un taglietto appena sopra il sopracciglio destro.
Ritornò in salotto, iniziando a passare la garza bagnata sulla ferita, sentendola mugugnare.
Sospirò.
«Non puoi andare avanti così, lo sai, vero?» Disse, a bassa voce.
La donna non diede alcuna risposta, se non quella di iniziare a piangere.
Un magone andò a stringergli la gola.

Aveva già portato giù l'ultimo scatolone, adesso non mancava altro che scendere la valigia piena di vestiti - la stessa che aveva riempito con i suoi prima di trasferirsi in quella piccola cittadina.
Sammy non stava nella pelle, scendendo gli scalini due a due, mentre Charlie sperava che questi non finissero più. Perché non erano dei semplici gradini, no, erano gli stessi che avrebbero condotto entrambi ad una nuova vita, obbligandoli a voltare pagina, a ricominciare da capo.
E Charlie, per quanto consapevole del fatto che era per il bene della piccola, non si sentiva ancora pronto.
Non era pronto ad allontanarsi da lei.
Non era pronto ad iniziare a pensare a se' stesso.
Non lo era, e basta.
Però i gradini finirono, così come l'abbraccio che scambiò con Sammy.
«Ti voglio bene.» Gli aveva detto.
Il fratello le aveva risposto con un «Anche io.», reso più rauco dal nodo che gli stringeva la gola.
Poi i due si erano chiusi la porta alle spalle, e il silenzio che scese intorno a lui assunse un significato completamente diverso.
Deglutì, sedendosi sul divano.
Non seppe per quanto tempo rimase a fissare lo schermo spento della tv, ma poi, allungando il piede, pestò qualcosa. Si sporse in avanti, afferrando una bambola appartenente a Sammy, una di quelle che entra nel palmo della mano.
Accennò un sorriso, prima di appoggiarla sul divano e controllare il proprio telefono.
Da parte di Noah il nulla.
Deglutì, appoggiando la testa sullo schienale, prima di sospirare.
Poi si alzò ed afferrò le chiavi.

Noah non sembrava sorpreso di vederlo lì. Non lo salutò neanche, mentre gli faceva spazio per permettergli di entrare.
«Ciao.» Mormorò quindi il più piccolo.
«Hey.» Gli rispose.
«Sei libero? Altrimenti vad-»
«Puoi rimanere, Charlie.» Gli disse il più grande, tranquillamente.
Charlie annuì, appoggiandosi al ripiano della cucina.
«Birra?» Offrì Noah, aprendo il frigo.
«Sì, grazie.»
Noah si appoggiò a sua volta al tavolo, una volta che gli ebbe passato la bottiglia, ritrovandosi così di fronte al più piccolo.
Il silenzio li circondava, e Charlie preferì concentrarsi sul collo della bottiglia, anziché sulla sensazione dello sguardo dell'altro su di sé.
Gli scottava la pelle.
«È andata a vivere con lui. Oggi.» Sussurrò il più piccolo, non osando alzare la testa.
Dirlo ad alta voce fu strano. Sembrava quasi che stesse realizzando in quel momento la verità dei fatti.
Il petto iniziò a dolergli.
Noah non disse nulla.
Charlie strinse con più forza la bottiglia, umettandosi le labbra.
«Ti amo.» Mormorò, in un soffio, gli occhi che iniziavano ad andare a fuoco.
Noah si allontanò dal tavolo, andandogli vicino.
Gli sfilò la bottiglia dalle mani, prima di avvolgere le braccia intorno al più piccolo.
E fu come tornare a respirare di nuovo, nonostante stesse soffocando, tra le braccia dell'altro.
Non sapeva chi ringraziare, per aver avuto la fortuna di incontrarlo.
Noah posò le proprie mani sulle sue guance, premendo affinché Charlie alzasse la testa.
«Sono fiero di te.» Gli sussurrò, facendo scontrare i loro nasi, occhi negli occhi.
Fu Charlie ad accorciare i pochi millimetri che li separavano, nutrendosi dei loro baci quasi fossero boccate d'ossigeno.
Non sapeva chi ringraziare, che fosse il fato, o qualunque altra cosa.
Ma si sentì grato, le labbra ancorate a quelle di Noah e le lacrime che gli rigavano il volto.

Trattenne il respiro, posando le chiavi sul tavolo.
Sua madre sedeva sul divano, la tv accesa che trasmetteva un programma di cucina, il volume molto basso.
Le tende erano state tirate, per cui i raggi del sole rischiaravano l'ambiente in modo soffuso.
«Ciao.» La salutò, sedendosi vicino alla donna.
«Hey.» Disse lei, accennandogli un sorriso stanco.
Guardarono la tv insieme, in rigoroso silenzio, per quella che sembrò un'eternità.
«Ho bisogno d'aiuto, Charlie.» Parlò ad un certo punto Roxanne, gli occhi ancora fissi sullo schermo illuminato.
Il cuore di Charlie iniziò a battere più velocemente.
«Come?» Chiese, incredulo di ciò che aveva sentito.
Forse aveva capito male.
O magari stava sognando.
«Non... Non voglio continuare a vivere così.»
Charlie sgranò gli occhi.
«Non voglio, però... Non so come fare.» Finì Roxanne, le lacrime agli occhi e la voce bassa.
Sì, stava decisamente sognando.
«I-io - sei sic-»
Charlie s'interruppe da solo, prendendo un profondo respiro.
«Io posso aiutarti. Possiamo rivolgerci a qualche clinica e- Devi però promettermi che ti impegnerai...» Scosse la testa.
«Altrimenti sarà tutto inutile.»
Per anni aveva desiderato poter avere quella conversazione con sua madre, e adesso, non sapeva neanche cosa dire.
Non avrebbe chiesto cosa l'avesse portata a cambiare idea, non gli interessava.
Ciò che gli interessava era che gli aveva chiesto aiuto; aveva fatto un passo - piccolo, ma l'aveva fatto - verso di lui, e ora lui era pronto ad allungare la mano verso di lei.
Gli si spezzò il fiato in gola, nel momento stesso in cui Roxanne fece incontrare i loro occhi, prima di portare una mano ai suoi capelli.
«Mi dispiace.» Sussurrò, le guance bagnate.
«Mi dispiace così tanto.» Ripeté, prima di tirarlo a sé in un abbraccio e lasciarsi andare del tutto.
E fu come se avessero passato una spugna sulla sua memoria, cancellando ogni brutto ricordo che li legasse.
Erano ancora leggibili, come i segni del gesso sulla lavagna, ma non importava. Ne avrebbe scritti altri, in modo da oscurarli del tutto.
«Ti voglio bene, mamma.» Disse, la voce spezzata, stringendola maggiormente a sé.
Era pronto ad afferrarle la mano, a camminare al suo fianco, aiutandola a rialzarsi ogni volta che sarebbe caduta.
Insieme.




~ ~ ~ ~

Sì, siamo giunti al termine.
Lo faccio raramente, ma mi sento in dovere di aggiungere un messaggio personale.
Questa storia mi ha portata a provare nuovi amori: verso i personaggi - non esistono realmente, direte, e avete ragione, ma sono comunque parti fondamentali di me, della mia persona; verso i lettori, che con i loro commenti e il loro supporto, mi hanno aiutato a superare alcuni ostacoli incontrati durante la stesura dei diversi capitoli.
Quindi sì, mi sento in dovere - anzi, desidero ringraziarvi tutti, uno per uno, perché siete stati e sempre sarete i miei angeli.
Affermo di avere in magazzino diverse idee per una nuova storia, ma ancora è troppo presto per parlarne, per cui non so di preciso quando la pubblicherò. State certi - per fortuna, o per sfortuna - che prima o poi apparirà tra le mie opere.
Ancora una volta, grazie di cuore.
A presto,
X.

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