«Ha chiamato la polizia, si è costituita e l'hanno arrestata. Me la ricordo ancora, seduta sul cazzo di marciapiede, mentre sorrideva e diceva che sarebbe andato tutto bene. Eppure stava piangendo.» Fece una pausa, sospirando.
«Comunque, io sono andato a vivere dai miei nonni, successivamente da mio zio. A 18 anni ho incontrato Ross. Lui aveva già il proprio gruppetto - non delle dimensioni o fama come quelle che ha ora, ma era già ad un buon punto. Una cosa tira, e... Ci siamo messi insieme.»
Charlie deglutì.
«Poi ho conosciuto suo fratello.» Disse, prima di sorridere.
Non era uno dei suoi soliti sorrisi, strafottenti o sinceri, no. Era un sorriso triste.
«E ci siamo piaciuti subito. Lui era piccolo, aveva più o meno la tua età. Abbiamo tenuto segreta la nostra relazione, e ne soffrivamo entrambi; lui perché stava facendo un torto a suo fratello, io perché dovevo continuare a stare con Ross, se volevo continuare a vedere Oscar. Poi... Una sera ci ha beccati. Lui piangeva, non la smetteva, urlava pure, pregando Ross di mettere giù la pistola che continuava a puntarmi in testa. Era furioso, aveva uno sguardo che ancora oggi non so neanche descrivere.» Si umettò le labbra, iniziando a giocare con una ciocca dei capelli del più piccolo. Charlie non disse nulla, non riusciva. Aveva un magone in gola pesante quanto una montagna.
«Lì per lì ho pensato di essere spacciato. Ross non parlava, continuava a picchiarmi e basta. Poi si è fermato, si è preso la testa tra le mani, ed è rimasto in quella posizione per un'eternità. Ha detto a suo fratello di partire ed andarsene lontano, a me di non farmi più vedere. Se l'avessi fatto, mi avrebbe ucciso.»
«E-E Oscar?»
Noah scosse la testa.
«Quella notte è stata l'ultima in cui l'ho visto. Non si è mai fatto risentire.»
Si morse il labbro, e fu da quel gesto che capì che c'era qualcos'altro.
«Ti ricordi la sera in cui Ross venne a casa tua?»
Charlie annuì.
«Quello stesso pomeriggio incontrai un ragazzo della comitiva di Ross. Era il miglior amico di Oscar, siamo rimasti in buoni rapporti anche dopo che io me ne sono andato. Mi ha detto che abita a New York, adesso, e che ha trovato lavoro lì.»
Charlie inspirò, sentendo gli occhi bruciare.
Noah inarcò le sopracciglia, prima di sorridere.
«Perché stai piangendo?» Gli chiese, scorrendo il pollice sulla sua guancia.
Il minore scosse la testa, abbassando lo sguardo sulle proprie gambe, incrociate.
«Mi dispiace. Non avrei dovuto obbligarti a parlarn-»
«Charlie. È passato. Non posso cambiare nulla di quella parte, quindi non avrebbe senso starci più male del dovuto. È solo che non mi piace parlarne, però hai ragione, dovremmo farlo di più. È difficile per me, quindi dammi solo un po' di tempo.» Gli disse, facendo incontrare le loro fronti.
«Quindi, che ne dici se invece di piangere, mi baciassi?»Sussultò, quando si sentì sfilare il telefono dalle mani.
Si voltò, guardando Noah, che appena alzatosi dal letto, chiudeva la chiamata.
«Noah-» Provò a protestare, ma il più grande gli sorrise per l'ennesima volta, posando il telefono sul frigo, mentre cingeva i suoi fianchi con l'altro braccio.
Sapeva perfettamente che Charlie non ci sarebbe arrivato, senza l'ausilio di una sedia. E probabilmente l'avrebbe fermato per l'ennesima volta, non appena il più piccolo ci avesse provato.
«Sono le otto e mezzo del mattino, Charlie.»
«Sì, ma ieri sera non hanno chiamato. Se le fosse successo qualcosa, io-»
«O magari stanno ancora dormendo, o hanno altro da fare e non sentono il cellulare. Non essere così iperprotettivo.»
Charlie sospirò, rilassando le spalle.
«Hai ragione.»
«Certo che ho ragione, ho sempre ragione io.» Disse, quasi fosse la cosa più normale del mondo.
Charlie alzò le sopracciglia, prima di scoppiare a ridere.
«Mi stai prendendo in giro, gattino?» Domandò il più grande, iniziando a fargli il solletico.
Riuscì a sfuggire dalla sua presa, dandosela a gambe, urlacchiando di tanto in tanto, mentre Noah lo rincorreva imperterrito.
«Noah, ti prego, il solletico no. Scusa, scusa.» Lo implorò, ritrovandosi incastrato tra un lato del letto e il muro alle sue spalle.
Noah iniziò a fare lentamente il giro del letto, continuando a sorridere. A quel punto, Charlie pensò di scappare salendo sul letto, ma Noah fu più veloce, afferrandolo per la caviglia e facendolo ricadere sul materasso.
«Quindi, mi prenderai ancora per il culo?» Chiese, mettendosi a cavalcioni su di lui, bloccandolo sotto di sé.
«No, no, lo giuro.» Disse il più piccolo, cercando in ogni modo di proteggersi da un altro possibile attacco.
«Mh, bene.» Disse il più grande, prima di iniziare a baciarlo.
Il più piccolo fremette, non appena le mani gelate del più grande andarono ad infilarsi sotto la propria maglia.
«N-Noah.» Lo richiamò, distraendolo dal proprio collo.
«Che c'è?» Sussurrò l'altro.
«La finestra-» Interruppe la frase, a causa di un gemito scaturito dal piacere che Noah gli stava procurando, stimolandogli un capezzolo.
Noah aggrottò le sopracciglia, non capendo.
«L-la luce... Chiudi.» Riuscì a dire, sperando che l'altro avesse capito.
Perché non aveva la capacità di formulare una frase di senso compiuto, in quel preciso momento.
Le labbra di Noah si distesero in un sorriso.
«Vuoi farlo al buio?» Gli chiese, e Charlie, arrossendo, si limitò ad annuire.
«Voglio vederti, Charlie.»
Il ragazzo sgranò gli occhi.
«Però-»
«Andrà tutto bene.»
Il più piccolo lasciò andare un sospiro, chiudendo gli occhi. Nonostante la vergogna, non disse nulla. Sapeva che insistere sarebbe stato inutile.
Presto i vestiti di entrambi finirono sul pavimento, e Noah non perse tempo, infilandosi il preservativo.
Portò il viso all'altezza di quello dell'altro, sistemandosi meglio tra le sue gambe.
Charlie sbarrò gli occhi, avvertendo il sesso del più grande farsi spazio in lui. Dovette nascondere il viso nell'incavo del collo di Noah, non essendo capace di sopportare il suo sguardo.
Lo sentì sospirare una risata, mentre la mano sinistra prese ad accarezzargli i capelli.
Un movimento del bacino, poi un altro, e Charlie non riuscì a trattenere un gemito, non appena Noah toccò quel particolare punto dentro di lui.
Inarcò il collo, riaprendo gli occhi, ed ebbe una fitta al cuore, non appena si scontrò con quelli del maggiore.
Scostò lo sguardo, sentendo le gote andare a fuoco, ma Noah portò una sua mano sulla sua guancia, facendo sì che la sua attenzione fosse, ancora una volta, rivolta a lui.
Il più grande sorrise ancora una volta, prima di baciarlo a fior di labbra.
«Ti amo.» Pronunciò, poi ricominciò a muoversi.Charlie trascorse quei pochi giorni a casa del maggiore, e anche quando Sammy fu tornata dal suo viaggio, Noah non si fece problemi ad invitarli a rimanere da lui.
I due non ebbero grandi difficoltà a legare. Sammy sgattaiolava ancora nel loro letto, ma anziché abbracciare Charlie, si avvinghiava al padrone di casa.
Che Charlie avesse diverse foto dei due mentre dormivano, questo non era dato saperlo a nessuno.
«Sei sicuro di volerlo fare? Sai che per me non ci sono problemi.»
Charlie baciò il più grande, ancora una volta a maniche corte.
«Mh, lo sai che devo. Ho un'altra bambina da accudire... Un po' più grande di Sammy.» Disse, facendo una smorfia.
«Se hai bisogno, chiamami.»
Charlie annuì, lasciandosi baciare ancora una volta.
Quasi si pentì di quella scelta nel momento stesso in cui girò la chiave nella serratura, trovando sua madre completamente in lacrime sul divano.
Aveva un aspetto terribile, i capelli completamente arruffati e scure occhiaie sotto gli occhi. Charlie si chiese da quanto tempo non si lavasse.
E soprattutto, si chiese cosa le fosse preso.
«Mamma... Tut-»
«Sta' zitto, non sono cazzi tuoi!» Urlò la donna, scappando al piano superiore.
Osservandola meglio, Charlie si rese conto di quanto fosse dimagrita.
Pochi secondi dopo sentì la porta della stanza da letto sbattere.
«Charlie, cos'ha mamma?» Chiese Sammy, strizzando con la propria mano quella del fratello.
«Niente, è solo che non sta bene. Le passerà. Tu, invece, cosa vuoi per cena?» Chiese, sorridente, cercando di risultare convincente.
Non era proprio sicuro del fatto che sua madre sarebbe stata meglio.
Non lo era affatto.Angelo sembrava aver visto un fantasma, nel momento stesso in cui aveva varcato la porta di casa e Sammy gli si era buttato addosso con un felice «Papà!».
Sabato sera.
Ancora una volta, Sammy sarebbe uscita con Angelo, rimanendo a dormire da lui.
Ancora una volta, Charlie non avrebbe messo loro i bastoni tra le ruote.
«C'è qualcosa che vorresti chiedermi?» Lo spronò Charlie, le braccia incrociate, stranito dall'espressione dell'uomo.
Non gli piaceva, non gli piaceva affatto.
Angelo annuì, abbassando lo sguardo e rimanendo in silenzio per diversi secondi.
Quando lo rialzò, c'era una determinazione nei suoi occhi tale da fargli venire le palpitazioni al cuore.
«Credo sia meglio se Sammy venga a stare con me.»TO BE CONTINUED...
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Smoking Illusion
Teen Fiction[...] La prima volta che lo vide, pensò che si trattasse di un'allucinazione dovuta al livello anormale di THC in circolazione. La seconda, vi fece un patto. La terza, le diede un pugno. La quarta volta, ebbe modo di constatare quanto fosse passion...