Capitolo Cinque - Cani e Gatti

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Scattò a sedere, aggrottando la fronte.
«Tu?»
Noah si girò nella sua direzione, la sigaretta ancora accesa tra le dita, appoggiate ai bordi del telefono.
«Io cosa?»
«Allora esistevi davvero?» Esclamò, mantenendo il tono di voce basso.
Noah iniziò a guardarlo allo stesso modo in cui si guarda un alieno, poi, in qualche modo, capì.
E iniziò a ridere, ridere di cuore, tanto che i suoi occhi s'illuminarono, ai lati della bocca gli spuntarono delle piccole rughette e Charlie ne rimase semplicemente affascinato.
«Com'è che mi avevi detto? Che non ero reale?»
Le gote di Charlie s'imporporarono di un rosso acceso.
«Avevo fumato quella sera, okay? Avevo anche bevuto. Ero convinto che fossi stato un sogno, o... Qualcosa del genere.» Provò a giustificarsi, cercando inutilmente di non far inciampare la lingua ogni due per tre.
Noah iniziò a ghignare, inarcando velocemente un sopracciglio.
«Un bellissimo sogno, non è vero?»
Charlie allargò le narici, rimanendo a guardarlo con tale espressione.
Poi si alzò, afferrando velocemente i propri vestiti.
«Me ne vado.» Disse, vestendosi alla velocità della luce.
«Vuoi un passaggio?» Gli propose il più grande, ancora tranquillamente sdraiato sul letto.
«No.» Reclinò, senza girarsi.
Non lo salutò, né venne salutato.
Ritornò nel salotto, afferrando il giubbotto, poi si lasciò l'appartamento alle spalle.

«Dov'è mamma?» Charlie si sentì chiedere da una bambina in pigiama rosa.
Aprì un occhio, la testa appoggiata sul palmo della mano.
«Sarà in camera da letto.»
Sammy si avvicinò, sedendosi sulla sua gamba. Poi afferrò un biscotto dalla confezione lasciata aperta sul tavolo, masticandolo rumorosamente.
«Ho controllato, non c'è.»
Il cuore dovette perdere un battito, ma cercò di non darlo a vedere alla piccola.
«Allora probabilmente è rimasta a dormire da un'amica.»
Sammy annuì, bevendosi quella bugia.
Che fosse preoccupato, era dire poco. Conoscendo il suo passatempo preferito, gli scenari immaginabili non erano dei migliori, e tutti coinvolgevano una donna bionda accasciata a terra, la bocca piena di schiuma e gli occhi sbarrati.
Ricordava ancora quando da piccolo aspettava che sua madre ritornasse in casa, di notte, da solo e al buio, combattendo contro la necessità di afferrare il telefono e chiamare sua nonna, per non spaventarla.
Poi l'anziana donna era morta, e Charlie, poco più che novenne, scoprì perché a volte sua madre si svegliava stordita, con gli occhi rossi e gonfi.
«Va' a prepararti, andiamo a scuola.» Disse, aspettando che sua sorella si alzasse, prima di fare lo stesso.
Charlie diventava furioso, al pensiero di sua madre.
Come poteva non avere neanche un briciolo di responsabilità alla sua età? Lui non poteva fare il lavoro per entrambi, lui non era la mamma. Che facesse ciò che gli sperava il cuore, quindi, era abbastanza grande da poter capire.

«Com'è finita sabato?»
Charlie si girò verso Shane, che lo guardava con fare interrogatorio, nonostante la domanda posta con leggerezza.
Charlie riusciva a capirlo, notando il modo in cui il ragazzo premesse il tappo della penna ininterrottamente, o semplicemente dal fatto che non sorridesse. E questo non era assolutamente da Shane.
«Mia madre doveva uscire, ma Sammy si era svegliata, quindi per non lasciarla sola mia ha chiamato.» Disse, cercando di risultare convincente.
Shane annuì, abbassando lo sguardo.
«Kylie c'è rimasta male.» Mormorò.
Charlie sospirò, non sapendo cosa dire.
Ah, se sapesse che in realtà era andato via per andare a letto con un ragazzo! Argomento, tra l'altro, che Charlie aveva incatenato, imbavagliato e gettato nel mare delle cose che non voleva ricordare.
Perché gli era piaciuto, eccome se gli era piaciuto. Le sensazioni che aveva provato quella sera non erano neanche lontanamente paragonabili a quelle che aveva sentito con le ragazze con cui era andato a letto precedentemente.
Charlie lo faceva più che altro perché lo rilassava, lasciandogli un senso di torpore addosso che per un po' di tempo gli faceva dimenticare tutto. Ma con Noah era stata tutta un'altra storia.
Se chiudeva gli occhi, riusciva ancora ad avvertire le mani dell'altro sul suo corpo, e gli veniva la pelle d'oca per quanto quelle sensazioni fossero vivide nella sua mente.
Ma non avrebbe dovuto piacergli. Non in quel modo, perlomeno.
«Secondo me dovresti dirglielo chiaro e tondo, che non hai alcun interesse per lei.»
Charlie emise un verso, appoggiando la fronte sulla superficie del banco.
«L'ho fatto.»
Shane alzò entrambe le sopracciglia.
«E?»
«E hai visto che non è cambiato nulla.»
Shane fece una buffa smorfia, storcendo le labbra.
«Ahia.»
«Già.»

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