Capitolo Sedici - La tempesta

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Charlie rimase a fissarlo per un bel po', sbattendo diverse volte le palpebre, pensando - sperando - che avesse sentito male.
«Come?» Chiese, infatti.
Angelo si schiarì la voce.
«Non è un ambiente sano per una bambina. Questo lo so io, e lo sai anche tu. Voglio solo assicurarle un'infanzia tranquilla e-»
Charlie lo interruppe, le gambe diventate gelatina.
«Vattene.»
«Charlie...»
«Ti ho detto di andartene!» Urlò, il cuore impazzito.
Si diresse verso l'entrata, aprendo la porta e aspettando che uscisse.
«Papà!» Urlò Sammy, che aveva appena raggiunto il piano inferiore.
Angelo si fermò.
«Non oggi, Sammy.» La richiamò il fratello, convinto più che mai a cacciarlo via.
«Ma dovevamo andare al cinema!» Disse la bambina, supplicandolo con lo sguardo.
Si schiarì la voce, prima di prendere un profondo respiro.
La bambina ci teneva, e sapeva perfettamente che se glielo avesse impedito, avrebbe passato la serata a piangere.
E lui non aveva alcuna intenzione di ferirla, in alcun modo.
Deglutì.
«Okay. Ma domattina dovrà essere qui. Ricordati che so dove abiti, e sì, è una minaccia.» Lo intimidì.
Vide lo sguardo di Angelo essere trasformato da quella che sembrava preoccupazione.
Meglio così.
Chiuse la porta, dopo aver salutato la sorella, ritornando in salotto, confuso.
Si mise le mani tra i capelli, camminando avanti e indietro, prima di dare un calcio al tavolino, che, essendo fatto di vetro, andò in frantumi.
Inspirò profondamente, cercando di regolarizzare il respiro tremolante, inutilmente.
Prese le chiavi ed uscì di casa, non riflettendoci più del dovuto.
C'era una festa che lo aspettava.

Noah fu decisamente sorpreso di ritrovarselo davanti, lo notò dal modo in cui aggrottò le sopracciglia, ma non ci pensò due volte a lasciarlo entrare.
«Pensavo non saresti venuto.»
Charlie alzò le spalle.
«Ci ho ripensato.»
E Noah lo analizzò dalla testa ai piedi, cazzo se lo fece, ma non disse nulla. Charlie non aggiunse altro.
La prima cosa che fece fu dirigersi al tavolo, afferrando una bottiglia di vodka. Non gli interessava il gusto, ma l'effetto che avrebbe avuto su di lui. E Charlie contava proprio su questo.
Vide Dylan seduto sul divano, circondato da ragazze, una sigaretta alle labbra.
Oh.
Gli si avvicinò, incurante del fatto che l'altro stesse parlando.
«È erba?»
Dylan, sorpreso, annuì.
«Ciao, eh.» Gli disse, mentre il più piccolo gli sfilava la canna dalle dita, facendo un lungo tiro, lasciando che il fumo gli bruciasse la gola.
«Siamo nervosi, oggi. Hai litigato con Noah o cosa?»
«Cosa.» Gli disse, accennando un sorriso, prima di fare un altro tiro.
La testa iniziò a girargli.
«Guarda che se la fumi così in fretta, ti senti male.» Disse Dylan, afferrandogli la mano e tirandola, facendolo accomodare tra se' ed una donna.
«Aspetta qui.» Gli comunicò, prima di alzarsi ed allontanarsi.
Sentì gli occhi pesanti, e forse, forse non avrebbe dovuto annuire, visto il modo in cui tutto prese a vorticare.
Una ragazza gli disse qualcosa, che non capì completamente, ma non le rispose. Non gli importava.
Sentì la voce di Dylan pronunciare un «È qui.», prima di trovarselo davanti.
Insieme a Noah.
«Che c'è?» Chiese, alzando le sopracciglia quando vide che i due ragazzi si erano soffermati a fissarlo, le braccia incrociate.
«Charlie, vieni un attimo? Ti devo parlare. Questa lasciala a lui.» Disse Noah, togliendogli la canna, prima di afferrarlo per un polso.
Una decina di minuti dopo si ritrovarono in camera del più grande, il silenzio che li avvolgeva e la distanza che li separava.
Charlie, seduto sul bordo del letto, continuava a fissare un punto indefinito nella parete di fronte, mentre Noah, appoggiato alla porta, aveva incrociato nuovamente le braccia.
Charlie alzò lo sguardo verso di lui, infastidito dal modo in cui l'altro lo stesse fissando.
«Perché continui a guardarmi così?» Chiese, la gola secca.
«Cos'è successo, Charlie?» Chiese, a bruciapelo.
Il più piccolo scosse le spalle.
«Nulla.» Mentì.
«Sicuro?» Insistette l'altro.
«Sì.»
Noah alzò velocemente le sopracciglia, e Charlie sapeva perfettamente che non se l'era bevuta.
Cercò di portare l'attenzione su altro.
«Hai chiuso la porta?»
Noah annuì.
«E allora perché non vieni qui?» Gli chiese, accennando un sorriso, appoggiandosi al materasso con i gomiti.
Noah alzò ancora una volta le sopracciglia.
«Vuoi davvero farlo in questo stato?»
«Che c'è di male?» Si lamentò il più piccolo.
«Sei fatto e hai anche bevuto, ecco cosa c'è di male.»
Charlie sospirò, prima di ritornare seduto e passarsi una mano tra i capelli.
«Ti prego. Ho bisogno di pensare ad altro, ti prego.» Lo implorò, a bassa voce, mostrandosi più vulnerabile di quanto volesse.
Noah sospirò, allontanandosi dalla porta, prima di inginocchiarsi tra le sue gambe.
«Mi prometti che poi mi racconterai cosa è successo?»
Charlie ci pensò su, poi annuì.

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