Lasciò andare la mano di Sammy solo una volta che furono rientrati a casa.
La bambina non aveva smesso un attimo di piangere, durante il tragitto. Continuò anche una volta dentro, salendo immediatamente le scale e chiudendosi in camera sua.
Charlie sospirò, lasciando che le spalle si scontrassero contro la porta. Chiuse gli occhi.
Era ancora arrabbiato con lei, non poteva farne a meno, ci mancava davvero poco e avrebbero potuto ricoverarlo in ospedale, diamine!
Non osava nemmeno pensare a cosa sarebbe successo se non l'avesse trovata.
Ed era interamente colpa sua.
Strinse i denti, allontanandosi dall'entrata, salendo le scale lentamente.
Bussò alla porta della camera della bambina ripetutamente, il pianto ovattato a causa dei muri che li separavano.
«Sammy, apri, per favore.» La implorò.
La conosceva abbastanza da poter dire che era terrorizzata, e Charlie non voleva che si sentisse così. Avrebbe preferito strapparsi un braccio a morsi.
«Che cavolo è successo?»
Charlie sobbalzò, quando voltandosi si ritrovò davanti gli occhi azzurri e annoiati di sua madre.
Si passò una mano tra i capelli, abbassando il viso.
«Niente, nulla di che.» Farfugliò.
«Niente di che? Come me lo spieghi questo, allora?» Disse, indicando la porta della camera di Sammy.
«Può essere che non riesci nemmeno a badare ad una bambina?!»
Charlie sgranò gli occhi.
Cosa?
E glielo veniva a dire proprio lei?
«Scusami tanto, se non riesco a fare ciò che una madre dovrebbe fare. Ma fino a prova contraria, la mamma sei tu, non io.»
Lasciò andare una risatina, nascondendo le mani tremanti dal nervoso dentro le tasche dei jeans.
«Ma dopotutto, tu hai sempre voluto bene ad una cosa soltanto.»
Uno schiaffo risuonò lungo il piccolo corridoio.
Il labbro di Charlie riprese a sanguinare.
Vi passò la lingua sopra, continuando a guardare Roxanne, che scosse la testa, gli occhi lucidi carichi di odio.
Poi si chiuse in camera da letto.
Charlie scivolò lungo la porta, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
Tirò su col naso.
Non si sarebbe fatto prendere dai sensi di colpa, aveva soltanto detto la verità.
Non avrebbe pianto. Aveva smesso di farlo da tempo.
Si alzò, prendendo una forcina dal bagno e forzando la porta, riuscì ad entrare nella camera di Sammy.
La bambina era sdraiata sul letto, a pancia in giù, il viso nascosto in parte dai lunghi capelli biondi, in parte dal cuscino.
Si accovacciò al lato del materasso, iniziando a farle carezze sulla schiena, scossa dai singulti.
In un battito di ciglia, Sammy portò le mani al suo collo, abbracciandolo.
«Mi dispiace.» Iniziò a mormorare, il viso nascosto nell'incavo del suo collo.
Charlie scosse la testa.
«È stata colpa mia, Sammy. Perdonami.» Disse, continuando a fissare un punto imprecisato nella parete di fronte, cercando di tranquillizzare la bambina in tutti i modi che conoscesse.118. 119.
120.
Charlie lasciò andare il fiato, sollevato.
Posò i soldi dentro il portafogli, che infilò dentro la tasca dei jeans, indossò il beanie e il parka, prese le chiavi di casa ed uscì.
L'impatto con l'aria fredda lo fece rabbrividire, spingendolo a nascondere il viso nella stoffa del cappotto.
Era semplice.
Gli avrebbe consegnato i soldi e se ne sarebbe andato. Il debito sarebbe stato cancellato, e avrebbe avuto un pensiero in meno.
Prese un profondo respiro, fermandosi accanto ad un lampione. Guardò l'ora sul telefono, aggrottando la fronte. Erano le otto e dieci, ma dello spacciatore, nessun segno.
Che avesse dimenticato che l'appuntamento fosse stato fissato per quel giorno?
No, impossibile. Erano soldi da riscuotere, chi avrebbe dimenticato una cosa del genere?
Osservò la strada, abbastanza deserta. Poi lo vide.
L'uomo camminava a passo veloce, le mani dentro le tasche, guardandosi ripetutamente intorno.
«Hey!» Lo chiamò, dirigendosi nella sua direzione.
L'uomo si girò, fissandolo per un breve secondo, prima di riprendere a camminare.
Charlie alzò le sopracciglia.
Accelerò a sua volta il passo, fin quando non riuscì a posargli una mano sulla spalla.
Lo spacciatore la scostò bruscamente.
«Hey. Ti ho portato i soldi.»
L'uomo iniziò a ridere, poi ritornò immediatamente serio.
«Credi di potermi prendere per il culo, ragazzino?! Ti diverti così tanto?» Sussurrò, prima di guardarsi intorno.
«Eh?» Chiese, con stupore.
«Cos'è, non hai niente da fare e mi metti nei guai?»
Charlie alzò le mani, riabbassandole subito dopo.
«Non so di cosa tu stia parlando!»
«Certo, come no. E allora com'è che il tuo capo è venuto a minacciarmi, dicendomi di non avvicinarmi mai più ai suoi ragazzi?»
Charlie era seriamente confuso.
«Ma quale cap-»
«Ci sono degli accordi precisi, ragazzino. Dovresti sapere cosa spetta a chi non li rispetta. Non creare casini agli altri.» Lo interruppe, puntandogli il dito sul petto, poi tirò su il cappuccio, riprendendo ad allontanarsi.
E Charlie rimase lì come un merluzzo.
Con centoventi dollari in più.
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Smoking Illusion
Novela Juvenil[...] La prima volta che lo vide, pensò che si trattasse di un'allucinazione dovuta al livello anormale di THC in circolazione. La seconda, vi fece un patto. La terza, le diede un pugno. La quarta volta, ebbe modo di constatare quanto fosse passion...