Capitolo Otto - "Lo conosco?"

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Rimase a fissare il soffitto della propria camera per quelle che sembrarono ore.
Era impossibile.
Razionalmente impossibile. Sospirò, mettendosi a pancia in giù e nascose il viso nel cuscino.
"Sai, Charlie. Affrontare i propri fantasmi, aiuta a crescere. Non sto dicendo che quello che provi, passerà, perché non è così. Però ad un certo punto, bisogna anche rassegnarsi. Non puoi modificare il passato, quindi se vuoi andare avanti, accettalo." Gli aveva detto Noah, dopo aver annuito e abbassato la testa, intento a guardare il bicchiere stretto tra le mani.
Aveva capito tutto da solo, senza aver bisogno di una spiegazione da parte del più piccolo.
E Charlie si era ritrovato a nascondere il viso dal moro, preferendo concentrarsi sulla distesa di oscurità, ringraziando per la poca luce.
Era impossibile che provasse qualcosa per lui. Però era anche l'unico modo per spiegare la maniera in cui si era comportato il suo cuore, quella sera. Difficile da spiegare, ma si era sentito come se si fosse riempito.
Charlie avrebbe riso, se fosse qualcun altro che glielo stesse raccontando, ma il calore che aveva sentito sprigionarsi dal petto...
Sospirò.
Non capiva.
Com'era possibile che a lui piacesse qualcuno come Noah? Non era neanche gay!
Controllò l'ora sul telefono, decidendosi ad alzarsi. Si vestì, prese le chiavi di casa ed uscì di casa.
Doveva andare a fare la spesa, visto che doveva ancora preparare la cena.
Diede un bacio a Sammy, intenta a sistemare i quaderni nello zaino, dicendole che sarebbe ritornato presto.
Perse più tempo a pensare a cosa cucinare, che comprare gli ingredienti necessari. Ritornando verso casa, sospirò sollevato del fatto che non avesse dimenticato i cereali preferiti di sua sorella. Avrebbe potuto piangere, sapendo che non ce n'erano. Dio ce ne scansi!
Infilò la chiave nella serratura, aggrottando la fronte quando si accorse che la porta era aperta.
Si precipitò nel salotto, trovando sua madre seduta sul divano, accoccolata al petto di uno sconosciuto, il tavolino davanti a loro pieno di diverse bottiglie di birre vuote, mentre Sammy era intenta a giocare con un paio di bambole sul pavimento.
«Mamma, chi è lui?»
Sua madre non si scomodò neanche a guardarlo in faccia, ma sorrise.
«Il mio compagno.»

Si sentiva a disagio. Cazzo, se era a disagio.
Si era seduto sul divano libero, preferendo non lasciare Sammy da sola con due tizi del genere.
Erano già sballati, non ci voleva molto a capirlo: avevano gli occhi rossi, strascicavano le parole e ridevano senza motivo.
Avrebbe messo la mano sul fuoco anche sul fatto che Sammy fosse confusa, glielo leggeva negli occhi. Come darle torto? Roxanne aveva appena portato a casa uno sconosciuto. Come cazzo le era venuto in mente?!
Osservò la bambina iniziare a giocare con delle costruzioni, lasciate sul tavolino, ma presto l'uomo seduto sul suo fottuto divano iniziò a sbuffare, muovendosi per cercare di vedere la televisione, ostacolata dal corpicino della bambina.
«Ma spostati, Cristo!»
Fu come dargli un pugno nello stomaco. E vedere sua madre non dire nulla, lo fece incazzare il triplo.
«Senti, evita di parlarle così.» Lo rimproverò, quindi, acido.
Lo sconosciuto alzò le sopracciglia.
«Cos'è che hai detto?»
«È una bambina, lo capisci questo?»
L'uomo si alzò, allargando le braccia e sorridendo strafottente.
«Vieni e fammelo capire tu, principino.»
Quando capì che Charlie non aveva alcuna intenzione ad alzarsi, aggiunse: «Ne hai le palle, o devo farti alzare io?»
Il più piccolo strinse la mascella, alzandosi.
In meno di un battito di ciglia si ritrovò schiacciato al muro, cinque dita stampate sul volto e la guancia a fuoco.
Sua madre decise finalmente di iniziare ad esistere, alzandosi a sua volta e iniziando a richiamarlo.
Simon, tuttavia, non accennava a lasciare la presa sul suo collo, per cui Charlie, il cuore a mille, gli sferrò un pugno sul naso, abbastanza forte da farlo allontanare.
Charlie si staccò dalla parete, afferrando al volo Sammy. Salì le scale, Simon che continuava ad urlare, infilò alcuni indumenti nello zaino e dopo aver afferrato anche quello di sua sorella, si catapultarono fuori casa.
Non sarebbe rimasto a casa con un tizio del genere.
Vaffanculo Simon, e sua madre soprattutto.

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